La Turchia si avvicina ancora all'autoritarismo
L’Unione Europea ha concluso con la Turchia un accordo sul flusso degli immigrati da appena due mesi, ma ad Ankara il governo è già cambiato. Non si tratta solo di un rimpasto interno all'Akp, ma di un cambio di sistema, un'ulteriore svolta autoritaria islamica. A farne le spese sono le minoranze.
L’Unione Europea ha concluso con la Turchia un accordo sul flusso degli immigrati da appena due mesi, ma ad Ankara il governo è già cambiato. Adesso il premier non è più Ahmet Davutoglu, ma Binali Yildirim. Non si tratta solo di un normale rimpasto di governo, ma di una sorta di cambio di regime, ultima tappa di un percorso sempre più visibile verso un presidenzialismo velatamente autoritario. Yildirim, fedelissimo del presidente Recep Tayyip Erdogan, nonché leader del partito islamico Akp, è favorevole al cambio della Costituzione, premessa all’islamizzazione della Turchia. E la sua nomina segue di soli due giorni l’approvazione della legge che priva i parlamentari dell’immunità, una riforma che fa temere il peggio alle minoranze curde e armene rappresentate ad Ankara.
Yildirim è stato molto chiaro sulla riforma presidenziale della costituzione turca. Per ora il capo dello Stato è eletto dal parlamento. Quando verrà approvata la nuova carta suprema, sarà eletto direttamente dal popolo. Erdogan, forte di una maggioranza assoluta sinora mai scalfita, conta su una sua prossima riconferma plebiscitaria. Dopo aver fatto piazza pulita degli oppositori laici nel mondo militare (dopo l’inchiesta giudiziaria sul vero o presunto piano eversivo Ergenekon), chiuso i media dell’opposizione, sfoltito la magistratura dei giudici a lui avversi, Erdogan porta a termine anche la riforma costituzionale, che di per sé potrebbe essere apprezzabile, ma ora sembra come un’ultima tappa di un percorso verso l’autoritarismo.
Sembra quasi che anticipi questa critica, Yildirim, quando, al congresso dell’Akp, affermava che il cambio di costituzione fosse necessario per rendere “legale” una situazione che già esiste “di fatto”. La situazione “di fatto” che verrà pure sancita dalla prossima costituzione, sarebbe l’egemonia assoluta, quasi dittatoriale del partito islamico, che nel corso dei decenni era stato tenuto ai margini della vita politica dai militari, guardiani dell’ordine repubblicano secolare messo in piedi da Ataturk un secolo fa. Ma anche all’interno del partito di governo, ci sono dubbi e resistenze. Davutoglu ha dovuto rassegnare le sue dimissioni proprio per la sua opposizione al progetto. Suat Kinkliogu, membro del comitato esecutivo dell’Akp, dichiara alla Bbc che il potere esecutivo sia stato, in pratica, concentrato nelle mani del presidente: “Sfortunatamente, il presidente Erdogan ha preso il controllo di tutti i settori del partito, dello Stato e del parlamento. Questa nomina (di Yildirim, ndr) vuol dire, molto probabilmente, che avremo un premier di basso profilo, che sarà molto obbediente e allineato con il volere del presidente Erdogan”.
Fa quanto meno inquietante constatare che il rimpasto di governo sia avvenuto proprio durante l’approvazione della nuova legge che priva i membri del parlamento del loro diritto all’immunità e poco dopo che le proposte europee per una riforma delle leggi anti-terrorismo (che hanno permesso di mandare in galera giornalisti di inchiesta) sono state rispedite al mittente da Erdogan. Sulle riforme europee, necessarie a ottenere la liberalizzazione dei visti per l'ingresso nell'Ue dei cittadini turchi, l'esecutivo e il presidente sono stati inflessibili: "Noi seguiamo i nostri metodi, voi i vostri", ha dichiarato Erdogan. Sull’immunità parlamentare, invece, sono state ignorate le proteste dell’Hdp (la formazione curda democratica d’opposizione) che vede la nuova legge come un altro espediente per espellere il partito. L’Hdp è l’unica voce curda legale che può esprimersi nel parlamento. Il Pkk, il partito comunista curdo che sostiene la lotta armata, è già, da sempre, fuori legge e contro di esso l’esercito turco sta conducendo una guerra a bassa intensità dallo scorso luglio, con centinaia di morti. Se anche l’Hdp dovesse essere estromesso dal parlamento, o i suoi membri dovessero essere arrestati per “fiancheggiamento” al terrorismo, la guerriglia nelle regioni orientali e meridionali dell’Anatolia non potrebbe che peggiorare.
Ma le riforme non colpiscono solo i curdi. Il parlamentare Garo Paylan, armeno, anch'egli membro dell'Hdp, il 21 aprile scorso aveva “osato” ricordare come fosse iniziato il genocidio armeno, sfidando il negazionismo storico ufficiale: “Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il 24 aprile 1915 gli intellettuali, gli opinion leader e i parlamentari armeni furono i primi ad essere arrestati. Benché fossero coperti da immunità parlamentare, furono arrestati e deportati ad Ankara, Ayash, Urfa e Diyarbakir, lungo il percorso vennero assassinati. Naturalmente, dopo che i leader della comunità e i suoi rappresentanti in parlamento vennero neutralizzati, e gli appelli di risolvere la questione armena tramite un processo democratico finirono con loro, gli armeni e gli assiri subirono i grandi massacri, ordinati per decreto, furono cacciati dalle loro antiche terre, dove vivevano da migliaia di anni”. Ovviamente, ogni riferimento alle riforme sull’immunità, non è affatto casuale. E nemmeno quelli sul progressivo autoritarismo di una Turchia che non vuole imparare gli errori dalla sua storia: “Guardate ai nomi di Talaat Pasha, Djemal Pasha ed Enver Pasha (i triunviri dei Giovani Turchi che ordinarono il genocidio degli armeni, ndr) – continuava Paylan – Danno i nomi a 2.500 località del paese, le vie e le piazze sono dedicate a loro. Oggi possiamo disgraziatamente camminare in Via Talaat Pasha. Vi immaginate di andare a Berlino, capitale della Germania, e passeggiare in Via Hitler o in Via Goebbels? Sarebbe accettabile una cosa del genere?”
Per i colleghi islamici del deputato armeno, a non essere accettabile è stato il suo discorso. Il 28 aprile e poi il 2 maggio, mentre si discuteva, rispettivamente, sulla legge anti-terrorismo e sulla riforma costituzionale, sono scoppiate risse in parlamento, nel corso delle quali il deputato armeno è stato insultato con epiteti razzisti, aggredito e picchiato in commissione parlamentare, così come sono stati aggrediti e picchiati deputati curdi. Dopo le riforme, potrebbero anche essere arrestati. La storia si ripete?