Lo sfregio di Andria, solo la punta dell'iceberg
La barbara mutilazione di un crocifisso e altri vandalismi contro le statue della Madonna nella cittadina pugliese, è l'ennesimo caso di odio anti-cristiano che ormai attraversa tutta l'Europa: sono oltre 500 i casi di violenza e discriminazione contro i cristiani denunciati tra il 2016 e il 2017.
Un gravissimo atto sacrilego è stato compiuto nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 luglio, nel viale del cimitero di Andria, ai danni di un crocifisso barbaramente mutilato della testa e degli arti ad opera di un quarantacinquenne italiano. Sono state proprio le condizioni in cui il crocifisso è stato lasciato (quasi totalmente smembrato, escluso un pezzo del corpo rimasto attaccato alla croce) che hanno fatto pensare non ad un semplice atto vandalico, compiuto dal balordo di turno, ma ad un gesto volutamente sacrilego.
Lo ha sottolineato proprio il vescovo Lugi Mansi addolorato e incredulo anche per il susseguirsi di una serie di atti di simile gravità, accaduti, guarda caso, proprio nelle stesse ore in cui il crocifisso veniva distrutto e che hanno avuto come obiettivo la statua raffigurante la Madonna dell’Altomare, un’icona del Cristo Redentore e una piccola cappella votiva, nella medesima cittadina.
Particolarmente forte e sentita, ad Andria, è proprio la devozione verso la Madonna dell’Altomare a cui, ogni anno, è dedicata una processione per le vie della città e che rappresenta uno degli eventi più attesi, in quella che, tra l’altro è stata ribattezzata “Civitas Mariae”, tanto è forte e radicato il culto mariano in questa ridente cittadina pugliese. Con l’annuale processione si ricorda il miracolo avvenuto nel 1598 ovvero il salvataggio di una bambina caduta in una profonda cisterna e ritrovata in piena salute dopo tre giorni di ricerche. La bambina sarebbe rimasta aggrappata ad un’immagine della Vergine, sopra il livello dell’acqua e avrebbe dichiarato di essere stata nutrita oltre che sorretta, in quei giorni, dall’immagine stessa. Dunque, l’atto vandalico si carica di un significato particolarmente forte, andando a colpire, oltre che il simbolo della fede per eccellenza, anche una delle devozioni più sentite dagli andriesi. Intanto il vescovo di Andria ha invitato le sue parrocchie alla preghiera, dopo il terribile atto sacrilego.
Non si tratta certamente dell’unico episodio in Italia di odio religioso accaduto in questi anni. Tanto per citarne uno davvero recente, ricordiamo lo scempio compiuto da alcuni balordi nella mattina dello scorso 21 luglio nella chiesa di san Clemente a Latera (Viterbo) dove è stata distrutta l’acquasantiera e sono state rinvenute addirittura delle feci sotto l’altare maggiore.
Se allarghiamo lo sguardo al Vecchio Continente l’elenco dei casi rischia di diventare infinito, basta citare i risultati del rapporto dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani: oltre 500 casi di discriminazione e violenze contro i cristiani, registrati tra il 2016 e il 2017. Si tratta di una vera propria gamma di ostilità che va dalla negazione della libertà di espressione e di coscienza, fino alla violenza, e agli atti di vandalismo contro chiese e cimiteri. Ma drammatica è anche la situazione dei cristiani costretti a scegliere tra i loro valori morali e le loro professioni e gli studenti cristiani ridotti al silenzio nelle università.
Sebbene si tratti di una persecuzione non ancora cruenta, tuttavia, negli ultimi anni è diventata sempre più pervasiva, andando ad investire sempre più la sfera culturale e la dimensione pubblica del cristianesimo, tanto da far parlare ormai di una vera e propria “cristianofobia” diffusa.
Eppure quando nel 2009 venne pubblicato “Cristianofobia. La nuova persecuzione”, di Renè Guitton, che descriveva la situazione drammatica dei cristiani al di fuori dell’Europa con rapporti dettagliati e inquietanti, venne considerato un allarme ancora prematuro. Eppure dall’analisi condotta da Guitton emergeva che ogni contesto geografico e sociale sottoposto a forme di persecuzione, presentava un unico schema comune ovvero laddove la religione cristiana non rappresentava il culto della maggioranza della popolazione, quasi automaticamente si verificavano discriminazioni in ogni campo della sfera pubblica.
E’ uno schema che ricorda anche quello che si sta verificando in Europa dove assistiamo ad un processo di secolarizzazione velocissimo e inesorabile, come se la religione cristiana non debba apparire come il tratto distintivo e l’elemento unitivo del popolo europeo: per un malinteso concetto di “laicità”, sembra quasi che il Vecchio Continente sia imbarazzato e debba continuamente scusarsi per la sua cultura biblica e le sue radici cristiane, a qualunque costo, persino mostrandosi incredibilmente permissivo nei confronti dell’islam.
Si tratta di una persecuzione che parte “dall’interno”, quella a cui assistiamo in Europa: pensiamo alle numerose battaglie contro il presepe nelle scuole o il crocifisso esposto in luoghi pubblici o alle recite natalizie ormai bandite (talvolta anche dalle scuole cattoliche) e spesso sostituite da insignificanti canzoncine che, nella migliore delle ipotesi inneggiano ai “buoni sentimenti” (“libertè”-“egalitè”-“fraternitè”) ma, altre volte, invece, subiscono ridicole censure come il caso celeberrimo del nome di Gesù sostituito con il più vago e politicamente corretto “Perù” in una scuola statale nei Paesi Baschi e risalente appena allo scorso dicembre.
D’altro canto, si assiste anche ad un continuo tentativo di screditamento e ridicolizzazione della religione cattolica: pensiamo ai vari gay pride, sempre più irridenti nei confronti della fede (non ultimo l’avvilente spettacolo, avvenuto un mese fa nei pressi del santuario di Pompei, dove hanno sfilato carri blasfemi e striscioni con scritte di denuncia nei confronti della chiesa cattolica, considerata la causa del disagio dei giovani omosessuali) o al rito dello “sbattezzo” da parte di chi dell’ateismo ha fatto la sua nuova religione, manifestando un forte disprezzo proprio verso il sacramento di iniziazione alla fede cattolica. Una pressione psicologica diffusa capillarmente anche dai vari mezzi di comunicazione che tende a fare sentire i credenti una minoranza e non sempre meritevole di considerazione.