Libere su cauzione in Nepal le suore accusate di conversioni forzate
Erano state accusate di usare la distribuzione di cibo ai poveri come espediente per convincere la gente ad abiurare e a convertirsi al Cristianesimo
Anche in Nepal, dove oltre l’80 per cento degli abitanti sono indù, l’influenza dei fondamentalisti minaccia i cristiani. L’accusa di convertire a forza e con l’inganno al cristianesimo le persone che assistono è uno dei modi per screditarli agli occhi della popolazione e perseguitarli. Sono state liberate su cauzione l’11 novembre, dopo quasi due mesi di carcere, due suore coreane, suor Gemma Lucia Kim e suor Martha Park Byongsuk, della congregazione di San Paolo di Chartres, che gestiscono la St. Paul Happy Home, un centro che a Pokhara. città a 200 chilometri da Katmandu, offre ospitalità, cibo, educazione e assistenza sanitaria a circa 120 bambini di una baraccopoli. Erano state arrestate a settembre insieme a due volontari. Sono state arrestate perché denunciate di fare proselitismo e di convertire con l’inganno delle persone distribuendo cibo ai poveri, attività che hanno intensificato durante la pandemia. Il vicario apostolico del Nepal, monsignor Paul Simick, aveva subito respinto l’accusa come “del tutto immotivata e ingiusta”. Prima dell’arrivo delle suore nel 2009, gli abitanti della baraccopoli erano del tutto abbandonati a se stessi, privi di cure mediche e di altri servizi. Happy Home fornisce vitto, alloggio, istruzione, servizi medici e professionali a circa 120 bambini poveri. Suo Gemma e suor Martha dovranno comparire in tribunale nei prossimi mesi per rispondere delle accuse. In Nepal i cristiani sono l’1,4 per cento della popolazione. Il paese è 34° nell’elenco 2021 dell’onlus Open Doors dei paesi in cui i cristiani sono più perseguitati. La criminalizzazione dell’attività dei missionari cristiani è opera, come in India e altrove, dei fondamentalisti indù.