L'imbarazzante lungo spot di Obama a Matteo Renzi
Un'accoglienza calorosa, forse troppo calorosa, quella riservata dall'inquilino della Casa Bianca al premier Matteo Renzi, nella sua ultima cena ufficiale, alla vigilia delle elezioni. Non ci sono precedenti, nemmeno di George W. Bush con l'amico Berlusconi. Cosa c'è sotto? Anche senza voler essere dietrologi...
Ha imbarazzato larga parte dell’opinione pubblica italiana lo spot pro-Renzi che per due giorni Obama e sua moglie hanno organizzato alla Casa Bianca. Uno degli uomini più potenti della terra, ormai prossimo a lasciare il suo incarico di Presidente degli Stati Uniti dopo due mandati, ha riservato al nostro premier l’ultima sua cena ufficiale e lo ha fatto accogliendolo con tutti gli onori e sponsorizzandolo senza remore agli occhi del mondo intero. Anche i più accaniti renziani sembrano un po’ disorientati da quest’accoglienza così smaccatamente calorosa, che è stata formalmente motivata con la consolidata amicizia tra i due Paesi e con gli eccellenti rapporti che Renzi ha saputo costruire in questi anni di governo con il suo alleato internazionale più importante.
Lo spiccato atlantismo del nostro Presidente del Consiglio, che peraltro potrebbe avere come contraccolpo un ulteriore raffreddamento dei suoi rapporti con l’asse franco-tedesco, appare comunque non sufficiente a spiegare la straordinaria e incondizionata apertura di credito che gli Stati Uniti gli hanno dimostrato in questa sua spedizione in terra americana, peraltro in compagnia di personaggi del calibro di Roberto Benigni e Raffaele Cantone.
Il cittadino medio si chiede con insistenza: che cosa c’è sotto? Quali meriti così elevati ha maturato sul campo il nostro governo negli ultimi anni per meritarsi un trattamento del genere da parte della potenza statunitense? Neppure George W. Bush fu così tanto prodigo di elogi ed endorsement nei confronti del suo caro amico Silvio Berlusconi quando era premier. Evidentemente, in questo caso, qualche spiegazione dietrologica potrebbe non risultare oziosa e fuorviante.
Anzitutto Obama è stato molto esplicito: gli italiani dovrebbero votare “si” al referendum di dicembre perché le riforme messe in campo dal governo italiano rappresentano il bene dell’Italia; qualora, però, nonostante questo, i “no” dovessero prevalere, Renzi non dovrebbe assolutamente dimettersi perché ha dimostrato capacità e il suo esecutivo merita dunque di proseguire il suo cammino. Dopo l’uscita infelice di qualche settimana fa dell’ambasciatore americano in Italia, ora perfino l’inquilino della Casa Bianca, in piena campagna elettorale pro-Hillary Clinton e in pieno clima referendario in Italia, entra a gamba tesa nelle vicende politiche del nostro Paese. Fossimo in Renzi, faremmo gli scongiuri, visto come è andata a Cameron dopo le pacche sulle spalle e gli elogi pubblici che lo stesso Obama gli aveva tributato.
Le ragioni di questo feeling Obama-Renzi potrebbero essere molteplici. Anzitutto, banalmente, una reciproca spinta alla corsa elettorale della Clinton e a quella referendaria di Renzi: appoggi incrociati, sostegno vicendevole di fronte all’opinione pubblica mondiale, per poter proseguire anche nei prossimi anni questo fruttuoso gioco di sponda. Sul fronte finanziario, gli intrecci tra JP Morgan e Monte dei Paschi di Siena potrebbero non essere estranei allo straordinario avvicinamento degli ultimi mesi tra i due Stati. Senza contare l’amicizia solidissima tra Renzi e Marchionne, che ormai ha delocalizzato gran parte delle attività Fca negli Usa.
Non secondari i riflessi che questo clima potrebbe avere in materia di diritti civili. Tutte le volte in cui il premier italiano è andato da Obama, al suo rientro ha premuto sull’acceleratore delle unioni civili. Casuale? Forse qualche indicazione sul tema alla Casa Bianca gliel’hanno data. Le lobbies che premono per la massima parificazione possibile tra coppie eterosessuali e omosessuali hanno forti ramificazioni negli Usa e i condizionamenti anche in questo senso sulle scelte politico-legislative italiane sono fortissimi.
Nei prossimi giorni capiremo se anche questa volta Obama ha dato a Renzi i compiti da fare a casa, sperando che nel prossimo futuro ci sia ancora lui a Palazzo Chigi e che quei compiti possa correggerglieli Hillary.