Manette e spie: un governo giacobino giallo-verde
Mentre l'attenzione dell'opinione pubblica è concentrata sulla scelta del ministero dell'Economia, forse non ci rendiamo conto che il programma del nuovo governo su giustizia e lotta alla corruzione è la summa del giustizialismo: potenziare le intercettazioni, sì agli agenti sotto copertura, valutare gli agenti provocatori. Giacobinismo 2.0
C’è tanta voglia di Grande Fratello. Non il Grande Fratello, programma televisivo, che sta battendo ogni record di pessimo gusto, ma il Grande Fratello inteso come regime che spia, denuncia, incarcera. Lo dimostra, su piccola scala, anche la parte del “Contratto” di Lega e Cinque Stelle riguardante la giustizia e la pubblica amministrazione.
L’ultima versione del Contratto, approvata anche dai militanti e dagli elettori dei due partiti di maggioranza, spazza via con un tratto di penna tutte le battaglie garantiste combattute dal Centrodestra. La Lega, ex alleata di Berlusconi, avvicinandosi al Movimento 5 Stelle, riesce a portarsi dietro una delle sue battaglie storiche, quella per la legittima difesa. Ma molla la separazione delle carriere dei magistrati e il Pm elettivo, che caratterizzava i programmi della Lega Nord. Non ve n’è traccia alla voce “Area magistratura e tribunali”. In compenso l’accento è posto sull’accusa, sulla certezza della pena e sul suo inasprimento. “Per far sì che chi sbaglia torni a pagare – si legge esattamente in questi termini nel Contratto - è necessario riformare e riordinare il sistema venutosi a creare a seguito dei seguenti provvedimenti: l’abrogazione e la depenalizzazione di reati, trasformati in illeciti amministrativi e civili, la non punibilità per particolare tenuità del fatto, l’estinzione del reato per condotte riparatorie anche in assenza del consenso della vittima, nonché i periodici ‘svuota carceri’”. A prescindere dalla perplessità per i provvedimenti “svuota carceri”, che è più che legittima, il criterio che si legge in queste righe è l’abc del giustizialismo. L’importante è che il colpevole paghi tutto e paghi caro, non tanto l’accertamento che sia realmente colpevole.
Proprio a questo proposito il programma sulla giustizia va letto assieme al capitolo sulla Lotta alla Corruzione, dove sono introdotti metodi da Stato di polizia. Anche in questo caso la premessa è un “pagherete tutto, pagherete caro”, come stella polare del programma: “Le misure da mettere in campo sono le seguenti: l’aumento delle pene per tutti i reati contro la pubblica amministrazione di tipo corruttivo per i quali debbono essere preclusi gli sconti di pena mediante un sistema che vieti l’accesso a riti premiali alternativi; il ‘DASPO’ per i corrotti e corruttori, ovvero l’interdizione dai pubblici uffici e la perpetua incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per chi è stato condannato definitivamente per un reato di tipo corruttivo contro la Pubblica Amministrazione”. Ma come scoprire coloro che si macchiano del reato di corruzione? Dice il programma: “nel quadro della piena attuazione della Convenzione Onu di Merida del 2003, l’introduzione della figura dell’’agente sotto copertura’ e la valutazione della figura dell’agente provocatore in presenza di indizi di reità, per favorire l’emersione dei fenomeni corruttivi nella Pubblica Amministrazione”.
Rendiamoci conto di quel che viene proposto. Agente sotto copertura è una spia fatta e finita. L’agente sotto copertura è quel tipo di spia che induce il funzionario in tentazione, offrendogli, ad esempio, una tangente finta. Oppure un contratto illecito. L’intento è quello di far abboccare il funzionario o il politico, coglierlo in fallo con un comportamento illegale. E’ lecito e legittimo indurre una persona in tentazione, per verificarne l’incorruttibilità? Il programma premette subito la Convenzione di Merida, per dirci “sì, è legale”. Così commentava Alessandro Di Battista, in campagna elettorale: “In questo paese in cui la corruzione ha raggiunto livelli impressionanti - aveva detto Di Battista - serve una legge durissima per combatterla. Per me è necessario prevedere la figura dell'agente corruttore, che tenta il politico offrendogli una mazzetta. Se il politico la prende, va in galera”. Un modo come un altro per condurre un’epurazione in puro stile giacobino. (Ed è uno dei tanti richiami alla retorica giacobina, d'altra parte: dalla piattaforma Rousseau al premier "amico del popolo" come Marat)
“A tali strumenti – prosegue il programma - è necessario abbinare, oltre che un potenziamento dell’Autorità Nazionale Anti-corruzione e del piano di prevenzione della corruzione, una modifica delle disposizioni vigenti – ad oggi non del tutto efficaci – in termini di prevenzione e repressione, anche rafforzando le tutele per il whistleblower”. Cioè di chi fa le soffiate dall’interno di un ambiente politico o di lavoro. E si incoraggia il collega, il dipendente, il superiore a denunciare i corrotti, per fare giustizia. Facile capire come questo programma si tradurrebbe nella realtà quotidiana. Fra agenti provocatori, agenti sotto copertura e whistleblowers, gli ambienti politici e di lavoro verrebbero dominati da un clima di sospetti reciproci, sfiducia nel prossimo, paura del collega, del dipendente, del superiore. Paura che il rivale in carriera, o l’invidioso, il vicino pettegolo o l’avversario politico, possano trasformarsi in persecutori, pronti a denunciare, a gettar sospetti, restando anonimi e protetti dalla legge.
Come se non bastasse: “In materia di intercettazioni è opportuno intervenire per potenziarne l’utilizzo, soprattutto per i reati di corruzione”. Corsivo nostro. Perché è difficile anche solo pensare di potenziare un sistema in cui centinaia di milioni di conversazioni all’anno, centinaia di miglia di utenze sono già sotto controllo delle autorità, caso più unico che raro nel mondo libero. Secondo i dati del ministero della Giustizia, nel 2013: sono state spiate 190 milioni di conversazioni all’anno, le utenze intercettate sono state 141 mila. Nel 2016 le intercettazioni ordinarie erano salite 265 mila, quelle antimafia a 113 mila e quelle antiterrorismo a 8 mila. Non c’è paragone con gli altri paesi europei: in Francia sono sei volte meno, in Germania un decimo rispetto all’Italia e nel Regno Unito le utenze intercettate sono poco più di 3 mila.
Voglia di Grande Fratello, appunto. Voglia di far piazza pulita dei "corrotti e corruttori", quelli che il defunto Gianroberto Casaleggio, nella sua utopia di Veni Vidi Web, avrebbe voluto vedere "esposti in apposite gabbie sulle circonvallazioni delle città".