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CAMPIONATI

Ma allo stadio c'è libertà di orgoglio patrio

Mentre tutti gli occhi erano puntati su Parigi per la minaccia jihadista sugli Europei di calcio, ecco che gli hooligans rispondono sfasciando Marsiglia. Certo che Hollande è davvero sfortunato, ma tant’è. Impossibile amarsi solo perché «ce lo chiede l’Europa». L’unico sfogo consentito è allo stadio, dove ognuno ritrova l’orgoglio patrio. 

Editoriali 11_06_2016
Cominciati in Francia gli Europei di calcio

Povera Marianna, in mano ai massoni che, a furia di relativismo, sono ora costretti a fare i politicamente corretti. La Grandeur francese, dopo le recenti batoste terroristiche, ha dispiegato le ali galliche e lanciato il suo possente cocoricò: sappiate tutti che je suis Charlie et Bataclan. Misure di sicurezza allo spasimo, esercitazioni sul campo e in mondovisione, schieramenti napoleonici di gendarmi. 

E, mentre tutti gli occhi erano puntati su Parigi, ecco che gli hooligans (ma non erano stati debellati?) rispondono col loro britannico cuckadoodoo sfasciando Marsiglia. Così come era accaduto a noi italiani quando i tifosi olandesi vennero a scassarci le fontane romane. É vero, noi non abbiamo alcuna mania di Grandeur (né ce la potremmo permettere), ma se la gaya Atene piange, la superba Sparta non ride. Anzi, fa ridere. Certo che il signor Olanda, pugno di ferro con la laïcité pour tous (et par force) e manganello sulle mamme col bebè in carrozzina, è proprio sfigato: la sua capitale sott’acqua, battaglie stradali con gli operai che hanno capito l’aria che tira (cioè, che la flessibilità è il nuovo nome del precariato), sciopero dei netturbini in concomitanza dei Campionati e la Ville Lumière di nuovo sommersa (non dalla Senna questa volta, ma dal pattume), les chémins de fer che annunciano braccia incrociate proprio nel momento in cui il turismo francese agognava ossigeno. 

Insomma, il rischio è la vanificazione del vantaggio economico ricavato da tutti gli sgambetti, dalla Libia all’Egitto, comminati all’Italietta. Eh, chi di gauche caviar ferisce, di sindacati perisce. Ma ormai dovunque, in Europa, non c’è force de frappe che tenga. Proprio la minaccia jhadista dimostra che la disorganizzazione non è prerogativa solo italica. Servizi di sicurezza e dell’ordine fanno acqua dappertutto. James Bond è un genio solo al cinema, così come gli americani sono grandi guerrieri solo a Hollywood. La realtà è un’altra cosa e l’Europa si regge solo a colpi di slogan politici. La verità è che il nazionalismo non è mai morto, a cominciare dagli Usa, dove non c’è casa senza bandiera stars and stripes al balcone o sul portico. 

Proprio i francesi hanno inventato la Nation nel 1789 e ancora ci tengono. E come volete che “nazioni” che si sono dilaniate per due secoli, indottrinate a odiare lo “straniero” fino al punto di preferire di essere governate da un imbecille purché autoctono, comincino ad amarsi solo perché «ce lo chiede l’Europa»? L’unico sfogo consentito è allo stadio, dove ognuno ritrova l’orgoglio patrio. Certo, meglio darsele sugli spalti che con i cannoni e i bombardamenti a tappeto, meglio i circenses che Redipuglia o la Valle de los Caídos. Ma sicuramente aiuterebbe la fraternité europeista se la smettessero con i documentari sul Nazismo e la Resistenza, i film e le fiction sulla Shoà e sulla Seconda Guerra Mondiale, i continui romanzi sugli stessi temi e la galera ai negazionisti dei genocidi. 

Sennò sembra la barca in cui alcuni  lavorano di trapano da una parte e altri, dall’altra, svuotano l’acqua col secchiello. Due retoriche contrapposte, come dice la matematica, si annullano a vicenda. E il risultato è il ridicolo. In attesa che, dopo quello rosso, un altro totalitarismo, magari verde, venga a mettere ordine. Ovviamente, à sa façon