L'Ue rifinanzia Erdogan ma con la Libia prende tempo
L'Ue a “trazione” tedesca rifinanzia con 3,5 miliardi di euro la Turchia per fermare i flussi migratori da est ma si limita a dichiarazioni di principio sul sostegno alla Libia per fermare i flussi che dall’Africa muovono verso l’Italia. L’unica opzione che resta a Roma è l’adozione di immediate misure nazionali. Come Grecia e Spagna.
La Ue a “trazione” tedesca rifinanzia con 3,5 miliardi di euro la Turchia per fermare i flussi migratori da est ma si limita a dichiarazioni di principio sul sostegno alla Libia per fermare i flussi che dall’Africa muovono verso l’Italia. Sulla carta il Consiglio europeo punta a una maggiore cooperazione con i Paesi di origine e di transito facendo uso di tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili per il controllo dei flussi dei migranti.
"Il Consiglio europeo ha discusso della situazione migratoria sulle varie rotte. Sebbene le misure adottate dall'Unione europea e dagli Stati membri abbiano ridotto i flussi irregolari complessivi negli ultimi anni, gli sviluppi su alcune rotte destano serie preoccupazioni e richiedono una vigilanza continua e un'azione urgente", si legge.
"Al fine di prevenire la perdita di vite umane e ridurre la pressione sui confini europei, saranno intensificati i partenariati e la cooperazione reciprocamente vantaggiosi con i Paesi di origine e di transito, come parte integrante dell'azione esterna dell'Unione europea. L'approccio sarà pragmatico, flessibile e su misura, farà un uso coordinato, come Team Europe, di tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili dell'Ue e degli Stati membri e si svolgerà in stretta collaborazione con l'Unhcr e l'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim)", hanno scritto i leader nelle conclusioni.
L'approccio per i Ventisette dovrebbe affrontare tutte le rotte e basarsi su un approccio globale, affrontando le cause profonde, sostenendo i rifugiati e gli sfollati nella regione, sviluppando capacità' di gestione della migrazione, sradicando il contrabbando e la tratta, rafforzando il controllo delle frontiere, cooperando in materia di ricerca e soccorso, affrontando la migrazione legale nel rispetto delle competenze nazionali e garantendo il rimpatrio e la riammissione.
In pratica però le iniziative immediate riguardano solo la rotta balcanica, quindi soprattutto la Turchia che continua a minacciare di riversare milioni di africani e asiatici verso la Germania e l’Europa centro-settentrionale. Il Consiglio europeo invita la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e di sicurezza, in stretta cooperazione con gli Stati membri, "a rafforzare immediatamente azioni concrete e un sostegno tangibile per i Paesi prioritari di origine e di transito"; "a presentare piani d'azione per i Paesi prioritari di origine e transito nell'autunno 2021.”
Quindi di aiuti europei alla Libia se ne riparlerà in ottobre, ammesso che vi siano per l’epoca piani pronti. Ottobre significa per la Ue tra quattro mesi mentre per l’Italia significa forse tra 40 mila altri clandestini sbarcati nella Penisola. Il nuovo pacchetto di aiuti preso in esame da Bruxelles vale 3,5 miliardi di euro alla Turchia e altri 2,2 miliardi per Giordania, Libano (che ospitano profughi siriani) e Siria ma nessuno stanziamento è stato previsto ora per la Libia.
Del resto i leader Ue hanno discusso il tema migranti solo 10 minuti in un summit dove la “minaccia russa” e la condanna della legge ungherese che vieta la propaganda LGBT nelle scuole hanno monopolizzato i lavori. Priorità che da sole evidenziano quanto fallimentare, risibile e lontana dagli interessi dei cittadini e delle nazioni possa essere oggi la politica europea.
Di fatto sono state ratificate le volontà di Berlino nei confronti dei fondi da destinare ad Ankara, iniziativa peraltro sostenuta anticipatamente da Mario Draghi che in cambio del suo endorsement agli ulteriori miliardi di euro per i turchi non sembra aver negoziato un piano analogo da uno o due miliardi per aiutare la Libia a gestire, fermare e rimpatriare i migranti illegali diretti in Italia.
Come prevedibile, neppure il tema della ridistribuzione presso i partner Ue dei clandestini sbarcati in Italia è stato preso in esame e del resto non è chiaro perché l’Italia continui a proporre una soluzione che vede l’ostilità di tutti gli altri stati membri. Per tutte queste ragioni solo l’affetto che nutre per le istituzioni europee può giustificare la “soddisfazione” espressa da Draghi.
L’unica opzione che resta al governo di Roma per arginare i flussi illegali dalla Libia di cui l’Europa ora non ha tempo di occuparsi è l’adozione di immediate misure nazionali simili a quelle adottate nel Mediterraneo da Grecia e Spagna. Si tratta di applicare da subito un programma in quattro punti:
- aumentare gli aiuti in termini di motovedette e denaro alla Guardia Costiera libica per incrementarne le capacità di intercettare i flussi di clandestini.
- riconoscere la nostra ex colonia Libia “porto sicuro” ove respingere tutti i clandestini raccolti in mare da affidare alle agenzie dell’ONU presenti in Libia per assistenza e rimpatrio.
- chiudere ogni accesso ai porti nazionali alle navi delle Ong che non battono bandiera italiana.
- vietare la richiesta di asilo a chiunque giunga in Italia illegalmente stabilendo che tali richieste vadano presentate esclusivamente presso le sedi diplomatiche italiane o della Ue degli stati di origine o limitrofi.
Tutte iniziative che l’Italia sarebbe in grado di assumere in tempi rapidissimi, senza bisogno di attendere l’Inutile Europa.