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IL LIBRO

La Rivoluzione? Menzognera e omicida all'origine

La riproposizione de Il Re degli anabattisti, di Friedrich Reck-Malleczwen, è quanto mai attuale. Narrando l'esperimento storico-religioso avvenuto a Münster a partire dal 1534, l'autore mostra come la Rivoluzione prima cambia tutto, poi distrugge tutto e alla fine divora se stessa.

Cultura 15_02_2020
La rivolta degli anabattisti

Lessi Il Re degli Anabattisti (Rusconi 1971) quand’ero studente universitario e ne rimasi scioccato. Avevo appena letto Meccanica della Rivoluzione di Augustin Cochin e qui la vedevo in atto: un luogo circoscritto, tutte le fasi obbligate del processo rivoluzionario fino al suo esito supremo, il suicidio. L’autore, Friedrich Reck-Malleczwen, nato nel 1884, era uno junker prussiano che aveva combattuto nella Grande Guerra e viveva da gentiluomo di campagna nelle sue proprietà di Chiemgau, in quel di Monaco. Qui aveva potuto assistere alla nascita del nazismo e vi aveva riconosciuto gli stessi caratteri demoniaci del cugino-rivale bolscevismo.

Nel 1933, anno dell’ascesa al potere di Hitler, si era fatto battezzare cattolico, perché la Chiesa era l’ultimo baluardo filosofico e morale a quel che stava montando. Quando certi funzionari del nuovo corso si erano presentati al suo cancello per valutare la suscettibilità di interesse pubblico della sua proprietà (leggi: esproprio) li aveva accolti col fucile in mano. Ma quando nel 1937 pubblicò Il Re degli Anabattisti la misura fu colma. Ai nazisti non era sfuggita la metafora sottesa. La tipografia che l’aveva stampata fu distrutta e le copie date alle fiamme.

Nel 1944 l’autore venne arrestato e rinchiuso nel lager di Dachau, dove trovò la morte l’anno seguente. A guerra finita fu ritrovato suo diario, poi pubblicato col titolo Il tempo dell’odio e della vergogna. Il Re degli Anabattisti rivide la luce solo nel 1958 e nel 1971, a Sessantotto scoppiato, all’editore Rusconi parve il momento adatto per riproporlo. E’ un libro fondamentale e formativo, che adesso viene ristampato da Fede&Cultura (pp. 190, €. 19).

La storia, che l’autore ripercorre quasi minuto per minuto, è questa: nel 1534 il “profeta” anabattista Jan Matthys e i suoi seguaci si diressero verso Münster, capitale della Westfalia. Lutero, infatti, aveva aperto il vaso di pandora e ognuno applicava il «libero esame» a modo suo; a nulla era valso (e varrà) a Lutero a quel punto arrampicarsi sugli specchi per far entrare in testa a tutti che l’unica interpretazione giusta della Scrittura era la sua. In breve la predicazione apocalittica di Matthys fece presa e bande di anabattisti conversero da ogni dove (anche dall’Olanda) su Münster, il cui vescovo-principe fu cacciato.

Münster diventa un regno dell’Antico Testamento: si cambiano i nomi alle strade e ai borghi e pure alle persone in senso biblico, si abolisce la proprietà privata perché i primi cristiani mettevano tutto in comune, si frustano gli oziosi, si vieta ogni “lusso” arrivando a stabilire il numero massimo dei bottoni sui vestiti. Matthys, ex fornaio di Haarlem, si era portato dietro l’amante, una ragazzina che aveva praticamente rapito. Cadde mentre incitava i suoi a resistere all’assedio che il vescovo Franz von Waldeck aveva stretto attorno alla città con truppe cattoliche e protestanti (anche i protestanti avevano cominciato a preoccuparsi).

«Libero esame»? Dopo il fornaio, il sarto: Jan Bockelson di Leyda, successore di Matthys. Per prima cosa si incoronò re di Münster, introdusse la poligamia (sempre biblica) e obbligò tutti a sposarsi, monache, preti e frati. Anche chi aveva il coniuge fuori città per lavoro doveva risposarsi. Il «re» si prese sedici mogli, ognuna scelta in base a «rivelazioni». Tutte le torri furono abbattute, perché «ciò che è in alto sia abbassato», tutti i capolavori artistici vennero distrutti, compreso l’orologio della cattedrale. Squadre di moralizzatori entravano nelle case per controllare che i precetti biblici fossero seguiti a puntino.

Per chi sgarrava, il codice penale prevedeva una sola pena: la morte. Un bambino venne decapitato perché aveva dato uno schiaffo a sua madre. A un disgraziato che aveva commesso una trasgressione che lo stesso Bockelson giudicò futile fu tagliata solo mezza testa. E così via, in un crescendo di orrori che raggiunse il parossismo quando l’assedio mise la città alla fame. Si giunse all’infanticidio a scopo alimentare. Il primo esperimento di rivoluzione in un luogo circoscritto durò un anno e mezzo, poi gli assedianti ebbero la meglio e il Re degli Anabattisti fu giustiziato. Ma era solo l’inizio, per questo Reck-Malleczwen l’aveva preso a esempio.

Non a caso Marx e Lenin studiavano con passione le opere degli utopisti precedenti. Karl Kautsky ebbe a dire: «Ci sono cari tutti, dagli anabattisti ai comunardi pa­rigini». Quest’ultimo stimava in particolare Utopia di san Thomas More, non sapendo che questo, quand’era cancelliere d’Inghilterra, aveva firmato il decreto De heretico comburendo in base al quale sei anabattisti (di cui aveva capito la pericolosità) erano finiti al rogo. Morale: la Rivoluzione prima cambia tutto, poi distrugge tutto e alla fine divora se stessa. Mendax et homicida ab initio.