Marò: ennesima impasse con l'India
Mario Mauro è l'unico ministro che si dice convinto dell'innocenza dei due marò italiani, detenuti in India da 20 mesi. L'inviato Staffan De Mistura preferisce le solite frasi rassicuranti. E intanto si avvicinano pericolosamente le elezioni indiane...
«C'è la speranza che il processo in India ai due marò italiani accusati dell'uccisione di due pescatori inizi entro i primi di settembre e che si concluda in tempi relativamente brevi». L'inviato del governo italiano Staffan De Mistura, appena rientrato da New Delhi ripete all'infinito il solito ritornello al quale sia l'attuale esecutivo sia quello precedente ci hanno abituato.
Frasi rassicuranti che non hanno mai trovato riscontro nei fatti così come l'auspicio di un "processo equo e rapido" per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e il loro rientro in Italia per Natale circa il quale De Mistura si è detto ancora una volta "cautamente ottimista". Pare quindi confermata la disponibilità italiana ad accettare una condanna da un tribunale che non ha alcun diritto di processare due militari italiani per quanto effettuato durante il servizio e per un reato che i due marò, in India da 20 mesi, non hanno commesso. Il ministro della Difesa, Mario Mauro, ha infatti rotto nei giorni scorsi il muro di frasi fatte (le cosiddette note di linguaggio) utilizzate solitamente circa questa vicenda da tutti gli esponenti dell'esecutivo dichiarando il 6 agosto che «siamo convinti dell'innocenza dei due fucilieri di Marina» e «siamo certi che li riporteremo a casa nel più breve tempo possibile» perché «consideriamo prioritario anche l'aspetto della giurisdizione: erano in acque internazionali, su una nave con un mandato che li identificava chiaramente come soldati».
Affermazioni che cozzano con quanto dichiarato in passato da Staffan de Mistura che in alcune interviste a media indiani e italiani ammise che Latorre e Girone potevano aver sparato in buona fede uccidendo per errore uomini che ritenevano pirati. La linea del governo resta quindi ben poco chiara e mal comunicata all'opinione pubblica ma a dar man forte ai due marò ha contribuito la testimonianza del vicecomandante ella "Enrica Lexie", Carlo Noviello, che agli investigatori indiani ha non solo confermato che Latorre e Girone hanno sparato in acqua ma ha aggiunto di essere «sicurissimo che l'imbarcazione che ho visto dal ponte della nave non era il peschereccio St. Antony».
L'ostacolo all'avvio del processo, che secondo la stampa indiana sta portando a un nuovo braccio di ferro tra Nuova Delhi e Roma, riguarda la testimonianza dei quattro marò che con Latorre e Girone componevano il team di sicurezza a bordo della petroliera: Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte. L'Agenzia nazionale di investigazioni (Nia) li vorrebbe interrogare in India, ma l'Italia si oppone per non subire l'ulteriore umiliazione di mettere propri militari alla mercé della giustizia di Delhi ma è disponibile a farli testimoniare via video conferenza. «In nessun caso, né il governo italiano, né francamente io, né nessun italiano permetterebbe che quattro altri marò vadano in India», ha detto De Mistura in un'intervista. Della questione l'inviato italiano ha parlato di nuovo con il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid ma, a quanto pare, senza trovare una soluzione. A questo braccio di ferro potrebbe essere da attribuire la decisione di Latorre e Girone di rifiutarsi di rispondere alle domande degli investigatori indiani. Un atteggiamento che potrebbe però anche essere interpretato come un rifiuto di riconoscere la giurisdizione indiana e di collaborare a un'inchiesta che porterà a un processo il cui verdetto appare già scritto nonostante l'accusa non abbia né testimonianze credibili né prove concrete contro i due italiani.
Sulla vicenda potrebbero influire nuovamente gli sviluppi della politica indiana dopo che uno dei principali leader dell'opposizione (Bjp), il governatore dello Stato del Gujarat, Narendra Modi, ha nuovamente criticato il comportamento del governo guidato dal partito del Congresso nella vicenda dei marò insinuando anche, senza nominarla, un ruolo di Sonia Gandhi nella vicenda della licenza in Italia concessa a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. In un discorso a Hyderabad con cui ha lanciato la sua candidatura a premier per le elezioni del 2014, Modi ha detto fra l'altro che «se un indiano in carcere per omicidio non può ottenere la libertà dietro cauzione, come hanno potuto ottenerla i marò italiani?» aggiungendo provocatoriamente «per l'influenza di chi, è stato permesso loro di andare in Italia? Se non fosse stato per l'intervento forte della Corte Suprema, non sarebbero mai ritornati!». Non è la prima volta che Modi interviene con forti critiche nella vicenda dei marò. All'inizio di aprile, prendendo la parola ad una convention di industriali a Kolkata, nel West Bengal, ebbe fra l'altro modo di definire "insultante" l'atteggiamento italiano. Se non si riuscirà a chiudere al più presto la vicenda la prigionia di Latorre e Girone rischia di diventare oggetto della campagna per le elezioni che si terranno la prossima primavera.