Londra, la censura si abbatte su radio cristiana
Impedita la messa in onda di un annuncio che chiedeva agli ascoltatori di far sapere eventuali discriminazioni subite sul lavoro per il fatto di essere cristiani. I giudici l'hanno considerato un messaggio politico.
Storia di ordinaria discriminazione anticristiana in Inghilterra. Giorni fa la Court of Appeal, la seconda magistratura più importante del Regno Unito, ha confermato il divieto di mandare in onda un messaggio radiofonico predisposto da un’organizzazione cristiana. Questo era il tenore del comunicato trasmesso dalla Premier Christian Radio: «I sondaggi mostrano che oltre il 60% dei cristiani praticanti sono sempre più discriminati nei posti di lavoro. Noi siamo sinceramente interessati a reperire sulla questione dati certi ed attendibili per informare l’opinione pubblica, e cercare di rendere più giusta la società. Se hai fatti da denunciare al riguardo contattaci sul sito CCPmagazines.co.uk».
Il fatto è che in Gran Bretagna dal 2003 sono vietati i messaggi radiofonici di carattere politico. Così la Radio Advertising Clearance Centre (RACC), autorità che regola la materia, è riuscita a censurare il comunicato, individuando nel contenuto una chiara finalità politica. L’impugnazione della decisione emessa dalla RACC non ha avuto, però, l’esito sperato dai ricorrenti. La Court of Appeal, infatti, ha dichiarato illegittimo il messaggio radiotrasmesso in quanto le evidenti finalità politiche che lo originavano erano «ravvisabili nelle intenzioni di rendere più giusta la società, e di ridurre o eliminare la discriminazione dei cristiani dai posti di lavoro».
Immediata la reazione dell’avvocato Andrea Minichiello Williams, direttrice del Christian Legal Centre: «Lascia basiti il fatto che un comunicato talmente innocuo, destinato ad essere trasmesso da una radio privata cristiana, possa essere considerato contrario alla legge, quando si tratta, in realtà, di un’iniziativa chiaramente rivolta ad acquisire informazioni dal pubblico con lo scopo lodevole di creare una società più giusta». «Non si può ravvisare», ha continuato la Williams «nessun tentativo di convincere i radioascoltatori ad aderire ad una particolare posizione politica».
Ha poi evidenziato una palese contraddizione: «La decisione della Corte è inquietante, soprattutto se si considera che continuiamo ad assistere all’imposizione di divieti nei confronti dei messaggi pubblicitari cristiani, mentre vengono consentiti quelli di altri particolari gruppi; si può, infatti, tranquillamente vedere in televisione la pubblicità delle cliniche abortive, o nei bus i cartelloni pubblicitari degli atei che avvisano dell’inesistenza di Dio, o delle associazioni gay che avvisano dell’esistenza degli omosessuali invitando i cristiani a “farsene una ragione", mentre il contrario non vale per gli stessi cristiani». «Come si fa», ha domandato infine Andrea Williams, «a non vedere un’evidente asimmetria di giudizio da parte delle autorità vigilanti del settore?».
Peter Kerridge, Direttore della Premier Christian Radio, ha contestato fermamente la decisione della Corte il giorno in cui è stata resa pubblica: «Questo non è solo un brutto giorno per la libertà di parola dei cristiani, ma è anche un brutto giorno per la stessa democrazia e la magistratura». Sempre secondo Kerridge, in base alla sentenza emessa dalla Court of Appeal, da ora in poi «la trasmissione via radio di tutti i comunicati finalizzati a raccogliere dati per rendere più giusta la società dovranno essere considerati vietati dalla legge». «Non si persegue l’interesse pubblico», continua il direttore della Premier Christian Radio, «impedendo alle persone di ottenere informazioni, perché così facendo si viola il diritto alla libertà di parola».
Non c’è bisogno di fare un viaggio in Pakistan per assistere ad odiosi episodi di cristianofobia. Basta recarsi nella “civilissima” Gran Bretagna.