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GIOVANI

Le domande "ultime" (ma proprio ultime) di Severgnini

Le domande dei ragazzi, lo spaesamento di genitori e adulti, le cronache crudeli di ragazzine minorenni che si vendono per avere l'ultimo modello di smarphone. C'è un'emergenza giovani? Leggete cosa dice, in proposito, Beppe Severgnini, giornalista e commentatore.

Educazione 05_07_2014
Beppe Severgnini

Settimana faticosa e piuttosto movimentata, quella appena trascorsa, per l’elegante e ineffabile Beppe Severgnini. Due volte in cinque giorni su e giù da treni e aerei, con l’aria condizionata a manetta e i timpani danneggiati da una torma di schiamazzanti giovinetti e frizzolose ragazzine. Lo fa sapere lui stesso nella bella rubrichetta che tiene settimanalmente sul Corriere della Sera, dedicata agli Italians (Beppe l’ha chiamata così, perché lui è nato con l’inglese incorporato e scrive mentre pasteggia con bacon and eggs). Prima seduto sulle rosse poltrone di Italo, il supertreno montezemoliano (la citazione del presidente per gli opinion maker del Corrierone è d’obbligo) e poi in decollo verso l’Irlanda, il giornalista-viaggiatore racconta ai lettori l’incontro inaspettato con la migliore gioventù. 

Tredicenni (quelle sul treno) dirette al concerto degli One Direction, e adolescenti in volo verso una vacanza studio (prima vacanza, poi studio puntualizza il carognino british) a Dublino e dintorni. Sotto “l’occhio vitreo”, ci avverte, di un accompagnatore che pare “un nostromo di Conrad prima della tempesta”. Oh yes. Ecco, l’amarcord è già stappato e il nastro corre veloce sul rewind, mentre gentili hostess servono dolci ricordi e memorie appena sfornate. Occhi chiusi e note degli U2: sull’aereo che porta a Dublino va in scena il sogno di mezza estate del forever young Severgnini. «Anche noi, quarant’anni fa, andavamo in vacanza-studio. L’età è simile, quel valico tra infanzia e gioventù che nella memoria assumerà contorni leggendari. Un’estate lontana, questi ragazzi del 2000 (!) ricorderanno Beatrice seduta al posto 3C, cui passavano il cellulare dopo aver scritto un messaggio (la carta ha perso fascino, non si può inoltrare e si sciupa in tasca)». My God, che nostalgia canaglia. 

Fine della cronaca e avanti con il sermone. Che parte dai ragazzi «con i quali», mette le mani avanti, «è istruttivo viaggiare perché è un esercizio di tolleranza e un corso di umiltà», e atterra diretto sulla testa degli adulti, dei padri e delle madri di questa generazione “sdraiata” (il copyright è di Michele Serra) e molto “smarphone” (e questo è di Beppe) spaesati e disarmati davanti a figli che non capiscono più. E uno pensa: finalmente ci siamo, ecco un tema degno di un giornalista di razza e di un osservatore coi fiocchi. Invece… Invece il messaggio del Grande Osservatore è semplice, quasi banale, una filosofia soffice e ultra-light, calibrata sull’ovvio delle cose. E pure low cost come il volo per l’Irlanda. «I ragazzi, tra i dodici e i sedici anni», dice caschetto d’argento, «fanno cose che il resto degli umani non capisce. Ma non deve capirle. Deve accettarle, e impedire che diventino pericolose».

Ecco, cari genitori e educatori allo sbando: che vi agitate affà? Calma e gesso, tanto prima o poi quei bambocci dei vostri figlioli troveranno la strada giusta. Magari anche un posto in tv o come opinionista al Corriere. E poi, su con la vita che il lavoro per genitori e adulti non è mica così difficile: basta un pizzico di “tolleranza” e savoir faire. «Noi non siamo dinosauri, ma dobbiamo accettare che siano apparse nuove specie, che sotto quei cappellini fosforescenti e al riparo di quelle cuffie enormi ci siano teste diverse che pensano diverso. E qualcosa combineranno, se sapremo proteggerle senza gridarlo in giro». Già, noi non saremo dinosauri, ma lui è un imbattibile velociraptor a sbolognare le patate che scottano. Bon, messa così l’emergenza giovani che educatori, sociologi, preti e cassandre assortite ricordano un giorno sì e l’altro pure, pare solo una pioggerellina passeggera. Rilassatevi, consiglia l’ayurvedico Severgnini, mettetevi comodi e tornare a ronfare. 

Eppure, in questa strana atmosfera zen c’è qualcosa che non quadra. Glielo ricorda un giornale abbandonato sul sedile vicino: in prima pagina ci sono gli sviluppi dell’inchiesta sulle baby prostitute dei Parioli e anche il catartico giornalista ha un sussulto di realtà, Turbato, ma appena un po’, non può evitare di pensare che «un uomo adulto che non vede l’ansia e la gioia sotto quei bronci e quei primi trucchi è un malvagio (sessanta malvagi sono in giro per Roma, pronti alle vacanze, anonimi e per ora impuniti)». Dai, Beppe, così vai bene, ci hai messo un po’ ma adesso sei al dunque. «Azzurra e Aurora — i nomi scaltri scelti dagli sfruttatori — potrebbero essere due di queste giovanissime italiane in transito. Ragazzine che gridano, spingono e ridono, in simbiosi con una felpa e quattro amici. A loro, noi adulti possiamo chiedere solo una cosa».

Ecco, il domandone finale che tutti aspettavano: da qui possiamo ripartire e ragionare, altro che non c’è niente da capire. Allora, professor Severgnini, che cosa vorrebbe chiedere ad Azzurra e Aurora e a tutti i ragazzi e le ragazze che oggi con lei volano verso l’Irlanda in cerca disperata e gioiosa di senso e felicità? Lo dica pure in italiano, che così capiamo tutti: qual è la sua domanda, mister? «Questa: nell’autobus verso l’aereo, perché diavolo indossate lo zaino, così da occupare il doppio dello spazio?». Sorry, forse non abbiamo capito bene oppure ci sfugge la profondità della metafora dello zainetto troppo ingombrante. Che sia l’allegoria dell’inquietudine giovanile scandalosamente sfacciata e sporgente?

La chiusa di Beppe giramondo è a metà tra Kafka e Checco Zalone, tra lo “Straniero” di Camus e l’onorevole Razzi nell’imitazione di Crozza: «Anche a questa domanda, come a tante altre, non otterremo risposta. E dobbiamo accettarlo». Vabbè, finiamola qui. Una volta Severgnini, facendo il verso a Michelangelo, disse che «scrivere è come scolpire: occorre soprattutto togliere con un obiettivo in mente e un po’ di ironia nelle dita». Ok, caro ironico scalpellatore made in London, ma così hai "tolto" troppo e invece di una statua è venuto fuori solo un nanetto da giardino.