Limitare i danni è un dovere
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale il quadro giuridico è ben delineato. Avendo chiaro che qualsiasi tipo di fecondazione artificiale è eticamente inaccettabile, se non mi adoperassi per aumentare limiti e divieti sarei colpevole di omissione.
Il risultato pratico della sentenza della Corte Costituzionale 162/2014 è aver introdotto nel sistema giuridico italiano la fecondazione eterologa. La fecondazione omologa fa uso di ovociti e spermatozoi della coppia, mentre la fecondazione eterologa fa uso di ovociti e/o spermatozoi di persone terze rispetto alla coppia. Quindi le coppie che vogliono ricorrere alla fecondazione in provetta hanno la possibilità di fare uso dei propri gameti, oppure di gameti di terzi. La fecondazione eterologa può essere praticata alle stesse condizioni (es. la coppia deve avere una diagnosi di sterilità) e con gli stessi limiti della fecondazione omologa (es. è vietato l’utero in affitto, chiamato anche nel gergo politicamente corretto “maternità di sostegno”).
La fecondazione extracorporea, sia omologa che eterologa, comporta sempre la produzione dell’essere umano di età embrionale all’interno di una provetta: l’atto coniugale non esiste, il concepimento, cioè il processo di avvicinamento e di adesione di spermatozoo e ovocita che termina con un nuovo vivente della specie umana, è determinato dalla tecnica e dall’intervento dei biologi. Per cui l’essere umano di età embrionale così concepito è il termine non di un atto sessuale, ma di una procedura tecnica. È appunto non generato, ma prodotto. È questa la ragione etica per cui qualsiasi tecnica di fecondazione extracorporea riduce l’uomo a un prodotto, e perciò è disumana, e quindi eticamente inaccettabile.
Dal punto di vista etico la fecondazione eterologa si presenta come una aggravante dell’illiceità della fecondazione: aggiunge una terza figura genitoriale e anche una quarta a seconda che si faccia uso di uno o due gruppi di gameti provenienti da persone terze rispetto alla coppia.
Quindi, fatte queste premesse sommarie sull’illiceità della fecondazione in generale e di quella eterologa in particolare, ci domandiamo: oggi un parlamentare che è convinto dell’illiceità della fecondazione cosa può fare? E poi un cittadino cosa può fare?
Per rispondere mi aiuto con un esempio. Tizio è determinato a compiere un’azione gravemente ingiusta che nelle previsioni produrrà molti danni a terzi i quali non hanno la capacità di difendersi. Io ho la possibilità fisica di compiere un’azione che nelle mie intenzioni e nella realtà fattuale produce il risultato finale di ridurre molti dei danni a carico dei terzi indifesi. Non c’è alternativa: o Tizio compie il suo gesto gravemente lesivo di terzi; oppure io intervenendo posso ridurre gli effetti disastrosi. In questo esempio io non solo agisco in modo eticamente ammissibile, ma ho il dovere di agire in questa direzione proprio perché ho il dovere etico di aiutare il terzo che non ha la capacità di tutelare se stesso.
Oggi il sistema giuridico italiano è determinato nel senso che consente l’accesso alla fecondazione omologa ed eterologa, la quale produce sempre dei danni notevoli a terzi indifesi, che sono gli esseri umani di età embrionale. Io, parlamentare, ho dichiarato apertamente la mia contrarietà a qualsiasi forma di fecondazione extracorporea, vedo che non è possibile costituire una maggioranza che vieti qualsiasi forma di fecondazione extracorporea, e che posso solo giocare la carta di ampliare le condizioni di accesso e i limiti e i divieti. Ad esempio elaborando un legge che richieda tre diagnosi di sterilità a distanza di un anno l’una dall’altra, dia sempre la possibilità di conoscere sempre e per qualsiasi motivo il genitore biologico, cioè colui o colei che ha fornito il gamete estraneo alla coppia.
Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica Evangelium Vitae (n. 73) presenta un caso simile: «Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. [...] Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui».
È vero che Giovanni Paolo II sta parlando dell’aborto e anche dell’eutanasia, ma sta applicando un principio generale a due fattispecie particolarmente gravi che ha definito come «crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare» (n. 73). E il principio etico generale consiste nel dovere che io ho di agire per fare in modo che la determinazione di Tizio produca il minor numero di danni a carico di terzi. Si tratta di un dovere di agire perché sono in gioco i diritti umani fondamentali di terzi indifesi e perché la prudenza giudica che non ci sono alternative realistiche. Quindi, se io non agissi, sarei colpevole di omissione: di non aver concorso a limitare i danni a terzi indifesi.
E una persona che non sia parlamentare cosa può fare? Insistere sulla serietà e completezza delle diagnosi di sterilità, che spesso sono superficiali e solo funzionali a indirizzare alla fecondazione extracorporea. E constatato che alcune cause di sterilità e infertilità derivano dalla promiscuità e da disordini sessuali, sarà anche doveroso insistere nell’educare all’affettività, alla castità e alla fedeltà coniugale.