PROLUSIONE
Libia, anche la Cei chiede lo stop alle armi
Le modalità di intervento della coalizione occidentale hanno spinto il cardinale Bagnasco a correggere il tiro riguardo ai bombardamenti su Tripoli.
Attualità
28_03_2011
«L’invocato e improvviso intervento internazionale (in Libia, ndr) – ideato sotto l’egida dell’Onu e condotto con il coinvolgimento della Nato – ha fatto sorgere interrogativi e tensioni. (…) Ad intervento ampiamente avviato, auspichiamo che si fermino le armi, e che venga preservata soprattutto l’incolumità e la sicurezza dei cittadini garantendo l’accesso agli indispensabili soccorsi umanitari, in un quadro di giustizia». Così il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Angelo Bagnasco, ha parlato il 28 marzo nella prolusione che ha aperto il Consiglio Permanente della Cei unendosi a quanto già espresso dal Papa nell’Angelus del 27 marzo.
«Noi crediamo – ha proseguito Bagnasco – che la strada della diplomazia sia la via giusta e possibile, forse tuttora desiderata dalle parti in causa, premessa e condizione per individuare una “via africana” verso il futuro invocato soprattutto dai giovani. Ma anche per evitare possibili spinte estremiste che avrebbero esiti imprevedibili e gravi».
Si tratta di una novità importante perché solo otto giorni fa, il 20 marzo, il presidente della Cei, se non proprio entusiasta dell’intervento militare, si era mostrato comunque aperto facendo notare ai giornalisti che «il Vangelo ci indica il dovere di intervenire per salvare chi è in difficoltà. Se qualcuno aggredisce mia mamma che è in carrozzella io ho il dovere di intervenire». Di mezzo c’è però una settimana di bombardamenti che sono andati ben oltre l’obiettivo di difendere i civili, anzi: hanno aggiunto ulteriori sofferenze alla popolazione libica, provocando nuove vittime e la fuga di parte degli abitanti che cercando di trovare riparo fuori dalle città colpite.
Il presidente della Cei pare inoltre preoccuparsi di quello che verrà dopo un’eventuale sconfitta del leader libico Gheddafi, seppure il raìs non è mai nominato nel suo intervento. «Esiti imprevedibili e gravi» che verrebbero da «spinte estremiste» sono infatti da scongiurare, per questo è fondamentale non gettarsi in avventure belliche che hanno già dimostrato di essere controproducenti. Bagnasco ha quindi sottolineato di avere «personalmente» espresso al vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, «la vicinanza dell’Episcopato italiano e delle nostre comunità» attraverso la preghiera per tutto il popolo libico.
Un ulteriore motivo di preoccupazione nasce dal fatto che la questione della Libia è poi, per Bagnasco, da inserirsi nei più vasti «rivolgimenti» che attraversano tutto il Nordafrica e il Medio Oriente, di fronte ai quali deve essere ammesso «un evidente deficit di conoscenza circa la situazione interna ai vari Paesi». Un’ignoranza, aggiunge il presidente dei vescovi, dovuta al fatto che si è tenuto lo sguardo rivolto «più sull’immobilità dei regimi» che non «sulla vitalità dei popoli». E comunque si è rivelata «un’illusione» la speranza che «il mutamento potesse compiersi al riparo dalla violenza».