Le rivolte arabe fanno male ai cristiani
Una petizione lanciata al Meeting di Rimini ricorda che, ogni anno, 100mila cristiani vengono uccisi. Emerge la responsabilità di Europa e Stati Uniti: Egitto, Tunisia, Libia, Siria, ovunque si sia intervenuti al fianco delle "primavere arabe" i cristiani subiscono il peggio.
Grazie anche alle discutibili scelte politiche dei paesi europei la situazione dei cristiani in Medio Oriente e nel Nord Africa è rapidamente peggiorata. E’ quanto emerge dai vari rapporti sulla Libertà religiosa mentre al Meeting per l’amicizia fra i popoli in svolgimento a Rimini parte un appello per i cristiani perseguitati che si può firmare sia nei locali della Fiera di Rimini, dove si svolge il Meeting, sia online sul sito del Meeting di Rimini.
L’appello ricorda giustamente che «ogni anno nel mondo, oltre 100mila cristiani vengono uccisi e molti altri sono costretti a subire ogni forma di violenza: stupri, torture, rapimenti, distruzione dei luoghi di culto». E ricorda anche che «esistono anche forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i loro simboli religiosi», con chiaro riferimento a ciò che accade in Europa.
Ma guardando alla mappa delle persecuzioni emerge con chiarezza che - accanto a situazioni ormai purtroppo consolidate come i paesi islamici e l’India del fanatismo nazionalista indù – negli ultimi anni c’è una realtà in cui la situazione è peggiorata nettamente: ovvero quella dei paesi interessati dalla cosiddetta “primavera araba”. Come nota l’ultimo Rapporto sulla Libertà religiosa (2012), pubblicato dall’Aiuto alla Chiesa che soffre, la situazione è diventata preoccupante in paesi che, sotto il profilo della libertà religiosa, prima delle rivolte arabe godevano di una relativa calma, come Tunisia, Egitto, Libia e Siria.
L’Egitto è cronaca di questi giorni, con decine di chiese assaltate e distrutte su preciso ordine dei Fratelli musulmani (ma anche villaggi e attività commerciali dei cristiani sono state prese di mira). E anche sulla Siria abbiamo più volte dato conto della difficile situazione in cui si trovano i cristiani a causa della guerra civile. Nella Libia del post-Gheddafi la situazione si è fatta difficile soprattutto nella Cirenaica dove più volte sono state denunciate violenze nei confronti dei cristiani ad opera di gruppi salafiti che agiscono indisturbati contando anche sul fatto che la situazione nel paese è caotica. E anche in Tunisia l’ascesa al potere degli islamisti ha notevolmente peggiorato al situazione.
Ed è qui che entra in gioco la responsabilità di Europa e Stati Uniti: sia per l’appoggio acritico alle rivolte che hanno portato gli islamisti al potere (vedi Egitto e Tunisia) sia per la guerra voluta in Libia per spodestare Gheddafi, sia per la guerra civile alimentata in Siria illudendosi di poter facilmente togliere di mezzo Assad e sostituirlo con un governo non più amico dell’Iran.
Tutto ciò ha prodotto come era facilmente prevedibile la penetrazione dei gruppi fondamentalisti in tutta questa regione sia attraverso le elezioni (Egitto e Tunisia) sia attraverso il controllo delle milizie.
Non c’è dubbio che l’aver provocato e favorito situazioni di conflitto che ora sono fuori controllo – come in Libia e Siria – non fa altro che rafforzare il fondamentalismo e il terrorismo che vede nelle comunità cristiane le prime vittime.
Non basta dunque votare risoluzioni – come al Parlamento Europeo – per la difesa dei cristiani nel mondo, è necessario che Unione Europea e singoli governi (compresi gli Stati Uniti) cambino rapidamente rotta nelle politiche internazionali lavorando per la pacificazione e smettendo di aiutare direttamente o indirettamente le correnti più estreme dell’islam politico.