La rivoluzione dimenticata
In Venezuela la ribellione contro il presidente Maduro prosegue da più di un mese. I morti sono 34, quasi tutti civili ammazzati da polizia e paramilitari. Eppure se ne parla poco in Italia. Chi si muove, come i grillini, solidarizza con il governo.
Con i riflettori puntati (comprensibilmente) sulla crisi in Ucraina si rischia di eclissare un’altra gravissima crisi, ormai internazionale: la continua protesta e repressione in Venezuela. Nel Paese sud-americano, governato con pugno di ferro e retorica populista da Nicolas Maduro, successore del presidente Hugo Chavez, i morti della protesta sono 34 e i feriti 461, 25 e 318 dei quali sono civili, gli altri sono agenti della sicurezza. Queste sono le cifre fornite da Luisa Ortega Diaz, procuratore generale, dunque è la fonte ufficiale. tuttavia, i disordini sono molto più estesi e, al fianco della polizia, operano anche milizie paramilitari irregolari, il che fa temere che il bilancio reale sia ancora più pesante. Due persone sono morte nella giornata del 23 marzo, una nello stato di Carabobo e l’altra in quello di Tachira.
La repressione di Maduro non si limita a colpire i soli movimenti di protesta in piazza, ma anche membri dell’opposizione parlamentare iniziano ad essere fermati. L’ultima, in ordine di tempo, a subire questo trattamento, è stata la deputata democratica Maria Corina Machado: stava rientrando dagli Stati Uniti, quando è stata arrestata all’aeroporto di Caracas. La Machado era andata a Washington per cercare di perorare la causa del Venezuela presso il Consiglio permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oas). Visto che il presidente Maduro ha troncato le relazioni diplomatiche con gli Usa, la trasferta della deputata d’opposizione è stata considerata alla stregua di un atto di spionaggio. Tuttavia, la Machado gode di immunità diplomatica ed è stata rilasciata poco dopo il fermo. Intanto l’intimidazione è chiara.
Una sorte simile era toccata a due sindaci vicini all’opposizione. Il primo cittadino di San Cristobal, Daniel Ceballos, è stato arrestato con l'accusa di “incitamento alla rivolta civile”. In manette è finito anche Enzo Scarano, il primo cittadino di San Diego, nel Nord, destituito dal governo con l'accusa di “inadempienza degli obblighi istituzionali”. Ceballos è il secondo leader del movimento di opposizione Volontà popolare ad essere arrestato. Il primo è Leopoldo Lopez, che, lo scorso mese, si era volontariamente consegnato alla polizia dopo alcuni giorni di spietata “caccia all’uomo” e incendiari discorsi televisivi del presidente Maduro contro la sua persona. Lopez continua ad essere in carcere, senza aver subito alcun processo, accusato arbitrariamente di “strage” per le morti occorse durante le prime manifestazioni a Caracas. Le ultime manifestazioni studentesche sono state organizzate proprio per chiedere la sua liberazione.
La militarizzazione del Venezuela è sempre più evidente, soprattutto nella capitale Caracas. «Dovranno portare 60 milioni di soldati per farci abbandonare le strade del Venezuela», ha tuonato in conferenza stampa Juan Requesens, uno dei leader degli studenti. Detto fatto: i paramilitari della Guardia Nazionale (non proprio 60 milioni, ma qualche centinaio), lo scorso 18 marzo, hanno occupato con le armi in pugno la piazza Altamira, nel quartiere Chacao di Caracas, uno degli epicentri della rivoluzione. Ramon Muchacho, sindaco di Chacao, è finito egli stesso sotto accusa per non essere riuscito a tenere la situazione sufficientemente sotto controllo. Colto sul fallo, si è difeso commentando pubblicamente, su Twitter, di essersi risvegliato nel suo quartiere “militarizzato” e ha affermato, contrapponendosi al governo, che la protesta non è il problema, bensì la conseguenza dei problemi del Paese.
Come sempre, ogni crisi internazionale ha i suoi risvolti anche nella politica italiana. Benché pochi media si occupino dell’argomento, pressoché ignorato anche dai notiziari televisivi, il Movimento 5 Stelle ha mandato lunedì scorso la propria commissione esteri (formata dai deputati Manlio Di Stefano, Maria Edera Spadoni, Carlo Sibilia e Emanuele Scagliusi) all’ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela, esprimendo il proprio disappunto contro la “demonizzazione” mediatica del presidente Maduro. I sostenitori italiani della “democrazia diretta”, su questo, si sono trovati perfettamente d’accordo con il regime di Cuba, la più duratura dittatura d’America: Raul Castro, nei giorni scorsi, ha letteralmente ordinato manifestazione popolari a sostegno di Maduro.
Fuor di ogni “demonizzazione”, le testimonianze locali parlano di una violenza ormai dilagante e sempre più incontrollabile della polizia, ma soprattutto delle milizie paramilitari e dei “collettivi” armati che combattono dalla parte del governo. Monsignor Ovidio Pérez Morales, vescovo emerito di Los Teques (ex presidente della Conferenza episcopale) affermava, lo scorso 9 marzo, che «… c’è un problema più profondo, che si potrebbe scrivere a caratteri capitali: si vuole imporre al Paese un progetto politico ideologico di tipo socialista. Ma non un socialismo qualsiasi, bensì quello alla cubana, sul modello di Castro, simile al socialismo reale».