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La riflessione

L’utopia della «pacifica convivenza» nell’Occidente odierno

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Dopo l’attentato di Magdeburgo, il presidente Mattarella ha esortato ad una «pacifica convivenza». Ma essa richiederebbe una reciprocità con le altre culture e una base valoriale comune che gli “Stati di diritto” non hanno.

Attualità 24_12_2024
Magdeburgo, 22 dic 2024 (Ap via LaPresse)

Il presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, ha giustamente e doverosamente espresso, a nome del popolo italiano, il cordoglio e la vicinanza del nostro Paese al presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier, dopo il tragico attentato terroristico avvenuto venerdì 20 dicembre 2024 ai mercatini di Natale di Magdeburgo (5 decessi e oltre 200 feriti), invitando ad una «pacifica convivenza».

Tuttavia, resta una domanda cui si tende a non rispondere quasi mai: qual è il fondamento di questa «pacifica convivenza»? Ora, si fa coincidere il concetto di convivenza con la possibilità di creare «un’armonia nell’accettazione della differenza della diversità» (sul punto si vedano le considerazioni della professoressa Nadia Fusini della Scuola Normale Superiore di Pisa espresse al Festival della Filosofia di Modena del 2016).

Al riguardo, alcune osservazioni critiche. In primo luogo, l’accettazione, per essere davvero tale, non può assumere una dimensione unilaterale, ma bilaterale. In secondo luogo, l'accettazione, quale presupposto per la «pacifica convivenza», richiede una base comune di condivisione che gli “Stati di diritto” per primi non possiedono. Le loro Costituzioni, “aperte” al vitalismo sociale, non hanno alcun contenuto assiologico se non il continuo bilanciamento di interessi contrapposti benché costituzionalmente rilevanti, favorendo in questo modo l'unico meta-valore assunto dalle moderne democrazie: “l'indifferentismo”, che altro non è che una forma di totalitarismo. In terzo luogo, le culture “altre”, che dovrebbero pacificamente convivere con quelle “europee”, se, da un lato, presentano molte differenziazioni al loro interno, dall'altro sono portatrici di identità forti che difficilmente possono accettare, soprattutto nel lungo periodo, una “coabitazione” con una “civiltà occidentale” destrutturata culturalmente, socialmente, economicamente e politicamente.

Pertanto, quale «pacifica convivenza» si può instaurare quando, nelle nostre stesse capitali europee (Parigi, Bruxelles, Londra etc.), vi sono ampie zone sottratte al controllo stesso dello Stato? Quale «pacifica convivenza» quando l'Europa e la sua imbarazzante classe dirigente (escluse alcune poche eccezioni) ci stanno trascinando verso una deriva terzo-e-quartomondista grazie ad una spirale ideologica suicidaria? Si pensi solo, a titolo esemplificativo, alle follie green che vedono nell'uomo un elemento perturbatore dell'ambiente e non il custode del creato.



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