La Presentazione di Maria, il significato della festa
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Secondo l’apocrifo Protovangelo di Giacomo, Maria fu presentata dai genitori al Tempio all’età di tre anni. Ma qual è l’origine e il significato della memoria liturgica odierna? La Bussola intervista padre Antonio Luigi Piccolo, rettore generale dell’Ordine della Madre di Dio.
Immagine tenera e, in una certa misura, tutta avvolta nel mistero, quella che ci descrive il Protovangelo di Giacomo riguardo alla Presentazione di Maria al Tempio, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Un episodio che non viene descritto nelle Sacre Scritture, è importante ricordarlo, ma appunto è presente in questo testo apocrifo del II secolo che in alcuni suoi elementi è stato accolto dalla tradizione cattolica. E per comprendere meglio come nasce questa memoria liturgica mariana così importante La Nuova Bussola ha intervistato padre Antonio Luigi Piccolo, rettore generale dell’Ordine dei Chierici regolari della Madre di Dio, l’istituto religioso fondato a Lucca l’1 settembre 1574 da san Giovanni Leonardi, che alla Vergine ha dedicato l’intera sua esistenza e ministero.
Padre Piccolo, qual è la storia della memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria?
Bisogna dire che la festa ha origini antiche anche perché lo stesso culto della Vergine è antico. Le prime tracce possiamo trovarle già fin dalla nascita della Chiesa. I cristiani hanno rivolto alla Vergine una grande attenzione fin dall’inizio del cristianesimo. Questo fa comprendere come la sua figura sia profondamente radicata nella memoria fin dalle origini. La data della festività, il 21 novembre, deriva dal giorno di consacrazione della basilica di Santa Maria Nova, nella città di Gerusalemme, nel 543. La prima celebrazione della Presentazione viene fatta risalire al calendario di Basilio II di Bisanzio, imperatore dell’XI secolo. L’episodio della vita della Vergine che viene celebrato è quello della piccola bambina Maria – il Protovangelo di Giacomo ci dice che aveva solamente tre anni – che viene presentata al Tempio del Signore dai suoi genitori Gioacchino e Anna. Si tratta di una festa che veniva celebrata nel rito bizantino. A questo punto è necessario fare una precisazione: l’anno liturgico nel rito bizantino era e tuttora è scandito da dodici feste. Ebbene, ben quattro di queste erano e sono feste mariane. La Chiesa di Roma, evidentemente, aveva risentito fortemente di questo influsso dal mondo bizantino. Andiamo avanti con il tempo fino ad arrivare al XIV secolo. All’epoca il pontefice, Gregorio XI, si trovava nella cosiddetta “cattività di Avignone”. A lui giunsero notizie della sontuosa festa del rito bizantino e così, colpito dal racconto, decise di introdurla nel calendario cattolico romano. Ma, solo nel 1585, venne adottata da papa Sisto V, per tutta la Chiesa occidentale. Papa Clemente VIII diede alla festa ancora più rilevanza nella Chiesa. Fino ad arrivare alla rivisitazione del calendario liturgico seguita al Concilio Vaticano II quando la festa è divenuta vera e propria memoria liturgica. San Giovanni Paolo II scelse la data del 21 novembre come giornata dedicata alle consacrate claustrali.
Cosa ci dice questo importante episodio della vita di Maria?
Partiamo prima di tutto dal testo: «Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: “Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore”. Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore. Il sacerdote l’accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell’ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione”». Focalizziamo l’attenzione su un dato: Anna e Gioacchino non avevano avuto figli e ciò era visto dal popolo ebraico come una sorta di sventura “mandata” dal Signore. Anna, allora, decise di fare un voto a Dio: se lei e Gioacchino avessero avuto un primogenito (maschio o femmina) l’avrebbero consacrato al Signore. Ecco come nasce la presentazione di Maria al Tempio. Una volta nata la piccola, dovevano dunque adempiere la promessa fatta a Dio. E a dircelo è sempre questo vangelo apocrifo: «Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al Tempio del Signore».
Dunque, davanti a noi abbiamo la Vergine Maria che entra nel Tempio. Pensare a questa bambina davanti a un mistero così immenso ci fa molta tenerezza. Una domanda, allora: così piccola poteva essere già consapevole del progetto di Dio su di lei?
Sarebbe bello poter entrare nel cuore di Maria, in quel momento, per poter rispondere a questa domanda. Penso che la parola “consapevolezza”, in merito al progetto di Dio su di lei, sia troppo forte, vista anche la tenera età della bambina. Ma sicuramente nel salire quelle scale sentiva nel cuore una grandissima gioia.
Abbiamo parlato di progetto di Dio. E allora come si inserisce questo momento così importante della sua infanzia in questo disegno così vasto e misterioso?
L’episodio ci presenta una bambina che non ha timore: il distacco dai genitori poteva essere qualcosa di traumatico e, invece, eccola entrare nel Tempio con la piena fiducia nel Signore. Non si volge indietro, anzi come il Protovangelo ci narra, «il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi» nel salire gli altri scalini. Maria danza. È una danza che tanto ricorda il Magnificat che canterà nel momento in cui sarà definita la «benedetta fra le donne» (Lc 1,42). Esulterà piena di gioia in quell’istante. E così fa nella Presentazione al Tempio. E poi, sempre per quanto ci dice il Protovangelo, sale delle scale. Il verbo “salire”: quanti significati importanti nella fede. Quel salire, quell’andare verso il Padre, nel Suo Tempio, sembra ricordare quell’«Eccomi sono la serva del Signore, si compia in me la Tua Parola» (Lc 1,38). Già nel momento della Presentazione, Maria è tutta fiduciosa nella Parola di Dio, nel suo Signore. Le immagini che questo episodio della Vergine ci presenta sono cariche di significato; e meditare su tutto ciò, credo sia quasi una necessità-dovere per ogni cristiano, figlio di Maria. Capire la fanciullezza della propria madre, per ognuno, vuol dire anche comprendere le proprie origini. Ma una cosa mi affascina sempre e mi fa riflettere: Maria entra nel Tempio, sì. Ma poi in quel luogo cosa accade? Questo non è scritto. È molto probabile che quel periodo sia servito a Maria quasi come una “palestra” per il dopo. Per l’adempiersi del progetto divino su di lei. Sicuramente, in questo periodo, si sarà addentrata meglio nelle Scritture ebraiche. Nel silenzio. Un silenzio che ritroveremo più avanti nella sua biografia: «E serbava tutte queste cose nel suo cuore».

