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crisi senza fine

L’Ucraina batte cassa in Europa per fare la guerra nel 2026

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Nonostante l’assenza di trasparenza e la corruzione endemica da parte dei vertici di potere in Ucraina, i governi europei non sembrano disposti a staccare la spina finanziaria che permette a Kiev di continuare a combattere una guerra già perduta. 

Editoriali 18_09_2025

Sui campi di battaglia l’Ucraina potrebbe soccombere sotto il peso dell’offensiva russa nei prossimi mesi, come sostengono molti esperti, ma sul piano economico non si può certo dire che il governo di Kiev viva alla giornata. Il 13 settembre il ministro della Difesa ucraino, Denys Shmyhal, ha annunciato che l’Ucraina ha bisogno di  almeno 120 miliardi di dollari per finanziare la sua difesa nel 2026. Una cifra imponente che ricadrà sull’Europa e che si aggiunge a quella annunciata meno di un mese fa dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha commissionato agli Stati Uniti 90 miliardi di ordini per armi, munizioni ed altri equipaggiamenti militari che pagheremo noi europei, evidentemente consenzienti.  

Meglio non farci illusioni, anche in caso di sconfitta militare gli ucraini continueranno a battere cassa. Shmyhal ha precisato che tale somma sarà necessaria sia in caso la guerra continui sia nel caso si arrivi a un accordo di pace. «Se la guerra continua, avremo bisogno di almeno 120 miliardi di dollari per il prossimo anno», ha affermato, visto che gli sforzi di pace restano in una fase di stallo. Anche se i combattimenti cessassero, «avremo bisogno di una somma leggermente inferiore» per «mantenere il nostro esercito in buone condizioni» in caso di un nuovo attacco russo, ha aggiunto alla conferenza annuale sulla strategia europea.

Il ministro non ha specificato quanto di questa somma l’Ucraina sarà in grado di finanziare con risorse proprie, che di fatto non esistono dal momento che l’Ucraina è in bancarotta, ha un debito pubblico pari al 100% del PIL che non potrà mai restituire e sopravvive grazie ai donatori internazionali. Che oggi sono quasi esclusivamente gli europei da quando gli Stati Uniti, con l’Amministrazione Trump, hanno cessato di regalare a Kiev aiuti economici e militari, con questi ultimi che vengono venduti agli ucraini dietro pagamento da parte degli alleati NATO europei e canadesi.

«L’Ucraina spende il 31 per cento del suo PIL per la difesa, la quota più alta al mondo», ha affermato la deputata Roksolana Pidlasa, presidente della commissione bilancio del Parlamento. Secondo lei, «un giorno di guerra costa attualmente all’Ucraina 172 milioni di dollari», rispetto ai 140 milioni di dollari di un anno fa. Denys Shmyhal ha sostenuto l’utilizzo di circa 250 miliardi di euro, di cui 210 miliardi di euro in Belgio, di beni russi congelati in Occidente dall’inizio dell’invasione, per finanziare la difesa Ucraina ma, nonostante il disappunto di Kiev, l’Europa si è finora rifiutata di farlo, consapevole che si tratterebbe di una grave e senza precedenti violazione del diritto internazionale che avrebbe ripercussioni devastanti sugli investimenti internazionali nel Vecchio Continente.

Il 10 settembre il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che l’Unione Europea avrebbe utilizzato gli interessi di questi beni per erogare un nuovo “prestito di riparazione” all’Ucraina, ma senza toccare i beni stessi. Le richieste ucraine per finanziare il bilancio della Difesa del prossimo anno, in guerra o in pace, ricadranno quindi interamente sull’Europa già in profonda crisi economica non senza provocare fratture politiche e sociali, già ben evidenti soprattutto nelle tre principali potenze (Gran Bretagna, Francia e Germania) ma tangibili anche in molte altre nazioni incluse quelle di “prima linea”.

