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Induismo

Libertà su cauzione per sei cristiani in India

Sono stati accusati di convertire con l’inganno al Cristianesimo attirando le persone con promesse di vantaggi economici e guarigioni miracolose

In India uno dei mezzi usati dagli integralisti indù per perseguitare i cristiani e per suscitare ostilità nei loro confronti è quello di sostenere che inducono la gente a convertirsi al Cristianesimo con l’inganno. Il 29 novembre, nel distretto di Sonbhadra, 42 persone sono state denunciate da Nar Singh, un membro dell’organizzazione nazionalista indù Vishwa Hindu Parishad, con l’accusa di aver tentato di convertire delle persone di casta inferiore con l’inganno, con la promessa di vantaggi economici. Al momento dell’arresto, gli agenti sostengono di aver sequestrato una grande quantità di libri religiosi, di materiale definito di propaganda e dei computer portatili. Pochi giorni dopo sei delle persone arrestate sono state rilasciate su cauzione nonostante che un avvocato governativo si fosse opposto accusandoli di aver convertito molte persone con false promesse tra cui quella di guarigioni miracolose. I giudici hanno infatti creduto agli imputati che hanno dichiarato prive di fondamento le accuse e hanno motivato il rilascio su cauzione, dicendo che “propagandare la religione e promuovere gli elementi positivi sulla religione non è un crimine”. La novità e l’interesse per questa sentenza, che peraltro non assolve gli imputati, non si capisce senza conoscere il contesto in cui è stata pronunciata. In una decina di stati della federazione indiana una legge proibisce e sanziona le cosiddette “conversioni forzate”. Tra quelli che l’hanno adottata c’è l’Uttar Pradesh che è anche uno degli stati in cui le violenze e gli abusi nei confronti dei cristiani sono più frequenti. Una denuncia di conversione forzata, anche vistosamente pretestuosa, comporta irruzioni della polizia, arresti, perquisizioni, intimidazioni. Le denunce dovrebbero essere ammesse solo se fatte dalle vittime o dai loro parenti, ma le autorità accolgono praticamente qualsiasi denuncia. Una direttiva ministeriale indirizzata tempo fa a tutte le forze di polizia – spiega l’agenzia AsiaNews nel dare la notizia – intima di “arrestare chiunque sia accusato di conversione da membri di organizzazioni indù, anche se l’accusa è palesemente infondata”. Per questo nell’Uttar Predesh attualmente sono in carcere 95 cristiani, tra fedeli e religiosi, incluso un sacerdote cattolico. Intervistato da AsiaNews, padre Anand Mathew, della Società dei missionari indiani di Varanasi, ha spiegato: “è assai spiacevole che negli ultimi mesi pastori innocenti che trascorrono del tempo con i fedeli di Gesù in preghiera siano accusati di conversione forzata. I cristiani nell’Uttar Pradesh stanno affrontando una grave persecuzione. La stampa, i media e i social diffondono false narrazioni. I pastori e i leader della comunità cristiana sono raffigurati come persone pazze che convertono e si convertono con la forza. La sacra Bibbia viene definita materiale di propaganda. Gli incontri di preghiera in cui non avvengono né battesimo né conversione sono definiti incontri di conversione”.