Martiri del Laos, ora si colgono i loro frutti
Laos, uccisi dai comunisti dal 1954 al 1975, diciassette missionari martiri saranno beatificati domani, domenica 11 dicembre. Il loro martirio sta dando i suoi frutti, a mezzo secolo di distanza. Nel paese, tuttora comunista e ateo, la Chiesa sta riacquistando vitalità, con prime ordinazioni di preti e conversioni.
Sarà un giorno molto importante, domenica 11 dicembre, per la Chiesa in Asia: a Vientiane la piccolissima comunità cattolica del Laos vivrà la beatificazione dei suoi primi martiri -17 tra missionari stranieri e catechisti locali - tutti uccisi tra il 1954 e il 1970 dalle milizie del Pathet Lao, la variante locale della guerriglia comunista. Che è poi anche a Vientiane il movimento che, nel 1975, avrebbe preso il potere al termine di un conflitto parallelo a quello del Vietnam e i cui eredi - ancora oggi - restano al governo in Laos.
Basterebbe questo quadro da solo a spiegare l'eccezionalità dell'evento che, con un intreccio straordinario di caparbietà e pazienza, la Chiesa locale ha ottenuto di poter celebrare nel proprio Paese. C'è voluto un anno e mezzo di tempo dal decreto sul martirio e tanta prudenza nell'organizzare il rito, che sarà presieduto dal cardinale filippino Orlando Quevedo a nome del Papa. Persino i parenti dei religiosi europei uccisi in odium fidei non potranno essere presenti, in un Paese che resta tuttora chiuso ai missionari stranieri. Ma era troppo importante per la Chiesa del Laos che questa beatificazione venisse celebrata comunque a Vientiane. E che venisse celebrata ora.
Sei milioni di abitanti, in maggioranza buddhisti, il Laos vede la presenza di una comunità cristiana che rappresenta l’1% della popolazione e nella quale i cattolici sono appena 45mila. Sparsi in quattro vicariati apostolici sono seguiti da una trentina di sacerdoti in tutto, tra diocesani e religiosi, tutti rigorosamente laotiani. Una comunità fragile, in un Paese che puntualmente ogni anno compare nelle posizioni più problematiche delle graduatorie sul rispetto della libertà religiosa nel mondo. Ma sarà lo stesso una tra le prime Chiese a vedere annoverati nella schiera dei martiri i missionari e catechisti locali uccisi dalle formazioni comuniste nel furore degli anni della decolonizzazione.
Dei diciassette nuovi beati dieci sono francesi: cinque padri dei Mep (i sacerdoti delle Missions Etrangères de Paris, primi evangelizzatori giunti sulle montagne del Laos alla fine del XIX secolo), cinque gli Oblati di Maria Immacolata. E missionario di quest'ultima congregazione era anche il trentino padre Mario Borzaga, l'unico italiano del gruppo, ucciso nel 1960 ad appena 27 anni. Ammazzato insieme al catechista locale Paolo Thoj Xyooj, di etnia hmong, che lo accompagnava nella visita a un villaggio. «Senza di lui non saremmo diventati cristiani», testimonieranno dopo la sua morte alcuni membri della sua comunità. Come il catechista Paolo tra i nuovi beati ci sono anche il prete laotiano Joseph Tien - il primo in assoluto a essere ucciso nel 1954 - e altri quattro laici locali.
I corpi di padre Borzaga e di Paolo Thoj Xyooj non sono mai stati ritrovati: secondo alcuni testimoni i Pathet Lao li avrebbero sepolti in una fossa nelle campagne vicino al villaggio di Phoua Zua. Come il chicco di grano che muore e nella terra porta frutto. «È giunta l'ora di andare - aveva scritto padre Borzaga nel suo diario nel 1958, un anno dopo il suo arrivo in Laos -, di andare solo con Dio, di andare solo per le strade che avevo sognato, verso i figli di Dio... Non sarà sufficiente dare una medicina; dovrai dare la vita, la vita sublime che sei stato chiamato a vivere perché gli altri non muoiano».
E questo seme - nascosto e circondato da mille impedimenti - negli ultimi anni sta comunque ricominciando a germogliare. Con i primi frutti si vedono. Nel 2005 in Laos si è tenuta la prima ordinazione sacerdotale dopo l'ascesa al potere dei comunisti nel 1975. Negli anni successivi, poi, ne sono seguite alcune altre: lo scorso 16 settembre sono stati addirittura tre i nuovi preti ordinati insieme nel vicariato di Luang Prabang. Sopratutto tra le popolazioni tribali che vivono sulle montagne - poi - crescono la conversioni, alimentate dalla testimonianza di fede dei catechisti. Il 2016, infine, ha visto anche un altro segno importante di vitalità per la Chiesa del Laos: in agosto per la prima volta un gruppo di giovani ha potuto partecipare a Phnom Phen, in Cambogia, alla Giornata della gioventù che i cattolici locali hanno tenuto in concomitanza con quella mondiale di Cracovia.
Volti nuovi di un gregge coraggioso, che senza troppo clamore - in un angolo dell'Asia - ha già raccolto il testimone di chi per loro ha donato la vita.