L'arte e la passione di Giovanna d'Arco
La passione di Giovanna d'Arco ha ispirato fin dal XV secolo numerose opere letterarie, musicali, cinematografiche, teatrali, televisive e persino fumetti e videogiochi. Giovanna è poi la protagonista dell’Oratorio, con ruoli parlati, Jeanne d'Arc au bûcher di Arthur Honegger su testo di Paul Claudel (1938).
590 anni fa, il 30 maggio 1431, moriva a 19 anni una giovane santa francese, La pulzella d’Orléans, cioè la vergine, come è chiamata da tutti e da Friedrich Schiller nel suo omonimo dramma del 1801: Giovanna d’Arco.
Accostandola a santa Caterina da Siena, Benedetto XVI definisce entrambe «due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo. Sono forse le figure più caratteristiche di quelle “donne forti” che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia» (Benedetto XVI, Udienza Generale, 26 gennaio 2011).
Nata nel 1412 a Domrémy, un villaggio del nordest francese, analfabeta, a 13 anni sente le «voci» dell’arcangelo san Michele e di altri santi che la impegnano in un grande progetto: liberare il suo popolo dagli Inglesi e sostenere la legittimità del trono del Delfino di Francia, il futuro Re Carlo VII. La “Guerra dei cent’anni”, combattuta tra Francia e Inghilterra dal 1339 al 1453, si volge a favore dei francesi proprio grazie alle prodigiose vittorie militari, a cominciare dalla liberazione di Orléans, e al crescente consenso popolare che Giovanna riporta alla testa di un’armata. I borgognoni la catturano durante un’azione militare a Compiègne, la imprigionano e la vendono agli inglesi. A Rouen, dopo l’iniquo Processo di Condanna, tra febbraio e maggio 1431, è condannata per eresia e stregoneria e arsa viva. Riabilitata completamente da papa Callisto III, dopo il lungo Processo di Nullità della Condanna nel 1456, sarà canonizzata da papa Benedetto XV nel 1920.
La passione di Giovanna d'Arco ha ispirato fin dal XV secolo numerose opere letterarie, musicali, cinematografiche, teatrali, televisive e persino fumetti e videogiochi. Tra i vari compositori basti citare G. Verdi con la sua Giovanna d'Arco (1845), opera su libretto di T. Solera, e P. I. Čajkovskij con la sua l'opera La Pulzella d'Orléans (1881), entrambe basate sulla menzionata tragedia di F. Schiller; G. Rossini, con la sua cantata Giovanna d’Arco (1832); F. Liszt con la sua lirica vocale da camera Jeanne d'Arc au bûcher (1858 c.), C. Gounod con le sue musiche di scena per il dramma Jeanne d'Arc di J. Bardier (1873) e M. E. Bossi con il suo «mistero» Giovanna d’Arco, op. 135 (1914).
«Giovanna è poi la protagonista dell’Oratorio, con ruoli parlati, Jeanne d'Arc au bûcher di Arthur Honegger su testo di Paul Claudel (1938). Quando venne rappresentato al San Carlo di Napoli colla regia di Roberto Rossellini [il 5 dicembre 1953, n.d.r.] Honegger stette col pompiere di servizio giacché nessuno s’interessava a lui, tutti stando appresso a Ingrid Bergman» (P. Isotta, Giovanna d’Arco, ne Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre 2015).
L’incontro tra il grande poeta, drammaturgo e diplomatico francese (1868-1955) e il poliedrico musicista franco-svizzero (1892-1955) dà vita a un capolavoro e realizza quanto Honegger nel 1931 aveva vagheggiato in un articolo: «Sogno una collaborazione che giunga a essere totale, dove il poeta pensi da musicista e il musicista da poeta, in modo che l'opera scaturita da quest'unione non sia il risultato accidentale di una serie di approssimazioni e di concessioni, ma la sintesi armoniosa di due aspetti di un unico pensiero» (A. Honegger, Pour prendre congé, in Écrits, Textes réunis et annotés par Huguette Calmel, Paris, Champion, 1992, p. 116). Chi avrebbe potuto collaborare meglio di Paul Claudel, che si convertì ascoltando il canto del Magnificat il giorno di Natale 1886 nella Basilica di Notre Dame a Parigi, dove non era di certo entrato per motivi di fede?
Dedicato «A Ida Rubinstein» — danzatrice, attrice e impresaria russa che lo commissionò e che interpretò il ruolo di Giovanna d’Arco per la prima volta nel 1938 a Basilea —, questo «oratorio drammatico» combina inopinatamente recitazione e canto, voci della terra e voci del cielo, presente e passato, la Francia del XV secolo e quella del 1935. La partitura è concepita per voci soliste e recitanti, coro misto, coro di voci bianche e una grande orchestra (2 flauti e ottavino, 2 oboi, 3 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 3 sassofoni, tromba piccola, 3 trombe, 3 tromboni, trombone basso, timpani, tam-tam, tamburo, tamburo piccolo, grancassa, piatti, celesta, 2 pianoforti, onde Martenot e archi). La musica è eclettica come il compositore: si va dall’atonalità al jazz degli anni ’20 del Novecento, da fanfare militari a melodie hollywoodiane.
Circa 70 minuti di musica articolati in un prologo e undici scene intitolate come segue: Le voci dal cielo; Il libro; Le voci dalla terra; Giovanna data in preda alle bestie; Giovanna al palo; Il Re ovvero l’invenzione del gioco delle carte; Caterina e Margherita; Il Re che va a Reims; La spada di Giovanna; Trimazô (canto popolare); Giovanna d’Arco in fiamme.
Il dramma ci presenta gli ultimi momenti della Pulzella d’Orléans sul rogo, con rievocazioni del suo tempo trascorso in Lorena e del suo processo nel castello di Rouen. «Tenebre! Tenebre! Tenebre!» coprono tutta la Francia, canta il coro all’inizio. Giovanna, voce recitante, incontra in paradiso Frate Domenico (San Domenico di Guzman, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori o Frati Domenicani), ruolo recitato, che leggerà brani dal libro della vita della ragazza. «Preti! preti di Gesù Cristo! È vero che facevo tanto male?», domanda la Santa, «È vero che l'abborrivate tanto la vostra povera Giovanna?». «Non sono preti quelli che t’hanno giudicata», le svela Frate Domenico, ma «bestie feroci». Il processo diventa una farsa: presiede il tribunale Porcus, il porco con allusione al cognome del vescovo Pierre Cauchon, che giudicò Giovanna; pecore compongono la corte, l’Asino è il cancelliere. «Ma, io, la povera pastorella di Domrémy, com'è che sono venuta fin qui?», domanda Giovanna. «Tu vi sei venuta per opera del gioco delle carte che un Re folle ha inventato», le risponde Frate Domenico, riferendosi alla gran confusione politica che circondò una giovane contadina analfabeta come lei. L’ultima scena rappresenta Giovanna in fiamme: «E se è di Dio o del Diavolo... Deciderà il fuoco», commenta il coro. A conclusione del dramma, una specie di ninnananna su testo di un versetto del Vangelo di Giovanni accompagna la Santa morente: «Nessuno ha un più grande amore che dare la vita per chi si ama» (15,13).