Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico

PUGLIA

Mafia ed energie rinnovabili

C’è un bel da fare alla Regione Puglia sul tema delle energie rinnovabili. Sia rispetto alle inchieste giudiziarie, sia rispetto alle risposte da dare agli investimenti proposti: 74 miliardi di euro, dei quali sono stati concessi 4 miliardi e 500 milioni.

Cronaca 26_06_2013
energie rinnovabili

C’è un bel da fare alla Regione Puglia sul tema delle energie rinnovabili. Sia rispetto alle inchieste giudiziarie - si attendono per l’autunno gli esiti dell’ultima indagine che riguarda la realizzazione di un parco fotovoltaico di 25 megawatt a Restinco, un comune della provincia di Brindisi, su terreni già sottoposti a pignoramento, rispetto alla quale, secondo le cronache giornalistiche, sembrano coinvolti anche esponenti della Regione – sia rispetto alle risposte da dare agli investimenti proposti: 74 miliardi di euro, dei quali sono stati concessi 4 miliardi e 500 milioni. A tutto il 2012, le richieste di connessione alle reti elettriche sono per 37mila 300 megawatt di eolico e 19mila megawatt di fotovoltaico, ai quali si aggiungono 3mila 800 megawatt relativi alle centrali già in esercizio: 2mila 441 per il fotovoltaico e 1.400 per l'eolico. I contenziosi amministrativi, che erano 40 nel 2010, hanno raggiunto la cifra di 170.

In base ai dati dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV), la Puglia, per numero di impianti, è seconda dopo la Sicilia; per numero di addetti nel settore, è la prima in Italia, 6.290 occupati, di cui 1.625 diretti e 4.655 indiretti, così come per l’energia prodotta (2 GW di potenza). Impressionante è stata la crescita tra il 2011 e il 2012: 45,9%. La regione di Vendola - 33mila impianti per 3.250 megawatt, il 10% della produzione nazionale - nel suo Piano energetico ambientale regionale, ha fissato di raggiungere entro il 2016  l’obiettivo di  4 gigawatt di potenza eolica utili a generare fino a 8 terawatt di energia elettrica. Si tratta di aggiungere a quelle esistenti, tra le 2mila e le 2.500 torri eoliche.

Una devastazione del territorio senza precedenti, che in termini economici fa gola a molti. Tre anni fa, il Procuratore Capo della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, affermava: “In questa regione, c’è questa caratteristica: ci sono imprenditori, soprattutto del nord, molti siciliani, che vengono in Puglia a prendere le autorizzazioni per determinate attività senza avere la struttura industriale per poterlo fare, ma poi vendono le autorizzazioni. Questo significa che esistono strutture interregionali che producono fenomeni che hanno una fortissima interferenza imprenditoriale. Ritengo ci sia un legame politico con alcune strutture, che produce questo tipo di attività”. Sulla stessa lunghezza d’onda, le parole dell’ex Presidente della Commissione Antimafia, Beppe Pisanu.

La Puglia non è ancora la Sicilia, dove, nell’aprile scorso, la Dia di Palermo, con l’operazione “Eolo”, ha disposto il sequestro di un miliardo e 300 mila euro di beni mobili e immobili di un imprenditore, soprannominato il “signore del vento” - proprietario di 43 società eoliche, 66 conti finanziari, 7 beni mobili, imbarcazioni, automobili, moto e 98 beni immobili, ville e appartamenti - con l’accusa di “contiguità consapevole con la criminalità organizzata”. Sembra addirittura avesse rapporti con il numero uno di Cosa Nostra, il super-latitante Matteo Messina Denaro. Certo è che, insieme alla Sicilia, alla Calabria e alla Campania, la Puglia rappresenta un territorio di coltura degli interessi economici criminali.

Quali sono i meccanismi attraverso i quali la criminalità è facilitata nel diventare impresa in questo settore? Una prima risposta è contenuta nello studio di Transcrime, il centro di ricerca sulla criminalità internazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell’Università di Trento, pubblicato quest’anno. E’ la fase dell’autorizzazione quella più critica e sulla quale si deve vigilare. Dice lo studio: “Il processo richiede il coinvolgimento di un gran numero di funzionari pubblici, all’interno dell’amministrazione locale e di altre Istituzioni. Data la complessità del processo e le molte figure coinvolte, i contatti all’interno degli uffici della pubblica amministrazione possono essere la chiave per ottenere tutta la documentazione necessaria e garantire l’esito positivo del processo di autorizzazione. Non c’è alcuna procedura standardizzata a livello nazionale, lasciando i funzionari locali alle prese con regolamenti incompleti e poco chiari e che spesso operano in un territorio inesplorato. Questo stato d’incertezza in cui operano i funzionari locali dà loro ineguagliabile discrezionalità nel processo di autorizzazione”.

Più elementi di fatto e più fonti, evidenziano che siamo di fronte ad una serie di procedure e norme che favoriscono l’affermarsi della criminalità organizzata rispetto a questo business. Queste, innanzitutto, occorre modificare. Sarebbe necessario un ripensamento complessivo della strategia relativa alle fonti rinnovabili, tenendo anche presente il fatto che proprio laddove negli anni passati si è favorito in maniera entusiastica il loro sviluppo – com’è accaduto in Puglia – nello stesso tempo si è evitato che nelle grandi aziende di produzione, italiane e straniere, protagoniste di questo business, partecipasse, anche in forma minoritaria, il pubblico, nonostante l’entità degli incentivi e degli investimenti pubblici nel settore: 10 miliardi di euro di quest’anno e decine di miliardi per gli anni a venire, a carico del contribuente, che li paga in gran parte attraverso la bolletta dell’energia elettrica. L’analisi costi-benefici, checché ne dicano le lobby delle energie rinnovabili, depone a favore della posizione di coloro che sul tema usano cautela, nonostante i proclami e gli obiettivi dell’Unione Europea. A meno che non si continui a propinare, in maniera sconsiderata, l’impostazione ideologica degli ultimi anni, che vorrebbe le energie rinnovabili in grado di sostituire le fonti energetiche classiche. Una pia illusione, che per di più sembra assecondare – di fatto – gli interessi della criminalità attorno a questo fiorentissimo business.