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La Vergine dormiente minacciata da due draghi

La concattedrale della città di Troia (Foggia) è intitolata alla Beata Vergine Assunta. Nel 1958 Papa Pio XII la elevò alla dignità di basilica minore. É considerata uno dei capolavori del romanico pugliese, pur coesistendo in questa stessa fabbrica esperienze bizantine e islamiche.

Cultura 10_09_2016
L'affresco con la Dormitio Virginis nella cattedrale di Troia (Foggia)

La concattedrale della città di Troia (Foggia) è intitolata alla Beata Vergine Assunta. Nel 1958 Papa Pio XII la elevò alla dignità di basilica minore. É considerata uno dei capolavori del romanico pugliese, pur coesistendo in questa stessa fabbrica esperienze bizantine e islamiche. Oggi è una delle chiese giubilari dell’Anno Santo della Misericordia. 

La sua storia millenaria ebbe inizio nel 1106 quando il vescovo Guglielmo II decise di patrocinarne e finanziarne i lavori, per affermare l’autorità della Chiesa in una città il cui vescovado dipendeva direttamente da Roma, trovandosi spesso in contrasto con imperatori e sovrani. L’immagine dell’alto prelato compare sul battente bronzeo dell’ingresso principale, elemento raro nel panorama delle chiese antiche in Italia.  

Suo artefice fu Oderisio da Benevento che lo realizzò nel 1119. Alla base dell’architrave si legge un’iscrizione latina la cui traduzione letterale “L'ingresso attraverso la porta di questa chiesa materiale ci procuri quella spirituale”  esprime la speranza di passare, varcando la soglia, dal peccato alla salvezza. Le ventotto formelle rettangolari fissate al supporto ligneo sono occupate da figure che da Cristo giudice nella mandorla, seguendo un preciso ordine gerarchico, arrivano fino ai santi patroni della città, Secondino , Eleuterio, Ponziano e Anastasio. 

Al centro due draghi dai denti aguzzi con le fauci spalancate, rappresentano il nemico da sconfiggere per conquistare il prezioso tesoro custodito all’interno del tempio. Un simbolo particolarmente ricorrente sulla superficie bronzea è il melograno, che contiene tanti piccoli frutti, così come la Chiesa, che è una, accoglie al suo interno tutti i credenti.

Nel 1127 lo stesso Oderisio realizzò anche il portale laterale ovest, dalle forme semplificate, di dimensioni minori rispetto al precedente, espressione, però, di un importante messaggio: nelle ventiquattro formelle sono riportate le effigi dei vescovi della città, a dire la necessità per la collettività troiana di stringersi attorno ai suoi pastori in tempi divenuti più difficili. Sul portale laterale opposto la lunetta è occupata da un Cristo affiancato da angeli, che schiaccia con i Suoi piedi un leone e un drago, così come canta il Salmo 90, per rassicurare il fedele della protezione divina a lui riservata.

La facciata è divisa da un cornicione che separa la zona sottostante, caratterizzata da archi ciechi decorati con intarsi di materiali e colori diversi, da quella superiore, in cui si apre lo splendido rosone. Unico al mondo a contenere undici spicchi, anziché dodici, come il numero degli apostoli fatta eccezione di Giuda, è un capolavoro di scultura a traforo, tecnica con cui vennero realizzate le undici griglie e le altrettante arcate di congiunzione, con ricami diversi uno dall’altro. Al centro le colonnine si ricongiungono a un cerchio di pietra lavorata a squame che ricorda un serpente che si morde la coda, simbolo dell’eternità, della forma perfetta, e quindi di Cristo.

Le tre navate interne sono definite da una teoria di tredici colonne di marmo, sormontate da capitelli corinzi.  In fondo alla navata è posizionato l’ambone, che un’epigrafe data al 1169.  Sulla sinistra dell’altare maggiore un affresco, di autore ignoto, raffigura la scena della Dormitio Virginis e altri episodi mariani tratti dai Vangeli apocrifi. Particolare, infine, risulta essere l’asimmetria dell’abside, soluzione che oltre a migliorare l’acustica, sottolinea la distanza tra il luogo delle credenze e la vera conoscenza divina.