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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

La distinzione

La Regalità di Cristo tra tesi e ipotesi

Le esigenze collegate al principio della Regalità sociale di Cristo, enunciato solennemente nel 1925, furono già parzialmente disattese nel momento in cui fu introdotta la dialettica tra “tesi” e “ipotesi”. Vediamo perché.

Dottrina sociale 13_06_2025

Il principio della Regalità sociale di Cristo, enunciato nell’enciclica Quas primas di Pio XI (1925), comportava importanti conseguenze politiche: i diritti della religione cattolica e della Chiesa devono essere confermati; l’autorità politica deve riconoscere la dipendenza da Cristo; le leggi umane emanate dall’autorità politica devono avere per fondamento il diritto naturale e divino; il fondamento dell’autorità politica deve essere pubblicamente posto in Dio, e non nel popolo o in altre fonti improprie; si deve rendere a Dio un culto pubblico; la religione cattolica va protetta dall’autorità politica e questo non significa una ingiusta discriminazione; le altre religioni vanno tollerate entro certi limiti; l’autorità politica riconosce alla Chiesa un suo originario diritto pubblico nel campo della legislazione sul matrimonio, sull’educazione e sull’esercizio della carità.

Queste esigenze furono però già parzialmente disattese nell’epoca stessa in cui il principio venne stabilito dal magistero ecclesiastico. Ciò avvenne mediante la distinzione, che ebbe poi molte diverse applicazioni, tra “tesi” e “ipotesi”. La tesi sarebbe l’affermazione di principio considerato nella sua interezza e nelle sue esigenze di fondo; l’ipotesi sarebbe il riferimento ad esso – che quindi non viene negato – assieme alle considerazioni della realtà effettuale, delle esigenze delle diverse situazioni storiche e della progressività della sua realizzazione.

La dialettica tra tesi e ipotesi ebbe applicazioni pratiche nei rapporti della Chiesa cattolica con la repubblica francese proprio durante i pontificati che enunciavano il principio della Regalità di Cristo. Ebbe anche sviluppi teoretici soprattutto con l’evoluzione del pensiero di Jacques Maritain dopo il Primato dello spirituale del 1927 e poi con Umanesimo integrale del 1936, e con La Nouvelle Théologie. Limitandoci qui a riprendere solo i casi di padre Chenu e padre Congar, sottolineiamo l’importanza dei nuovi concetti di “luogo teologico in atto” (che si evolverà poi nel concetto di “segni dei tempi”), della condanna dell’età costantiniana (Maritain aveva già condannato la cristianità in Umanesimo integrale contrapponendole una nuova cristianità secolare) e della proposta di una Chiesa che “esce” per collegarsi con quanto Dio starebbe facendo nel mondo, e, cosa ancora più importante, della proposta del nuovo linguaggio pastorale – soprattutto con Congar – che avrebbe sostituito il linguaggio dogmatico. Questo permetteva di non negare i dogmi nella loro formulazione dogmatica, e nello stesso tempo di esprimerli in un linguaggio non dogmatico che ne avrebbe costituito però una variante di significato.

Negli anni Cinquanta tutti questi processi divennero diffusi e dirompenti, la Humani generis di Pio XII non trovò accoglienza e l’apparato teologico della Chiesa cattolica non riuscì a fermare l’ondata che entrò poi nel Concilio Vaticano II. La Regalità sociale di Cristo non trovava ormai più il quadro teologico di cui aveva bisogno. La distinzione tra tesi e ipotesi si era evoluta e approfondita, la tesi era stata “spiritualizzata” a cominciare da Maritain, e l’ipotesi era ormai diventata una nuova tesi diversa dalla precedente. Tutto ciò mentre la tesi originaria veniva dialetticamente confermata. Alla fine, anche ai nostri giorni il principio della Regalità sociale di Cristo è confermato e, nello stesso tempo, superato.

Stefano Fontana