In ottobre il voto in Repubblica Ceca sembra veder favorita l’opposizione non ostile alla Russia e critica verso la guerra e gli aiuti a Kiev mentre in Polonia un sondaggio effettuato dopo l’infiltrazione di droni russi nello spazio aereo nazionale indica che oltre un terzo degli intervistati ne attribuisce la responsabilità all’Ucraina. Il 12 settembre il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha segnalato un fabbisogno aggiuntivo nelle casse del suo ministero di oltre 10 miliardi di euro nei prossimi due anni per il sostegno militare all’Ucraina, rispetto alle risorse approvate dal governo federale. 

Secondo il documento rivelato da Bild, per il 2026 e il 2027 il ministero della Difesa aveva chiesto rispettivamente 15,8 e 12,8 miliardi di euro. Il ministero delle Finanze ne ha stanziati soltanto 9 all’anno, inclusi 500 milioni di rimborsi Ue. Mancano quindi 10,6 miliardi per programmi di cooperazione industriale con Kiev già pianificati o promessi. Alcuni contratti con l’industria bellica Ucraina dovranno quindi essere sospesi, ridotti o cancellati.

«Per rispettare il tetto dei 9 miliardi – si legge nel documento – diverse misure con scadenza 2027 sono state stralciate o ridimensionate». Il governo tedesco ha assicurato di fornire a Kiev «tutto ciò di cui ha bisogno» e negato divergenze interne. In una risposta congiunta, i portavoce dei ministeri della Difesa e delle Finanze hanno ribadito che le cifre sono state concordate e che il governo «mantiene l’impegno a garantire i mezzi necessari alla difesa dell’Ucraina».

In tutti i casi in tutta Europa e ancor di più in una Germania sempre più in crisi, dove sono state ridotte le indennità anche ai profughi ucraini, sarà sempre più difficile giustificare a società e opinione pubblica il denaro elargito a Kiev. Sahra Wagenknecht, leader dei BSW sostiene apertamente che il governo guidato da Friedrich Merz sta trascinando la Germania verso il conflitto con la Russia. In un’intervista a RTL e NTV, Wagenknecht ha criticato aspramente le recenti proposte e i dibattiti in corso in Germania riguardo la situazione in Ucraina. «Abbiamo un governo che potrebbe sconsideratamente trascinare la Germania in una guerra» ha detto, sottolineando come le autorità tedesche stiano discutendo nuove e pericolose misure, compreso l’invio di truppe.

Wagenknecht ha avvertito che un’escalation porterebbe a conseguenze catastrofiche, inclusa la minaccia di un conflitto nucleare. «Una guerra con la Russia sarebbe una guerra nucleare. Tutte le case qui in Germania andrebbero perdute», ha ammonito, invitando a fare tutto il possibile per allontanarsi da quella che definisce una «terribile spirale di violenza».

Dichiarazioni che mettono in luce solo parzialmente le profonde e crescenti divisioni in Germania dove la crisi economica ed energetica rende meno digeribili all’opinione pubblica i piani di riarmo annunciati da Merz (che vuole dare a Berlino le forze armate convenzionali più grandi d’Europa) e i miliardi forniti all’Ucraina, spesso fuori da ogni controllo.

Un tema che sta diventando caldo per i governi di tutta Europa, quelli traballanti come quelli più stabili. Il 13 settembre il ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, Giancarlo Giorgetti ha parlato della Legge Finanziaria in fase di messa a punto affermando che «abbiamo previsto un proseguimento del sollievo fiscale concepito per tutti, partendo da redditi più bassi», ma «mi sono sentito in dovere in dire che gli impegni internazionali, le spese in Difesa e il sostegno all’Ucraina non sono gratis».

Nonostante l’assenza di trasparenza sull’utilizzo dei fondi elargiti e una corruzione endemica che ha visto molte inchieste denunciare la sottrazione degli aiuti internazionali da parte dei vertici di potere in Ucraina, i governi europei non sembrano disposti a staccare la spina finanziaria che permette a Kiev di continuare a combattere una guerra già perduta.