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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

Equivoci in serie

Lo Stato: tra Milei e papa Francesco

Sulla parola “Stato” c’è molta confusione. Il presidente dell’Argentina ha ragione quando critica lo Stato ideologico moderno, ma è errata la sua visione minimalista. Neanche papa Francesco trasmette una visione chiara della natura e dei compiti dello Stato.

Dottrina sociale 03_04_2024

Quando si parla dello Stato gli equivoci sono ormai inevitabili perché la confusione è molta. In occasione della Conferenza dei Conservatori Americani (Conservative Political Action Conference - CPAC), tenutasi a Washington in febbraio, il presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha affermato nel suo discorso che la giustizia sociale è violenta e ingiusta, che non è né giusta né sociale, e che è semplicemente un'aberrazione; ha anche detto che la redistribuzione del reddito implica rubare ad alcuni per dare ad altri. In altre e ripetute occasioni, il presidente Milei ha anche affermato che lo Stato è un'organizzazione criminale e che la riscossione delle tasse è un furto. Da parte sua, il portavoce presidenziale, nella conferenza stampa del 28 febbraio, in sintonia con il presidente Milei, ha affermato che il benedetto Stato attuale ha tolto tutto e non ha dato nulla agli argentini, che la giustizia sociale è responsabile del 50 per cento dei poveri e di non essere d’accordo con le dichiarazioni fatte dal Santo Padre su questo argomento.

Cosa aveva detto papa Francesco? Nel suo discorso di apertura del Congresso convocato dal Comitato Panamericano dei Giudici (COPAJU), che ha inaugurato una sede nella città di Buenos Aires (28 febbraio 2024), il Papa ha affermato che lo Stato è oggi più importante che mai ed è chiamato a svolgere il ruolo centrale della redistribuzione e della giustizia sociale. E ha aggiunto: non basta la legittimità d'origine, ma deve essere legittimo anche l'esercizio. E ha concluso con la seguente riflessione: a che serve il potere se si allontana dalla costruzione di società giuste?

Intanto, quando si usa la parola “Stato”, bisogna tenere presenti le sedimentazioni e visioni ideologiche errate che in esso si condensano. Una cosa è certa: la Comunità politica è originaria, tanto quanto la famiglia, e ha compiti propri ineludibili in ordine alla giustizia. La comunità politica, però, non coincide con lo Stato moderno, anzi ne è l’opposto, dato che lo Stato moderno ritiene di essere esso il fondamento della comunità politica mentre quest’ultima ritiene di essere essa il fondamento dello Stato. Del resto, una comunità politica c’era anche prima della nascita dello Stato moderno.

Ora, cosa intendono Milei e papa Francesco quando adoperano la parola Stato? Ha ragione Milei a dire che questa forma di Stato, di cui l’Argentina ha fatto tristissima esperienza, non può assolutamente redistribuire niente, che non può garantire nessuna giustizia perché è l’ingiustizia istituzionalizzata, che l’assistenza che esso fa è costosa, inefficiente e corrotta e che esso – con la scusa di provvedere alla giustizia – si accolla compiti che non gli sono propri e invade la società civile inibendo le assunzioni di responsabilità. Milei, quando parla di Stato, si riferisce allo Stato ideologico moderno, il Leviatano che si pretende assoluto e che ingessa la società intera sotto il proprio dominio. Certo, Milei è sostanzialmente un liberista e nella sua critica allo Stato ideologico, assistenziale e corrotto coinvolge anche la nozione di Stato in quanto tale. Tuttavia, un certo credito gli è dovuto sia per la situazione drammatica in cui lo Stato argentino ha ridotto la nazione argentina, sia per il suo coraggio di denunciare a Davos il sistema politico ed economico globale come nessun capo di Stato ha fatto. Non si può accettare la visione minimalista che Milei ha dello Stato, ma non si possono nemmeno appoggiare le critiche a lui rivolte a partire da una visione di Stato ideologica, onnipotente e onnisciente.

Papa Francesco cosa intende per Stato quando dice che esso deve redistribuire la ricchezza nazionale e garantire la giustizia? Siamo qui daccapo. Se si tratta dello Stato assistenziale demolito da Giovanni Paolo II nel paragrafo 48 della Centesimus annus non possiamo essere d’accordo. Se si tratta degli Stati ideologici del mondo occidentale nati dopo la Rivoluzione francese che pensano di avere una missione rieducativa dei cittadini nemmeno. Se si tratta degli Stati che irresponsabilmente cedono la propria sovranità ad organismi internazionali globalisti meno ancora. Francesco, quando fa questi interventi, dovrebbe precisare, altrimenti le sue parole risultano generiche e variamente interpretabili.

Nessuno dei due interventi chiarisce fino in fondo la natura e i compiti dello Stato, specialmente in rapporto ad altri soggetti politici, anche se non statali, che dovrebbero operare nelle società naturali e nei corpi intermedi per favorire la giustizia e la redistribuzione: cose che non si fanno certamente con l’attuale sistema fiscale statalista.

Stefano Fontana