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LITURGIA DA RISCOPRIRE

L'intervento divino nell'ora della prova

Nella forma straordinaria della Messa, alla domenica di sessagesima, che cade proprio oggi, troviamo l'introito Exsurge, quare obdormis, Domine. Un testo pieno di mestizia ma anche di speranza nell’aiuto di Dio e nel suo intervento nella storia degli uomini.

Ecclesia 07_02_2021

Nella forma straordinaria del rito romano, quella che viene definita anche come Messa tridentina, esistono tre domeniche di preparazione al tempo proprio di Quaresima: settuagesima, sessagesima e quinquagesima. Vorrei soffermarmi sul bell’introito della domenica di sessagesima (che nel 2021 cade il 7 febbraio), Exsurge, quare obdormis, Domine.

Nel suo prezioso Liber Sacramentorum (vol. I), il beato Alfredo Ildefonso Schuster ci fa entrare nel clima dei tempi eroici della fede. Anticamente in questo giorno liturgico ci si recava alla basilica di san Paolo fuori le mura per celebrare questa Messa che “è un misto di lugubre senso di penitenza e di espressione di grandiosa solennità”. Lo stesso Schuster ci dice che probabilmente questa statio fu istituita al tempo in cui i Longobardi mettevano sotto assedio l’Italia minacciando anche Roma e questo sentimento sarebbe veramente ben espresso dalla mestizia di questo introito con testo preso dal salmo 44 (con qualche aggiustamento): “Svègliati, perché dormi, Signore? Dèstati, non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere,  il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia”.

Un testo certamente pieno di mestizia ma anche di speranza nell’aiuto di Dio e nel suo intervento nella storia degli uomini. La bella melodia gregoriana di primo modo (esaltata espressivamente da una esecuzione musicale che tiene conto della semiologia) riveste le parole in un modo mirabile, tanto che essa sembra formarsi sul testo come conseguenza naturale della sua ragione di esistere. Nella prima parte dell’introito si avverte questo senso di mestizia e la melodia ce lo rappresenta benissimo, come rappresenta nel mezzo dell’introito stesso la speranza e l’ardore della richiesta dell’intervento di Dio nella storia per liberarci dalle tenebre e dal male.

Come ci sembrano attuali queste parole in un tempo di confusione sociale e sanitaria, in un tempo in cui la nuova normalità sembra lo stato di emergenza. Il pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, in un articolo chiamato proprio Exsurge Domine! Quare obdormis? (Catolicismo) vedeva in queste parole anche un segno di identificazione per la crisi di fede che ha colpito l’umanità da qualche secolo a oggi: “Abbiamo già mostrato come i nostri giorni s’inseriscono nel lungo processus storico iniziato fra il 1450 e il 1550 con l’Umanesimo, il Rinascimento e il protestantesimo, accentuato profondamente con l’enciclopedismo e la Rivo­luzione Francese, e infine trionfante nei secoli XIX e XX con la trasfor­ma­zione dei popoli cristiani in masse meccanizzate, amorfe, ampiamente lavo­rate da fermenti dell’immoralità, dell’ugualitarismo, dell’indifferentismo re­ligioso o dello scetticismo totale. Dal liberalismo sono già passate al so­cia­li­smo e sono sulla strada di scivolare cadendo nel comunismo.­ La marcia ascensionale dei falsi ideali laici — di fondo panteista, va fatto notare — e ugualitari è il grande avvenimento che domina la nostra epoca storica. Il giorno in cui questa marcia cominciasse a regredire, con una re­tro­cessione non piccola e occasionale, ma continua e forte, sarebbe co­min­ciata un’altra fase della storia. In altri termini, la scristianizzazione è il segno sotto il quale sono posti tutti i fatti dominanti accaduti in Occidente dal secolo XV a oggi. È quanto uni­sce fra loro questi cinquecento anni e ne fa un blocco nel grande insieme che costituisce la storia. Cessata la scristianizzazione grazie a un movimento contrario, saremo passati da un insieme di secoli a un altro”. Un’analisi certo impietosa ma veritiera, in fondo questo introito è segno di sottomissione a Dio ma nella speranza di un suo intervento.

Certamente accade a volte di sentirsi soli, spauriti, indifesi… Dio certamente comprende la nostra inadeguatezza e ha scelto di salvarci dentro di essa, non malgrado essa. Ecco perché le parole di questo introito, la sua melodia, dovrebbero risuonare sempre nei nostri cuori, non solo nel tempo liturgico che gli è destinato, ma come preghiera costante al Padre perché non ci abbandoni nell’ora della prova.