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IL REFERENDUM FALLITO

Lezione rumena: la politica inquina le battaglie pro family

La politicizzazione del referendum sulla famiglia da parte del controverso leader socialista Dragnea, ha provocato il fallimento del quesito pro family in Romania: divorziato e riaccompagnato, con pesanti accuse di corruzione, ha polarizzato lo scontro. Questo dimostra quanto sia necessario continuare ad operare ad un livello antropologico, contaminando la politica, ma senza confondersi con essa.

Famiglia 09_10_2018

Una pessima organizzazione da parte del governo socialista, una lotta allo sfinimento da parte dei media contro i promotori civici, le poche risorse per la promozione del quesito e la politicizzazione dell’iniziativa da parte del controverso leader socialista Dragnea.

Sono queste le ragioni principali del mancato raggiungimento del quorum al referendum sulla modifica della definizione di famiglia nella costituzione, che si è tenuto sabato e domenica scorsi in Romania su proposta di una vasta coalizione civica che ha messo insieme realtà del laicato cattolico e ortodosso.

Ai seggi si è presentato il 21% degli aventi diritto, cioè quattro milioni di elettori, tanti ma non sufficienti a raggiungere quel 30% di affluenza necessaria a validare la consultazione popolare. Oltre il 91% dei votanti si è dichiarato favorevole alla modifica del paragrafo 1 dell’articolo 48 della costituzione della Romania.

Nella formulazione attuale, la carta costituzionale afferma infatti che “la famiglia è fondata sul matrimonio liberamente contratto dai coniugi”, mentre la proposta sottoposta al popolo precisava che il matrimonio viene contratto da “un uomo e una donna, uguali tra di loro, e si basa sul diritto dei genitori di assicurare la crescita, l’educazione e l’istruzione dei figli”. Un’iniziativa volta a mettere al riparo la legislazione del Paese balcanico dalle interpretazioni della giurisprudenza creativa e della politica, che, nell’Europa Occidentale, hanno portato al matrimonio egualitario, alle adozioni e all’accesso alle tecniche di procreazione per le coppie gay, negando così fin dall’origine il diritto ad avere un padre e una madre.

A pesare sul voto è stato l’appoggio al fronte del “sì” manifestato dal contestatissimo Liviu Dragnea. Il leader socialista rumeno, pregiudicato per frode elettorale e che si trova sotto inchiesta per corruzione.

Va detto che, se si escludono alcune sigle minori contrarie, la gran parte dei partiti politici romeni si sono schierati in favore dell’emendamento della costituzione o hanno lasciato libertà di coscienza. Tuttavia l’appoggio manifestato da Dragnea ha solo danneggiato la causa del referendum per diversi motivi. Secondo quanto riferiscono fonti locali alla Nuova BQ, ci sono anche ragioni di coerenza e testimonianza personale: il 55enne leader socialista ha appena divorziato dalla sua moglie e sta vivendo una relazione con una ragazza poco più che ventenne. In molti hanno fatto facile ironia su modello di famiglia che l’esponente socialista abbia voluto difendere. Dragnea è inoltre alle prese con un nuovo processo penale, che proprio in questi giorni lo ha chiamato in udienza in tribunale.

Ma più di ogni altra cosa, ha influito il clima di sfiducia verso il governo di sinistra di cui Dragnea è il vero play maker, essendo presidente del partito Partito social democratico, prima forza della maggioranza. La violenta repressione delle manifestazioni di agosto contro la corruzione non ha precedenti nella storia della Romania post comunista. Molto osservatori ritengono infatti che la bassa affluenza sia dovuta alla volontà di sfiduciare l’esecutivo e la coalizione che lo sostiene.

Bisogna prendere atto poi che in questa prima battaglia etica della Romania democratica, tutti i grandi media erano schierati con il fronte dell’astensione teso a far fallire il referendum. E sicuramente non ha giovato nemmeno il continuo rinvio del voto e il conseguente prolungamento eccessivo della campagna referendaria, che hanno smorzato lo slancio iniziale della Coalition for Family che ha lanciato l’iniziativa nell’ottobre del 2015.

Dal canto suo, il presidente della Coalizione per la Famiglia, Mihai Gheorghiu, ha riconosciuto il risultato delle urne e ha ringraziato gli organizzatori per aver saputo resistere “all’immensa macchina propagandistica di manipolazione anti-referendum”.

Proprio per i motivi appena elencati, dalla Romania arriva una grande lezione per i gruppi pro family di tutto mondo. È dunque necessario continuare ad operare ad un livello meta politico e antropologico, contaminando la politica ma senza confondersi con essa.

Alla coalizione delle oltre 40 sigle promotrici del quesito va comunque riconosciuto il merito di aver mobilitato 4 milioni di persone  intorno ad un tema eticamente sensibile, in un Paese dove le emergenze economiche e sociali sono ancora molto pressanti. Sotto le insegne della difesa della famiglia naturale si è profuso l’impegno di cattolici e ortodossi, che hanno vissuto questa sfida con spirito ecumenico. Anche il clero di entrambe le confessioni cristiane sembra aver rafforzato la sua consapevolezza sul valore del nucleo fondante della società.

La Chiesa, si legge in un comunicato dei vescovi cattolici ripreso da VaticanNews, “non cessa di annunciare il Vangelo della famiglia con coraggio e speranza. Alla luce degli insegnamenti di Cristo, l’unione fra uomo e donna è fortificata e sigillata dal sacramento del Sacro Matrimonio, che la Chiesa conferisce a tutti quelli che lo chiedono con cuore sincero e si impegnano a vivere secondo le esigenze evangeliche di fedeltà, rispetto, aiuto reciproco e indissolubilità dell’amore. Allo stesso tempo”, si afferma ancora nel comunicato, “la Chiesa incoraggia i genitori ad essere aperti alla vita e li accompagna nella cura per l’educazione dei figli”.

Dopo l’esito del voto si è fatta sentire anche la Chiesa ortodossa romena, che ha affermato di “aver compiuto la sua missione civile e morale nello spazio pubblico, dove ha sostenuto e difeso l’identità e il valore della famiglia come istituzione umana creata e benedetta da Dio”. 

Resta quindi il dono di una maggiore unità sui principi della famiglia. Intanto nella legislazione romena non cambierà nulla. Non saranno legalizzati i matrimoni tra persone dello stesso, tanto meno esperimenti di ingegneria sociale che prevedono la filiazione per single e gay, tuttavia la Romania sarà ancora esposta ai pericolosi venti delle ideologie.