Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sabato Santo a cura di Ermes Dovico
la riflessione

La vera pace è giustizia nella verità

Ascolta la versione audio dell'articolo

Una pace fondata solo sul contratto e sull’interesse reciproco è esposta alla rottura non appena l’interesse viene meno. La vera pace, invece, non è semplicemente un «cessate il fuoco», né un ideale sentimentale, bensì l’ordine della giustizia realizzato nella Verità. Lo insegna il pensiero classico, da Aristotele a san Tommaso d’Aquino.

Politica 11_04_2025

In un tempo in cui la parola «pace» è pronunciata con frequenza quasi ossessiva, ma svuotata del suo significato più profondo, è urgente riscoprirne il vero volto. Troppo spesso la pace viene identificata con una fragile assenza di guerra, con un equilibrio tattico tra potenze, con il non invio di armi in scenari di conflitto o, ancora, con un pacifismo ideologico che si nutre di buone intenzioni ma ignora il reale. Il pensiero moderno, da Kant in poi, ha coltivato l’idea di una pace come frutto di una razionalità astratta, costruita su patti e convenzioni tra Stati sovrani, nella convinzione che la ragione giuridica potesse sostituire la giustizia sostanziale.

Ma una pace fondata solo sul contratto e sull’interesse reciproco è esposta alla rottura non appena l’interesse viene meno. La vera pace, invece, non è semplicemente un «cessate il fuoco», né un ideale sentimentale, bensì l’ordine della giustizia realizzato nella Verità. Lo insegna il pensiero classico, da Aristotele a san Tommaso d’Aquino: la pace non è la negazione del conflitto, ma l’armonia che nasce da un ordine oggettivo delle cose, dove ciascuno riceve ciò che gli è dovuto secondo la Verità del suo essere.

In questo senso, la pace è frutto della virtù: è il culmine di un vivere giusto, retto dalla legge naturale e dalla legge divina, dove l’uomo, in comunione con i suoi simili e con Dio, realizza il fine della sua natura. È tranquillitas ordinis, come insegnava sant’Agostino, una tranquillità dell’anima e della società che scaturisce non dalla rinuncia alla forza legittima, ma dal giusto uso della ragione e dell’autorità.

Solo tornando, allora, a pensare la pace non come un’opinione o un sentimento, ma come un bene oggettivo, radicato nella natura dell’uomo e nel fine ultimo della società, si potrà uscire dall’ambiguità contemporanea e rimettere la Verità al centro dell’azione politica e morale. Meno manifestazioni, dunque, funzionali ad attirare il consenso e a legittimare questo o quel leader e più pensiero in grado di aprire la persona umana alle esigenze della Verità e della libertà.