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La spina della Croce e le 179 reliquie dei santi

A Maria Regina dei Sardi è intitolata la Cattedrale di Cagliari. Lo ricorda l’iscrizione sul prospetto principale, che un restauro condotto nel corso della prima metà del Novecento ricostruì in stile neoromanico sul modello della facciata del Duomo di Pisa. La chiesa conserva la  reliquia di una spina della croce di Cristo.

Cultura 30_01_2016
L'interno della cattedrale di Cagliari

Sanctae Mariae Reginae Sardorum, a Maria Regina dei Sardi, all’Assunta, è intitolata la Cattedrale di Cagliari. Lo ricorda l’iscrizione che campeggia sul prospetto principale, che un restauro condotto nel corso della prima metà del Novecento ricostruì in stile neoromanico sul modello della facciata del Duomo di Pisa. Sulla superficie di pietra calcarea, dal profilo a salienti, vennero aperti tre livelli di logge, formate da archetti sostenuti da colonnine. 

Nel registro inferiore tre portali sono sormontati da altrettante lunette mosaicate con le immagini, in posizione centrale, della Madre di Dio e laterali di San Saturnino martire, protettore di Cagliari, e di Santa Cecilia, contitolare del tempio cittadino e, in quanto patrona di musici e cantanti, qui raffigurata con l’organo.

Il titolo alla nobile martire romana fu aggiunto nel 1258, quando la chiesa fu elevata al rango di Cattedrale. L’impianto originario è ancora più antico e risale ai primi decenni del XIII secolo. Le fondamenta, infatti, furono poste dai Pisani sotto il dominio dei quali si trovava allora la città. La semplice planimetria romanica a tre navate fu modificata nel corso del Trecento, quando fu aggiunto il transetto, con le rispettive porte laterali, e la prima cappella in stile gotico. Successivamente, con gli aragonesi, la chiesa fu trasformata seguendo il gusto barocco. 

Varcato l’ingresso si trovano subito, addossate in controfacciata, le parti smembrate dell’antico pergamo che il maestro Guglielmo scolpì, tra il 1159 e il 1162, per il Duomo di Pisa. Trasferito in loco nel 1312, venne dapprima posizionato nella navata centrale e in seguito diviso in due blocchi ai fianchi del portale mediano. Ciascuna cantoria ha i lati del parapetto istoriati ad altorilievo con episodi tratti dal Nuovo Testamento. Al centro due gruppi marmorei riproducono il Tetramorfo da una parte e San Paolo, con Tito e Timoteo, dall’altra.

I grandi leoni stilofori che un tempo lo sorreggevano vennero posti ai piedi della balaustra marmorea, che protegge il presbiterio rialzato. Ai suoi preziosi intarsi si contrappone la semplicità della mensa dell’altare maggiore che è ancora quella originaria della chiesa romanico-pisana. Sotto quest’area si apre il Santuario dei Martiri. L’ambiente ipogeo è così chiamato perché vi sono collocate centosettantanove nicchie contenenti altrettante reliquie di santi rinvenute durante gli scavi all’inizio del XVII secolo. Ricavato interamente nella roccia, questo spazio, dalle volte ribassate, si sviluppa in tre cappelle, della Madonna dei Martiri, di San Lucifero e di San Saturnino, sulle cui pareti si susseguono formelle in marmo con l’immagine del santo, il suo nome e il simbolo del martirio.

Lungo il transetto si aprono, infine, le cappelle più antiche: la cappella pisana, o del Santissimo Sacramento, a pianta quadrata e volta a crociera, nel braccio destro, e, in posizione simmetrica, la cappella della Spina, a pianta semiottagonale, con volta ombrelliforme e costolonata, uno dei primissimi esempi sardi di architettura gotico aragonese. Quest’ultima custodisce la  reliquia di una spina della croce di Cristo che in occasione della solennità dell’Assunzione di Maria viene proposta alla venerazione dei fedeli, accompagnata dal trittico attribuito al pittore quattrocentesco fiammingo Roger Van Der Weiden. Entrambi i cimeli scamparono miracolosamente al sacco di Roma del 1527 ad opera dei Lanzichenecchi e furono lasciati in dono alla chiesa di Cagliari dal Pontefice Clemente VII.