L'ateismo dei cristiani
Nessuna critica a sacerdoti o vescovi, ma la vicenda della partecipazione cattolica al Padova Pride Village impone delle considerazioni sul nostro essere nel mondo. Vale ancora la pena di combattere la concupiscenza della carne? Esiste ancora il fascino, il coraggio di lasciare tutto per la “perla preziosa”? O ci vergogniamo del Vangelo? Diceva un bravo vescovo che «l‘ateo più pericoloso è il Cristiano che vive come se Dio non esistesse».
Mi ha molto colpito il caso della annunciata partecipazione cattolica al Padova Pride Village. Premetto che la mia non vuole essere una critica rivolta a taluni sacerdoti, o vescovi… o la Chiesa in generale, riguardo all'atteggiamento da tenere nei confronti di persone di qualsiasi tendenza sessuale. Del resto la Bibbia è chiara, basta rileggersi la vicenda di Sodoma (Gen. 19, 5ss).
Ma, tuttavia, voglio manifestare il mio sconcerto personale, la mia fatica spirituale, il mio tentennamento umano di fronte alla confusione, per non dire nebbia totale, sui giusti confini tra l‘essere cristiani e l’impegno reale, quotidiano nel tessuto di oggi.
Il tema dell'omosessualità è anche giusto da affrontare, ma in circostanze diverse. L’ufficialità di presenze religiose e il sostegno offerto al contesto sopra citato, come definirlo: è uno scivolone oppure oggi è un approccio normale?
Non mi preoccupo di tenere un atteggiamento reverenziale verso una moderna percezione che oggi, si ha, dei “diritti personali”, o meglio “individuali". Piuttosto guardo a tutti questi avvenimenti che toccano da vicino anche la Chiesa, da un’angolatura particolare della mia storia. Perché mi sento coinvolta come “suora”, come “educatrice” e come responsabile che, quotidianamente è a contatto con molti giovani, e sento forte la necessità di creare nei giovani una coscienza, dei sentimenti positivi e soprattutto di educarli all’ascolto della Parola di Dio, attraverso la preghiera; alla consapevolezza della potente presenza dello Spirito Santo che alimenta la fiamma della Fede; a riconoscere in mezzo a noi la presenza di Maria, che con gioia e umiltà, ci aiuta a percorrere “ la via stretta” del Vangelo!
Certo che la persona, indiscutibilmente, è anche la sua sessualità: l’individuo, o la persona, è “sessuata” sin dal concepimento. Questo significa che, lungo il corso della sua vita, è impossibile, per la persona, non esprimersi anche sotto questo profilo.
Nessuno, e ripeto nessuno, nega questa imprescindibile e fondamentale connotazione della nostra esistenza e dell’esistenza di ogni persona umana.
Ma da suora, mi chiedo se per le persone consacrate è valido ancora “l’essere nel mondo… ma non del mondo”. Vale ancora la pena di combattere “la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita”? (1Gv. 2, 16).
Esiste ancora il fascino, il coraggio di lasciare tutto per la “perla preziosa”? E, a riguardo, esiste ancora un processo formativo in tal senso?
Forse, il “mondo”, inteso non come Creazione che è “dono di Dio” con tutto ciò che comprende, ma, evangelicamente inteso come realtà che non riconosce Gesù (Gv. 1, 10), e anzi, che odia la Sua Parola, e non ne sopporta le regole, non esiste più? La condizione di vita che Gesù insegna, forse non è più proponibile? Il corpo come “tempio dello Spirito” era una ideazione fantastica di S. Paolo e di questi due millenni di Chiesa ormai, oggi, superata?
Personalmente, sarei bugiarda, nella mia scelta di vita consacrata, se affermassi di aver rinunciato all’Amore, alla mia sessualità e alla vita! Anzi, al contrario, pur non esercitando, nella sua fisicità, la sessualità mia propria di donna, non mi sono mai sentita né castrata, né mutilata nel sentimento materno che è proprio della connotazione umana femminile; perciò, non credo di aver mai rinunciato, ripeto, pur nella castità del mio corpo, né all’Amore, né alla vita!
