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L'EDITORIALE

L'emergenza educativa nei seminari

Un prete lascia i parrocchiani per entrare nella Fraternità San Pio X. In passato tante "fughe" hanno riguardato sacerdoti che lasciavano per sposarsi. La questione dell'educazione nei seminari...

Editoriali 05_01_2011


Bisognerà attendere per conoscere le motivazioni che hanno spinto un trentottenne parroco vicentino, don Massimo Sbicego, a lasciare la parrocchia senza dare alcuna spiegazione ai fedeli per entrare nella Fraternità San Pio X fondata da mons. Lefebvre.

La notizia fa scalpore perché negli ultimi anni siamo stati abituati a ricevere notizie di «fughe» di tutt’altro segno. Proprio dal Veneto, in tempi recenti, diversi sacerdoti hanno infatti lasciato l’abito e il servizio sacerdotale, in qualche caso dopo che le relazioni intrattenute avevano generato o stavano generando una nuova vita.

Normale, dunque, che la prima reazione di chi – magari conoscendo poco il prete in questione – ha appreso della «fuga» sia stato pensare a qualche sbandata sentimentale. Resta aperta più di una domanda sulle motivazioni che hanno spinto don Massimo a questa scelta. Da sacerdote e parroco, dopo il Motu proprio Summorum Pontificum, aveva la facoltà di celebrare la messa tridentina.

Avendo, possiamo immaginarlo, una sensibilità liturgica tradizionale, certamente le celebrazioni della messa secondo il rito romano ordinario saranno state impeccabili. Non siamo qui di fronte a un fedele o a un gruppo di fedeli esasperati dal protrarsi di abusi, che decidono di frequentare la messa antica.

Se un prete che si è formato in un seminario cattolico e per molti anni ha prestato servizio alla Chiesa locale in comunione con i suoi pastori, decide di lasciare il suo ministero per entrare in un gruppo ancora non pienamente in comunione con Roma, dev’esserci dell’altro. Se infatti si fosse trattato soltanto di sensibilità liturgica, si può immaginare che don Massimo avrebbe scelto di trasmigrare nella Fraternità San Pietro, dove si celebra l’antico rito, ma che è in piena comunione con il Papa.

Aspettiamo dunque di conoscere ciò che ha spinto il sacerdote a questa scelta, anche perché, crediamo, i suoi fedeli, quella porzione del popolo di Dio che gli era stata affidata in cura, ha diritto di sapere che cosa l’ha spinto. Quello che non si può fare a meno di notare, invece – e qui il riferimento non è più a questo caso, ma molto più generale – è l’esistenza di un’emergenza educativa anche nei seminari.

Lo sapete, l’emergenza educativa nella società italiana, tema lanciato da tempo da Benedetto XVI, è il terreno dell’impegno specifico della Chiesa italiana nei prossimi anni. La secolarizzazione, l’assoluta fragilità, l’incapacità di prendere impegni che siano davvero «per sempre», non sono soltanto caratteristiche riguardanti il mondo dei fedeli laici. Riguardano anche la Chiesa.

E i casi di abbandono dei giovani preti ci parla di un’emergenza educativa anche nei seminari. Anche a un laico regolarmente e felicemente sposato può capitare di invaghirsi di un’altra donna. Ma questo non significa che egli debba seguire questo istinto o questa passione.

Allo stesso modo, di fronte alla facilità con cui talvolta certi preti lasciano l’abito per sposarsi, c’è da chiedersi quanto solida sia stata la loro formazione, quanto siano stati seguiti nel cammino vocazionale, quale esperienza di amicizia vera e di aiuto reciproco abbiano costruito con i loro confratelli, quale sia stato il loro rapporto personale con il vescovo, che del seminario è il primo responsabile.

E dunque, senza azzardare improponibili paragoni, la scelta di don Massimo colpisce negativamente, perché decidendo di lasciare la parrocchia e la diocesi per entrare nella Fraternità San Pio X è come se attestasse l’esistenza di due Chiese inconciliabili, rinunciando a lavorare e a impegnarsi per dar spazio e far crescere una certa sensibilità dentro la Chiesa cattolica in comunione con il Papa, seguendo proprio la parola e l’esempio di Benedetto XVI.

Anche nel caso suo, così diverso – ripetiamo – da quello degli abbandoni per cadute morali, restano aperte tante domande, sulla formazione ricevuta in seminario e sul rapporto con il vescovo. Di fronte alle fragilità e alle fughe, di fronte al prevalere delle opinioni sul magistero, del dissenso e della fede fai-da-te sulla comunione con Pietro, come pure, come in questa circostanza, di fronte al prevalere dell’attaccamento a una tradizione che viene percepita come inconciliabile con la fede oggi professata e vissuta nella Chiesa, resta dunque aperta una grande domanda sull’emergenza educativa nei seminari.