La Passione, vertice della misericordia
Papa Francesco ha proseguito il suo ciclo di udienze sulla misericordia, mettendo in relazione misericordia e Triduo Pasquale. «Tutto, in questi tre giorni - ha detto il Papa - parla di misericordia, perché rende visibile fino a dove può giungere l’amore di Dio». Il Papa invita alla lettura della beata Giuliana di Norwich.
Papa Francesco ha proseguito il suo ciclo di udienze sulla misericordia, mettendo in relazione misericordia e Triduo Pasquale. «Tutto, in questi tre giorni - ha detto il Papa - parla di misericordia, perché rende visibile fino a dove può giungere l’amore di Dio». Francesco ha invitato alla lettura delle visioni sulla Passione della beata Giuliana di Norwich, una grande mistica inglese vissuta tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, quasi dimenticata ma che andrebbe riscoperta.
Il Vangelo di San Giovanni, ha detto il Pontefice, «offre la chiave per comprendere il senso profondo» del Triduo Pasquale quando afferma: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine». Francesco affida il commento a Sant'Agostino: «L’amore di Dio non ha limiti»; «è un amore che va “fino alla fine senza fine”». Nella Passione, «Dio si offre veramente tutto per ciascuno di noi e non si risparmia in nulla. Il Mistero che adoriamo in questa Settimana Santa è una grande storia d’amore che non conosce ostacoli. La Passione di Gesù dura fino alla fine del mondo, perché è una storia di condivisione con le sofferenze di tutta l’umanità e una permanente presenza nelle vicende della vita personale di ognuno di noi».
Ma tutto «il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore che ci dona la certezza che non saremo mai abbandonati nelle prove della vita». Con l'istituzione dell'Eucarestia nel Giovedì santo, Gesù anticipa il sacrificio del Golgota. Insieme, «per far comprendere ai discepoli l’amore che lo anima, lava loro i piedi, offrendo ancora una volta l’esempio in prima persona di come loro stessi dovranno agire». L’Eucaristia è «amore che si fa servizio. È la presenza sublime di Cristo che desidera sfamare ogni uomo, soprattutto i più deboli, per renderli capaci di un cammino di testimonianza tra le difficoltà del mondo». Nello stesso tempo, «nel darsi a noi come cibo, Gesù attesta che dobbiamo imparare a spezzare con altri questo nutrimento perché diventi una vera comunione di vita con quanti sono nel bisogno. Lui si dona a noi e ci chiede di rimanere in Lui per fare altrettanto».
Il Venerdì santo rappresenta il vertice dell'amore e della misericordia del Signore. «La morte di Gesù, che sulla croce si abbandona al Padre per offrire la salvezza al mondo intero, esprime l’amore donato sino alla fine, senza fine. Un amore che intende abbracciare tutti, nessuno escluso. Un amore che si estende ad ogni tempo e ad ogni luogo: una sorgente inesauribile di salvezza a cui ognuno di noi, peccatori, può attingere». Anche qui, la misericordia non si esaurisce nel rapporto fra Dio e noi ma si proietta sulla relazione fra noi e gli altri. «Se Dio ci ha dimostrato il suo amore supremo nella morte di Gesù, allora anche noi, rigenerati dallo Spirito Santo, possiamo e dobbiamo amarci gli uni gli altri».
Viene poi il Sabato santo, «il giorno del silenzio di Dio. Deve essere un giorno di silenzio, e noi dobbiamo fare di tutto perché per noi sia proprio una giornata di silenzio, come è stato in quel tempo: il giorno del silenzio di Dio». Gesù deposto nel sepolcro «condivide con tutta l’umanità il dramma della morte. È un silenzio che parla ed esprime l’amore come solidarietà con gli abbandonati da sempre, che il Figlio di Dio raggiunge colmando il vuoto che solo la misericordia infinita del Padre Dio può riempire».
È un silenzio pieno di contenuti. «Dio tace, ma per amore. In questo giorno l’amore – quell’amore silenzioso – diventa attesa della vita nella risurrezione». Su tutti spicca nel Sabato santo «il silenzio della Madonna, “la Credente”, che in silenzio era in attesa della Resurrezione. La Madonna dovrà essere l’icona, per noi, di quel Sabato Santo. Pensare tanto come la Madonna ha vissuto quel Sabato Santo; in attesa. È l’amore che non dubita, ma che spera nella parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua».
Il Triduo Pasquale «è tutto un grande mistero d’amore e di misericordia». Se non riusciamo a esprimerlo con le nostre parole, il Papa ci invita alla lettura della beata Giuliana di Norwich.«Era analfabeta, questa ragazza che ebbe delle visioni della passione di Gesù e che poi, divenuta una reclusa, ha descritto, con linguaggio semplice, ma profondo ed intenso, il senso dell’amore misericordioso». Francesco ha proposto una citazione di questa mistica inglese: «Allora il nostro buon Signore mi domandò: “Sei contenta che io abbia sofferto per te?” Io dissi: “Sì, buon Signore, e ti ringrazio moltissimo; sì, buon Signore, che Tu sia benedetto”. Allora Gesù, il nostro buon Signore, disse: “Se tu sei contenta, anch’io lo sono. L’aver sofferto la passione per te è per me una gioia, una felicità, un gaudio eterno; e se potessi soffrire di più lo farei”».
«Questo è il nostro Gesù - commenta il Papa -, che a ognuno di noi dice: “Se potessi soffrire di più per te, lo farei”. Come sono belle queste parole! Ci permettono di capire davvero l’amore immenso e senza confini che il Signore ha per ognuno di noi». Dunque, ha concluso Francesco, «lasciamoci avvolgere da questa misericordia che ci viene incontro; e in questi giorni, mentre teniamo fisso lo sguardo sulla passione e la morte del Signore, accogliamo nel nostro cuore la grandezza del suo amore e, come la Madonna il Sabato, in silenzio, nell’attesa della Risurrezione».