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LA LETTERA

L’Usaid (e Trump) avverte l’Onu: basta promuovere l’aborto

No allo sfruttamento del Covid per espandere l’aborto come “servizio essenziale”, no al ricatto ai Paesi pro vita in cerca di aiuti. Reprimenda, senza precedenti, dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Al quale si ricorda che gli Usa, sotto Trump, hanno chiarito che “non ci stancheremo mai di difendere la vita innocente”.

Attualità 20_05_2020

L’amministrazione Trump batte un altro colpo. Dopo il taglio dei fondi all’Unfpa e la sospensione di quelli all’Oms, anche la loro casa madre, l’Onu, si può dire avvisata. Con una lettera diretta al segretario generale Antonio Guterres, l’Usaid ha infatti chiesto al gotha delle Nazioni Unite di smetterla di sfruttare la pandemia da Covid-19 per espandere l’accesso all’aborto.

La lettera dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale porta la firma del suo amministratore provvisorio John Barsa. Ed è un fatto «senza precedenti», come nota Stefano Gennarini sul Friday Fax, «per la sua critica diretta alla promozione dell’aborto come aiuto umanitario da parte della burocrazia dell’Onu». In altri tempi l’Usaid, che almeno in passato ha promosso l’aborto nel mondo e continua comunque ancora oggi a favorire programmi contraccettivi, non avrebbe certo avanzato una tale critica. Ma ora le cose sono diverse.

Fin dall’inizio la missiva di Barsa contiene una stilettata implicita a Guterres. Il segretario generale viene ringraziato per i suoi «continui sforzi» nel sostenere i principi fondanti dell’Onu, inclusa - ecco l’ironia - «l’uguaglianza sovrana di tutti i suoi Stati membri, che la Carta delle Nazioni Unite ha stabilito decenni fa». Fuori dall’ironia, l’avvertimento è chiaro: che il quartier generale dell’Onu la smetta di prodursi in tentativi di bypassare la sovranità degli Stati.

Il capo dell’Usaid ricorda subito dopo che gli Usa sono «il più grande donatore per la salute globale e l’assistenza umanitaria». Seguono le cifre. Per fronteggiare il Coronavirus l’Usaid ha stanziato più di 650 milioni di dollari supplementari e, di questi, oltre 45 milioni sono stati distribuiti alle agenzie onusiane. Questo impegno si somma al sostegno complessivo alle attività dell’Onu, che per gli Stati Uniti ha significato per l’anno fiscale 2019 un esborso di oltre 3,5 miliardi di dollari. Una torta enorme. Non c’è nessuna esplicita ‘minaccia’ di tagliare i fondi, ma il senso è quello. E va nella giusta direzione, visto quanto si chiede.

Gli Stati Uniti esortano infatti il personale e tutte le agenzie che fanno capo al Palazzo di Vetro di dedicarsi a «interventi salvavita». La priorità deve essere quella di fornire «assistenza sanitaria essenziale» e, in aggiunta, rimediare alla mancanza di cibo. Invece, il Piano di risposta umanitaria globale (Global HRP) approntato dalle Nazioni Unite per il periodo aprile-dicembre 2020 prevede pure altre “priorità”, che tolgono la salute (e la vita) anziché preservarla.

Barsa scrive quindi che «l’Onu non dovrebbe usare questa crisi come un’opportunità per promuovere l’accesso all’aborto come “servizio essenziale”», attraverso la propaganda e la diffusione di farmaci abortivi nei singoli Paesi. Sempre Barsa ricorda che sotto la presidenza di Donald Trump «gli Stati Uniti hanno chiarito che noi “non ci stancheremo mai di difendere la vita innocente”». E il numero uno della Casa Bianca, rivolgendosi alla 74^ Assemblea Generale, aveva spiegato che l’Onu non può attaccare «la sovranità delle nazioni che desiderano proteggere la vita innocente».

Gli Usa chiedono perciò a Guterres di porre fine ai tentativi di servirsi dell’emergenza per indurre gli Stati membri a cambiare le loro leggi in tema di vita nascente. E chiedono anche di rimuovere dal suddetto Piano di risposta al Covid-19 l’espressione «salute sessuale e riproduttiva», che sottintende ingannevolmente l’aborto e ha sempre generato controversie tra gli Stati membri.

A proposito di pressioni dell’Onu sui Paesi più pro vita (o meno pro morte), emblematico è il recente caso dell’Ecuador. Qui, come riferisce la CNA, il governo ha presentato una richiesta alle Nazioni Unite per ottenere 46,4 milioni di dollari nell’ambito del Global HRP. Richiesta che è tuttavia condizionata a quanto previsto dal Piano e al suo rimando al Misp (Minimum initial service package), in pratica un pacchetto di servizi “minimi” previsti in caso di crisi umanitarie, che include contraccezione e aborto legale. Tradotto: se vuoi gli aiuti, devi accettare quanto sopra.

Il giochino è ben noto, dal momento che nei Paesi del Terzo Mondo e in via di sviluppo va avanti da decenni. E questa diabolica strategia, come denuncia una petizione di gruppi pro life ecuadoregni, «sembra che abbia già iniziato a produrre risultati perché l’Ecuador è uno dei 59 Paesi che nel bel mezzo della pandemia si sono già impegnati a promuovere l’aborto», firmando una dichiarazione congiunta che porta la data del 6 maggio e intesa a «proteggere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi e la sensibilità di genere». La solita neolingua, funzionale all’agenda mondialista.