L'Isis non basta. Altre disgrazie per la Libia
Come se non bastasse l'Isis e la presenza di due governi che si contendono la legittimità, in Libia sta nascendo un terzo parlamento. E' un consiglio tribale che si ripropone di rappresentare i clan libici. Il nuovo organismo finirà per rendere ancora più caotica la situazione. E renderà più facile il compito ai jihadisti.
Non bastavano l’ISIS, i due governi e i due parlamenti già presenti in Libia e rivali tra loro, quello riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tobruk e quello islamista di Tripoli. A complicare il già tortuoso percorso negoziale guidato dall’inviato dell’ONU, Bernardino Leon, impegnato nella mediazione per costituire un governo di unità nazionale che combatta lo Stato Islamico e i trafficanti di esseri umani ci si mettono anche le tribù libiche.
Anzi, un vero e proprio consiglio tribale che si candida a diventare il “terzo incomodo”, cioè il terzo parlamento dell’ex colonia italiana. Questo almeno è quanto sembra emergere dal summit tenutosi il 17 settembre nella cittadina libica di Suluq, una cinquantina di chilometri a sud est di Bengasi, in Cirenaica, che ha riunito i capi delle più importanti tribù della Libia per discutere della proposta di dare vita a un consiglio tribale.
Secondo quanto riferisce il sito d’informazione Akhbar Libya 24, si è discusso di dare vita ad un organismo chiamato Congresso Generale composto dai rappresentanti delle tribù di tutto il Paese in base ad una mappa tribale e sociale che divide la Libia in tre macro regioni i cui confini sono quelli dei gruppi tribali segnati con all'interno le divisioni territoriali per singole tribù. Attualmente la Libia è già divisa in tre macro regioni (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) i cui confini sono stati disegnati durante il dominio turco e poi italiano.
All’apparenza si tratta quindi di una sorta di consiglio tribale che ambisce a gestire la Libia su una base simile al federalismo e con una sorta di parlamento delle tribù composto da 240 membri, 80 per ogni regione, con una presidenza composta da15 persone. Non si è parlato di elezioni dei rappresentati che siederanno nel nuovo parlamento né nella presidenza ma è probabile che siano gli stessi consigli di ogni tribù (generalmente guidati dai leader anziani) a nominare i rappresentanti.
Di certo questa nuova entità politica e sociale, se la sua costituzione troverà conferma, minaccia di rendere ancora più caotica e inestricabile la situazione libica, Paese che dalla sciagurata contro Muammar Gheddafi è travolto da scontri etnici, politici e tribali che hanno visto impegnate oltre 300 milizie che compongono e disfano alleanze traballanti. Il nuovo Consiglio tribale minaccia di togliere legittimità al Parlamento di Tobruk e anche a quello eletto precedentemente e rimasto arbitrariamente in carica a Tripoli sottraendo di fatto quel poco di autorità e rappresentatività che resta ai gruppi politici. Subito dopo la caduta di Gheddafi le tribù libiche assunsero un ruolo chiave nel controllo del territorio libico contribuendo però anche al caos che ha devastato il Paese a causa dell’esplodere di scontri tra le milizie tribali spesso legati al controllo di traffici illeciti.
Un caos che ha consentito allo Stato Islamico di insediarsi prima a Derna e poi a Sirte (città natale di Gheddafi dove è stato istituito un Emirato) e Bengasi grazie alle alleanze con gli ex qaedisti di Ansar al-Sharia. L’IS rappresenta una minaccia sia per gli islamisti del fronte “Alba della Libia” che sostiene il governo di Tripoli che per il governo laico di Tobruk. Negli ultimi due anni, il rafforzarsi degli schieramenti politici e il coinvolgimento internazionale (quello islamista di Tripoli sostenuto da Turchia e Qatar, quello laico di Tobruk appoggiato d Egitto e gran parte della Lega Araba più lo Stato Islamico) hanno messo in ombra il ruolo delle tribù le cui milizie vengono corteggiate per rafforzare gli schieramenti contrapposti ma non hanno un ruolo leader.
Un’eccezione parziale è costituita dalla grande milizia di Misurata il cui ruolo militare è però stato ridimensionato dalle sonore batoste subite in battaglia contro le forze dello Stato Islamico. La nascita di un consiglio tribale non sembra essere una buona notizia per l’Occidente che vorrebbe riunificare la Libia sotto un governo di unità nazionale e del resto il fatto che i leader tribali si siano riuniti a Suliq non è di buon auspicio per gli occidentali, in particolare per gli italiani.
Proprio in quella cittadina nel settembre del 1931 l’amministrazione coloniale italiana impiccò Omar Mukhtar, che guidò per anni la rivolta tribale contro gli italiani. Inoltre resta il dubbio che il nuovo organismo tribale includa molti sostenitori del regime di Gheddafi, mai scomparsi dalla scena politica e oggi galvanizzati e rafforzati nei consensi dal disastro in cui è stata buttata la Libia dai “liberatori” che uccisero il raìs ma non sono riusciti a dare stabilità al Paese.
La notizia della nascita del consiglio tribale non ha avuto molta eco in Occidente e in Italia dove forse si attende di verificare quale peso reale potrà avere. Intanto l’ISIS ha colpito Tripoli, dove da tempo si segnala la presenza di milizie che hanno aderito all’Emirato di Sirte composta da salafiti. Equipaggiato con granate e cinture esplosive un commando di jihadisti ha attaccato venerdì la base aerea di Mitiga, nei pressi della capitale, che ospita una prigione in cui sono detenuti qaedisti e miliziani dello Stato Islamico, scatenando una battaglia in cui sono morte 8 persone: 4 terroristi, 3 guardie e un detenuto.
Il blitz è stato rivendicato sul web dallo Stato Islamico con tanto di fotografie di quella che sembra un'azione dimostrativa tesa a dimostrare che l’IS può colpire ovunque, anche a Tripoli dove il governo è in difficoltà a causa di dissidi interni e uomini armati sono penetrasti nel Congresso (il parlamento) per indurre i deputati a non approvare la bozza di accordo mediato dall’ONU nei negoziati in corso in Marocco.
A Sirte invece si assiste a un chiaro esempio di quello che accadrebbe in Libia se cadesse sotto il controllo dello Stato Islamico Nella città, continua l'esodo di massa dei suoi abitanti, dopo che i jihadisti hanno imposto la più rigida sharia. Esattamente come in Siria, anche a Sirte la gente fugge dai jihadisti. Se la Libia cadesse in mano allo Stato Islamico anche i libici affollerebbero i barconi diretti in Italia oggi pieni di africani.