Non è che, per piacere a qualcuno… oggi dobbiamo “arrossire del Vangelo” o a parte di esso? Problema già evidenziato da S. Paolo: “Infatti non mi vergogno del Vangelo, poiché è Potenza di Dio per la Salvezza di chiunque crede”(Rom. 1, 16)
Ma ci siamo dimenticati che, la società e il mondo, sono un immenso “Aereopago”, come dice San Paolo, da evangelizzare?
A me, a te che leggi, al sacerdote, al cristiano, al vescovo… Gesù, semplicemente, chiede di affrontare questa sfida con coraggio, perché la Fede è come la “dinamo” della bicicletta: “più pedali più illumina”.
Ma com’è possibile se il vero e unico antidoto al male è Gesù, con la sua proposta di vita e conversione, presentarlo oggi così sbiadito e annacquato?
La persona oggi sembra essere ridotta alla pura dimensione orizzontale, ma in questo modo si dimezza l'uomo.
Le giustificazioni in queste occasioni sono sempre uguali: “La fede ha, come obiettivo, la promozione umana in tutte le sue dimensioni", "E poi, non ci si può salvare in qualsiasi religione?"; "Ma non vedi come ferve, oggi, il dialogo interreligioso?"; "E che dire poi dell’accoglienza? Tutto questo non è Vangelo?"
Ma, dopo 2000 anni, vuoi vedere che la vita di Gesù è da “interpretare” e non da vivere? E la Religione, oggi, non è più una norma valoriale sulla quale impostare il nostro agire? Il Vangelo, e l’intera Parola di Dio, non è più da considerarsi come un importante correttivo alla nostra condotta giornaliera?
Pare che tema unico, o pensiero unico, sia quello di “godersi” la vita, anche nei suoi aspetti carnali: il diritto all’amore e alle sue adeguate espressioni sembra coprire oggi, anche per i religiosi, tutto l’orizzonte umano e spirituale!!!
Eppure la stessa Conferenza Episcopale Italiana, qualche anno fa, scrisse in un suo documento che: “il mutamento delle condizioni di vita è stato così vertiginoso che esso ci è largamente sfuggito di mano…!” (23 ottobre 1981: “Chiesa Italiana e la prospettiva del paese”)
Conobbi personalmente molti anni fa monsignor Carlo Ferrari, un grandissimo vescovo (sia a livello spirituale che umano e intellettuale) di Mantova. In un convegno, svoltosi proprio a Mantova sulle prospettive future del cristiano, metteva profeticamente in guardia, proprio coloro che si dicevano cristiani, da un ateismo di fatto: “Il vero ateo? Non esiste! L‘ateo più pericoloso è il Cristiano che vive come se Dio non esistesse”.
Ecco il punto: vivere come se Dio non esistesse. Questo è il vero dramma dei cristiani. Chi ci parla oggi di Gesù? Di santità? Di sequela di Cristo? Persino la Catechesi, lo “spezzare la Parola di Dio”, il sentirci ed educarci alla Comunità Cristiana, alla condivisione Eucaristica … pare siano punti quasi totalmente trascurati.
Giovanni Paolo II, nei discorsi al Simposio dei Vescovi d’Europa a Roma nel 1985 e alla Conferenza Episcopale della Scandinavia nel 1989, invitava a: “Rifare il tessuto cristiano", “Ritrovare il grande soffio dello Spirito…”, “Recuperare le fondamenta perdute della Fede”, “Rilanciare l’afflato missionario delle nostre Comunità Cristiane”.
Vogliamo ascoltare i nostri Santi? Vogliamo ascoltare Gesù?
* Comunità Shalom - Palazzolo sull'Oglio