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IL PROGETTO DELLA TOSCANA

"Libera marijuana" per fini medici

Il Pd toscano vuole legalizzare l'uso della marijuana "medica". Il dibattito nello Stato della California dimostra che il rischio è quello di liberalizzarla.

Attualità 23_02_2011
maijuana
La Toscana vuole legalizzare l’uso, “a fini terapeutici”, dei fiori della canapa indiana. Lo vuole fare rifacendosi ai “casi pietosi”, esattamente come si pretese prima, durante e dopo il Sessantotto. Ma il rischio è quello poi di legittimare strappi alla legge e alla cultura comune, da allargare in seguito progressivamente.

Il consigliere regionale del Pd Enzo Brogi, promotore del disegno di legge “libera-marijuana”, ha dichiarato infatti di aver scritto il testo pensando alle “sofferenze dei malati” e, in particolare, di "una collega uccisa pochi giorni fa dal cancro. Mi raccontava quanto fosse importante assumere sostanze cannabinoidi prima di sottoporsi a chemio e per combattere dolore e nausea”.

Brogi, che da giovane è stato boy scout e, dal 1968, ha cominciato una militanza nella sinistra extraparlamentare che lo ha condotto dapprima ad aderire a Lotta Continua e, poi, ad iscriversi nel 1978, al PCI, sta ultimando la stesura della norma che farebbe della Toscana la prima regione italiana a prevedere il rimborso delle cure a base di cannabinoidi.

Qualcosa del genere esiste oggi solo in Puglia ma, in quel caso, l’uso della marijuana è regolato non da una legge regionale, bensì da una fonte normativa meno impegnativa, e perciò meno vincolante per l’evoluzione futura dell’ordinamento nazionale, come una delibera della Giunta regionale.

Il Consiglio Regionale toscano potrebbe approvare la legge antiproibizionista entro il prossimo maggio, garantendo così ai pazienti che decideranno di utilizzarla, per ora esclusivamente nelle strutture del Servizio sanitario pubblico, il diritto ad un rimborso totale delle spese. Brogi ha comunque già messo in chiaro di non escludere in futuro che la legalizzazione ed il rimborso della sostanza possano essere estesi anche all’utilizzo in casa, “sotto rigido controllo medico”.

Tutto ciò nonostante che, da ultimo nel 2003, il Consiglio superiore di sanità abbia documentato come la marijuana non costituisca affatto una droga “leggera”, bensì corrisponda a tutti i connotati di una sostanza tossica il cui uso origina danni fisiologici e psichici pesanti (producendo, da quest’ultimo punto di vista, sindrome amotivazionale, perdita di memoria, “piano inclinato” all’eroina, schizofrenia: tutti effetti provati scientificamente).

Come nel Sessantotto, anche oggi quello che succede in Italia non è altro che l’eco riflesso d’Oltreoceano. Già dal 2009, infatti, i coltivatori e commercianti statunitensi di "marijuana medica" sono liberi di svolgere la loro attività. Ad autorizzare l'uso terapeutico della cannabis senza intromissioni delle autorità federali è stato il presidente Obama e, già quattordici dei cinquanta stati americani ne autorizzano quindi la coltivazione e lo smercio come farmaco.

Ma così meno ostacoli si sono frapposti alla vendita di marijuana anche a chi non è malato, soprattutto in stati nei quali la sua coltivazione clandestina è enorme, come la California, dove tale sostanza è chiamata ormai il cosiddetto "diamante verde". E non a caso, già dalla fine del 2009 i deputati dello Stato della California hanno cominciato, finora senza successo, a discutere i possibili effetti di una proposta di legge per legalizzare, regolare e tassare l'uso personale della marijuana.

Questo perché la marijuana fa gola anche alle casse ormai esangui dello Stato della West Coast: si calcola che dalla legalizzazione potrebbero infatti arrivare quasi un miliardo e mezzo di dollari all'anno, come ha scritto qualche tempo fa il New York Times.

Le cure palliative sono importanti e ciò che si può fare per alleviare la sofferenza dei malati terminali va sostenuto. Ma sarebbe utile far conoscere e cercare di fermare il progetto apri-pista toscano, perché si rischia di spalancare una porta alla futura liberalizzazione della marijuana