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VENEZUELA

Maduro arresta gli oppositori, sempre più delegittimato

Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, leader dell’opposizione, agli arresti domiciliari dopo la loro prima detenzione nel 2014, sono stati prelevati in piena notte dai servizi segreti e portati in località segreta. E Maduro perde ulteriormente credito e legittimità agli occhi del mondo.

Esteri 02_08_2017
Manifestazione contro Maduro

Nel corso delle ultime proteste contro l’elezione dell’Assemblea Costituente voluta da Maduro, sono stati effettuati 500 arresti e 16 persone hanno perso la vita. Ma due incarcerazioni, in particolare, hanno riacceso i riflettori della comunità internazionale sulla repressione: Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, leader dell’opposizione, agli arresti domiciliari dopo la loro prima detenzione nel 2014, sono stati prelevati in piena notte dai servizi segreti e portati in località ignota, probabilmente il carcere militare Ramo Verde. Un video filmato dai familiari di Ledezma, lo mostra ancora in pigiama mentre viene portato via dagli agenti. Sono scene da dittatura, come grida la moglie nel video. Anche se, per Maduro, è tutto regolare.

La Corte Suprema venezuelana ritiene che l’arresto sia stato regolare e sia motivato da informazioni credibili su un loro tentativo di fuga (dagli arresti domiciliari). Un altro motivo per la deportazione è il loro irrefrenabile attivismo: anche se erano sotto stretta sorveglianza, hanno comunque parlato di politica e invitato i partiti di opposizione a boicottare il voto della Costituente. Ma la Corte Suprema è la stessa che ha legittimato il voto sulla Costituente, sebbene non fosse conforme allo stesso dettame costituzionale, secondo cui occorre un referendum popolare, prima di procedere con la revisione della Costituzione. Persino Hugo Chavez, sebbene fosse un rivoluzionario, aveva rispettato la prassi della consultazione popolare prima di riformare la legge suprema del paese. La Corte Suprema, al contempo, ha anche accettato che l’Assemblea Costituente venisse eletta senza suffragio universale, giudicando maturi i tempi per “superare” lo Stato di diritto e approdare a una “democrazia partecipata” (nuovo modo per definire la dittatura del proletariato), con un voto per classe e per regione. I giudici che la compongono sono fedeli alla linea di Chavez e Maduro, ma soprattutto non accettano concorrenti. Quando il Parlamento (in cui i democratici sono maggioranza) ha nominato 33 nuovi giudici supremi, la Corte non li ha accettati. Di questi magistrati nominati, Angel Zerpa è stato arrestato, Elenis Rodriguez del Valle è attualmente rifugiata presso l’ambasciata cilena. In questo quadro è molto difficile pensare che la giustizia in Venezuela sia amministrata in modo equo e imparziale. E l’arresto di due figure carismatiche dell’opposizione, per il loro attivismo, ne è l’ennesima dimostrazione.

E’ la prova di un paese diviso, dove ormai esistono due parlamenti: uno è l’Assemblea Nazionale, prevista dalla costituzione, insediatasi dal 2015, dopo elezioni vinte dall’opposizione democratica a Maduro e di fatto esautorata. L’altro appena eletto (con i metodi che abbiamo visto) e prossimo all’insediamento. E pronto a sovrapporsi del tutto all’Assemblea Nazionale, anche lavorando nello stesso palazzo. C’è divisione anche nell’interpretazione del voto per la Costituente. L’opposizione che ha scelto l’Aventino e ha invitato il popolo a stare a casa, ritiene che il tasso di astensionismo sia stato dell’88%. Dunque solo un 12% di venezuelani si sarebbe recato alle urne. Le fonti ufficiali, invece, affermano che l’affluenza sia arrivata al 41,5%. Non un risultato esaltante, specie in un regime di mobilitazione popolare, ma comunque sufficiente a mostrare la legittimità del voto.

Riconoscimento che però non è giunto praticamente da nessuno. Tutti i paesi americani che si sono finora espressi, tanto per cominciare, non ritengono che l’Assemblea Costituente sia un organo legittimo. Gli Usa hanno annunciato sanzioni economiche. Il segretario al Tesoro Steve Mnuchin, promulgando le misure restrittive, ha definito Maduro un “dittatore che non rispetta la volontà del suo popolo”. E pare che il duplice arresto dei due leader dell’opposizione, avvenuto poco dopo l’annuncio, sia una rappresaglia diretta contro gli Usa: Leopoldo Lopez aveva parlato venerdì scorso con il vicepresidente Mike Pence. Ma è un boomerang, perché dopo l’incarcerazione di due leader democratici conosciuti in tutto il mondo, sul Venezuela di Maduro sono piovute condanne. Anche dai governi meno attivi, come quello italiano, che lunedì si era espresso con una nota di Alfano fin troppo prudente sull’Assemblea Costituente e che il giorno dopo l’arresto ha lanciato un chiaro allarme, per bocca dello stesso Gentiloni, contro la deriva dittatoriale. Anche l’Unione Europea parla, con tatto estremo, di un “passo nella direzione sbagliata”, mentre il Cile, molto più attivo, usa un’altra espressione: “un segnale aberrante”