IL CASO
La scienza al tempo dei media
Il neutrino non è più veloce della luce, ma racconta la difficoltà di comunicare la scienza e sui rischi di una scienza che pretende di redimere l'uomo.
Editoriali
24_02_2012
Il neutrino non è più veloce della luce. Questa è almeno l'ipotesi attuale, comunicata dallo stesso team scientifico che a settembre scorso aveva reso noto il clamoroso risultato dell'esperimento Opera dell’acceleratore di particelle Lhc del Cern di Ginevra. Allora, il 29 settembre, scrivevamo così a proposito del neutrino-Superman: “Il risultato dell’esperimento, nonostante l’autorevolezza del gruppo di ricerca e la grande pubblicità già data alla notizia, è ancora in corso di verifica. Viste la ridotta differenza all’arrivo e le alte velocità dei “concorrenti”, ci potrebbero ancora essere dell’incertezze tali da inficiare il risultato. Queste possono essere dovute ad errori relativamente piccoli dei quali il gruppo può involontariamente non aver tenuto conto, per esempio in seguito a minime imprecisioni sulla misura del tempo alla partenza ed arrivo, alla sincronizzazione dei due cronometri, alla misura della distanza tra i laboratori di partenza ed arrivo”.
Puntuale ora da parte degli scienziati è giunta la smentita, non ancora definitiva, sull’esistenza del neutrino-Superman. Un interruttore né acceso né spento e un orologio atomico non perfettamente calibrato, sembra abbiano inficiato le misure che esattamente cinque mesi fa, il 23 settembre 2011, facevano battere ai neutrini la velocità della luce. Se una parte del mondo scientifico, la rivista Science in testa, non esita a parlare di ”errore”, le cose sono in realtà molto più complesse e la vicenda è tutt’altro che chiusa.
”Come abbiamo avuto i nostri dubbi all’inizio, li abbiamo ancora. Abbiamo lavorato intensamente per cercare la causa di questa anomalia”, ha detto il fisico Antonio Ereditato, coordinatore della collaborazione Opera presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Da parte di Ereditato e del suo gruppo di ricerca non c’è mai stata alcuna forzatura: ”Nella totale e responsabile trasparenza e onestà – ha detto – presentiamo questi nuovi dati con lo stesso livello di dubbio con cui nel settembre scorso avevamo annunciato l’anomalia nella misura della velocità dei neutrini. Bisogna mantenere la calma perché nemmeno adesso abbiamo la certezza”.
Una posizione condivisa dal direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci, per il quale ”la situazione resta aperta finché non ci saranno nuove misure indipendenti”. Anche per il presidente dell’Infn, Fernando Ferroni, già in settembre i ricercatori ”avevano detto che la misura rilevata era un’anomalia e che avrebbero cercato di capire se qualcosa non andava. Il fatto che adesso l’abbiano trovata va tutto a loro vantaggio: hanno mantenuto la parola”. A dire l’ultima saranno però ancora una volta i dati sperimentali. La prima cosa che i ricercatori hanno fatto è stato quindi chiedere al Cern la disponibilità di ripetere l’esperimento. Sono previsti nel prossimo maggio nuovi test per misurare la velocità del fascio di neutrini dal Cern di Ginevra ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
E’normale che il cammino della conoscenza tramite il metodo scientifico proceda tra successi ed insuccessi essendo costellato di teorie, principi, costanti universali e “falsificazioni”/scoperte sperimentali.
Negli ultimi anni i mass-media hanno fatto divenire immediatamente clamorosi, eccezionali, argomenti da bar, molte notizie relative a probabili nuovi risultati sperimentali o nuove teorie, che una volta sarebbero stati argomento di discussione tra esperti durante i convegni e sulle riviste specializzate. Ciò avviene perché il sistema comunicativo tende ad amplificare e semplificare, talvolta eccessivamente, i possibili effetti della scoperta sulla vita delle persone.
Negli ultimi anni i mass-media hanno fatto divenire immediatamente clamorosi, eccezionali, argomenti da bar, molte notizie relative a probabili nuovi risultati sperimentali o nuove teorie, che una volta sarebbero stati argomento di discussione tra esperti durante i convegni e sulle riviste specializzate. Ciò avviene perché il sistema comunicativo tende ad amplificare e semplificare, talvolta eccessivamente, i possibili effetti della scoperta sulla vita delle persone.
Il fiasco recente forse più famoso forse fu quello della fusione fredda con il Palladio. Dopo il clamore provocato nel 1989 dagli esperimenti di Martin Fleischmann e Stanley Pons dell'Università di Salt Lake City nello Utah, gli stessi scienziati riconobbero alcuni errori nella misura dell'energia rilasciata dalla cella elettrolitica, e soprattutto nella misura del flusso di neutroni che sarebbero stati prodotti dalla reazione. E quante volte è stata data notizia della scoperta della medicina, del metodo diagnostico, dell’identificazione del gene, che renderà possibile la cura dei tumori? Chi non ricorda ad esempio il caso Di Bella? Oppure quante volte sono state scoperte scientificamente le famose tracce di vita nell’universo o prodotta la vita in laboratorio dal nulla? Quasi ogni giorno sui quotidiani c’è una ricerca “storica” che dimostra con certezza la colpevolezza dell’uomo nei cambiamenti climatici, senza che ormai ci sorprendiamo quando il giorno successivo è pubblicata un'altra che identifica con certezza altri responsabili.
Non stiamo parlando delle note “bugie della scienza” in cui alcuni scienziati ricorsero a dati falsi per evidenziare risultati scientifici ragguardevoli: la normalità è che non si può più ritenere le verità della scienza certezze immutabili nel tempo come creduto durante l’epoca positivista. Alla verità “si arriva” asintoticamente per approssimazioni successive, con esperimenti divenuti talmente complessi in cui persone di altissimo livello possono effettuare errori in buona fede.
Tale consapevolezza non sminuisce il lavoro ed i risultati dei tanti seri uomini di scienza. A tal proposito come non ricordare le parole del discorso di Papa Giovanni Paolo II il 10 giugno 1997 in occasione del 600° anniversario dell’Università Jagellonica: “Se oggi, come Papa, sono qui con voi, uomini di scienza, è per dirvi che l'uomo di oggi ha bisogno di voi. Ha bisogno della vostra curiosità scientifica, della vostra perspicacia nel porre le domande e della vostra onestà nel cercarne le risposte. Ha bisogno anche di quella specifica trascendenza che è propria delle Università. La ricerca della verità, anche quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell'uomo, non termina mai, rinvia sempre verso qualcosa che è al di sopra dell'immediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono l'accesso al Mistero. Come è importante che il pensiero umano non si chiuda alla realtà del Mistero, che non manchi all'uomo la sensibilità al Mistero, che non gli manchi il coraggio di scendere nel profondo!”.
Nel riconoscere l’importanza della scienza, l’uomo di buona volontà non deve nel contempo dimenticare - ha scritto papa Benedetto XVI - che “Francesco Bacone e gli aderenti alla corrente di pensiero dell'età moderna a lui ispirata, nel ritenere che l'uomo sarebbe stato redento mediante la scienza, sbagliavano. Con una tale attesa si chiede troppo alla scienza; questa specie di speranza è fallace. La scienza può contribuire molto all'umanizzazione del mondo e dell'umanità. Essa però può anche distruggere l'uomo e il mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa. D'altra parte, dobbiamo anche constatare che il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, si era in gran parte concentrato soltanto sull'individuo e sulla sua salvezza. Con ciò ha ristretto l'orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito – anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell'uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti. (...) Non è la scienza che redime l'uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore”.