Leopardi "castrato" dai cattolici. E Martone da chi?
Giacomo Leopardi è «letto sì nelle nostre scuole», ma gli hanno tagliato «lo spirito ribelle». E ancora: «Per un Paese cattolico come il nostro riconoscere che il più grande poeta era un ateo non va bene». A straparlare così su Le Monde è il regista Mario Martone. Sciocchezze gigantesche: ma che scuole ha fatto Martone?
Adesso è tutto chiaro, ora sappiamo com’è che da un grande poeta un tipo come Mario Martone abbia potuto cavarne una caricatura da far piangere anche i sassi. Il sedicente regista, autore de Il giovane favoloso, sedicente film su un ancor più sedicente Giacomo Leopardi, ha straparlato in francese sul poeta di Recanati. Lo ha fatto per reclamizzare la sua fiction storiaccia, in uscita anche in Francia, istigato da Le Monde, prestigioso quotidiano della haute culture parigina e dalle bassissime tirature (il club degli intellò è sempre a numero chiuso).
Già di suo Martone non è quel che si dice un intenditore, di poesia e letteratura poco ne capisce e ancor meno ne mastica. Se è arrivato a definire Leopardi un “Kurt Cobain dell’Ottocento” qualche (insana) ragione ci deve pure essere: da ricercare forse nella sua scarsa dimestichezza con la musica pop rock contemporanea, ma ancor più con i classici della nostra letteratura. Al liceo, se l’ha frequentato, il nostro regista della rive gauche deve aver sommato parecchi giorni di assenza, proprio in quel mese quando la prof spiegava Leopardi. Non c’è bisogno di addurre prove e testimonianze a carico: chi abbia visto il suo “giovane favoloso” sa di che parliamo.
A Le Monde, il regista rivela che Leopardi è «letto sì nelle nostre scuole», ma con selvaggi tagli e vergognose censure per eliminare «lo spirito ribelle». Insomma, non solo il povero Giacomo ebbe ad affrontare le angherie della “natura matrigna”, ma oggi anche la cattiveria dei posteri: lui che era il Kurt Cobain di Recanati (ma la Silvia era forse Courtney Love?) è stato ammansito e travestito da melodico agnello allo scopo di non sobillare le menti degli studenti. Il motivo? Occhio che qui Martone la spara grossa: «Per un Paese cattolico come il nostro riconoscere che il nostro più grande poeta era un ateo non va bene». Urca, e poi dica signor regista quel che ha scoperto ancora. Et voila: Leopardi rientra nella «parte rimossa dell’Ottocento» perché «contrariamente ai francesi che conoscono bene le contraddizioni della Rivoluzione francese, gli Italiani invece hanno una visione unilaterale della loro storia. Il che testimonia la nostra profonda incapacità di diventare maturi». Bella lisciata di pelo alla laicitè della Répubblique: massì, vive la France e vive Le Monde.
Fare le pulci a uno così è come infilare un cane in un pulciaio: ce n’è abbastanza per riempire un mercato grande come Les Halles. Non resiste alla tentazione il professor Ernesto Galli Della Loggia che sul Corriere della Sera fa lo scalpo e pure qualcosa che sta più in giù all’incauto regista. Scrive: «È a questo punto che uno si chiede: ma a questo Martone la maturità chi gliel’ha data? Che studi ha fatto? Di più: dove ha vissuto? Visione unilaterale della nostra storia? Ma ha mai sentito parlare di Croce, Gramsci, Salvemini, Chabod, De Felice, per dirne qualcuno? Ha mai letto le pagine che ha dedicato a Leopardi tal Francesco De Sanctis (per sua informazione: un noto italianista dell’Ottocento di qualche influenza, e non proprio amicissimo dei preti)?». Beh, troppe letture al fuoco, professore, e poi, come diceva quel tale, inutile gettare le perle ai porci o a chi, come giustamente lei scrive, «alla prosopopea ignorante aggiunge il solito omaggio servile verso gli stranieri, che è tipico del semicolto italiano quando è ammesso finalmente a frequentarli».
Ok, potremmo anche finirla qui, se non fosse per quel “cattolico” rifilato al Belpaese per spiegare l’origine di tutte le castrazioni di spiriti ribelli e nobili arruffapopoli. E anche quell’ateo appiccicato con il bostik al poeta che suona davvero offensivo. Leopardi miscredente? Beh, quello scimmiottato nel film di Martone è ancora peggio: è una mezza tacca di uomo, un eterno adolescente sfigato e malinconico, con il problema irrisolto del padre-padrone (sai che originalità), voyeur sessualmente represso e pure con tendenze gay. Tutto un dèjà-vu nelle peggiori antologie da scuole serali, ruoli e stereotipi a gogò che non potevano aver miglior interprete di quel Elio Germano, artisticamente espressivo come un gelato al limone. Sarebbe questo il “giovane favoloso”, questo Kurt Cobain de noantri senza “cosi” e senza cervello? Che ne ha fatto, il disgraziato Martone che straneggia su Le Monde, della genialità drammatica e religiosa (altro che ateo) del poeta, delle sue domande sulla vita, dell’inesauribile desiderio di senso, di quell’oltre misterioso sempre sfuggente? Domande che bisognerebbe rivolgere a un regista, se ci fosse.
L’Italia cattolica ha narcotizzato Leopardi: una scemenza che fa ancora una volta premio alla irriducibile banalità di Martone, regista a nostra insaputa. Che per compiacere ai laiconi d’Oltralpe si ficca nei pantaloni alla zuava dell’anticlericale ottocentesco, tutto baffoni e massoneria. Con tale look sale e predica per bacchettare la religione cattolica oscurantista, l’insegnamento censorio della Chiesa e l’ingerenza del Vaticano nelle coscienze della gioventù italiana. Vabbè, varrà forse la pena ricordare allo smemorato cinematografaro che vengono proprio dai cattolici le letture più belle e interessanti del poeta di Recanati. Ma con il sior Mario, il Voltaire all’amatriciana di Cinecittà, è impresa difficile, quasi impossibile.