La nuova Costituzione, un caso unico di tolleranza
È avvenuto il miracolo sulle rive del Nilo: la nuova Costituzione egiziana, redatta dal Comitato dei Cinquanta riconosce altre religioni oltre all'islam, l'importanza del passato pre-islamico, i diritti delle donne e la democrazia.
Il 2 dicembre scorso il Comitato dei Cinquanta ha sottoposto la nuova costituzione egiziana al presidente ad interim Adli Mansur per avviare la procedura che dovrebbe portare a metà gennaio 2014 al referendum popolare che ne deciderà l’adozione o meno. A partire dal febbraio 2011 l’Egitto ha assistito sia a ritocchi costituzionali che a ristesure del testo fondamentale dello Stato egiziano. Quest’ultimo testo è il frutto del dibattito intenso in seno a un Comitato i cui membri, rappresentativi dei principali attori della rivoluzione del giugno 2013 che ha portato all’allontanamento di Mohammed Morsi e alla conseguente messa al bando dei Fratelli musulmani, hanno lavorato dallo scorso settembre. Presenti le forze liberali, l’esercito, gli attivisti, i giovani del movimento Tamarrod, ma anche il partito salafita al-Nur, l’università islamica di al-Azhar , la Chiesa copta e persino quella evangelica.
Il risultato è un testo che, come molti hanno immediatamente sottolineato, lascia la sharia come la fonte principale della legge, ma al contempo introduce novità degne di apprezzamento. Si tratta di un documento che potrebbe, e sottolineo potrebbe, fare storia e segnare una svolta nel mondo arabo islamico. Il preambolo rappresenta un significativo e importante sunto della storia d’Egitto dal passato preislamico sino alle rivoluzioni contemporanee. L’incipit sottolinea il legame a doppia mandata del destino degli egiziani con l’islam, il Nilo e il Mediterraneo:
“Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso.
Questa è la nostra costituzione.
L’Egitto è il dono del Nilo agli egiziani e il dono degli egiziani all’umanità.
L’Egitto è arabo per le caratteristiche della sua posizione e per la sua storia rappresenta il cuore del mondo intero. E’ il luogo in cui si incontrano le sue civiltà e le sue culture. Crocevia di comunicazioni marittime e collegamenti, l’Egitto è la testa di ponte dell’Africa sul Mediterraneo dove sfocia il suo fiume maestoso: il Nilo.
Questo Egitto è una nazione immortale per gli egiziani, un messaggio di pace e di affetto a tutti i popoli.”
Riecheggiano alla memoria le parole dell’intellettuale egiziano Taha Husayn che un secolo fa nel suo celebre saggio Il futuro della cultura in Egitto parlava di vocazione mediterranea dell’Egitto.
Il preambolo ripercorre altresì il percorso spirituale della terra dei Faraoni che non viene più descritta come un paese islamico a prescindere dal passato che ha preceduto il VII secolo d.C.:
“Agli albori della storia, vide la luce il pensiero umano per risplendere nei cuori dei nostri avi conducendoli al bene comune. Costoro fondarono il primo Stato centralizzato che regolò e ordinò la vita degli egiziani lungo le rive del Nilo, produssero i più straordinari segni della civiltà e rivolsero i cuori al cielo prima che la terra conoscesse le tre religioni monoteistiche. L’Egitto è la culla della religione, il simbolo della maestà delle religioni monoteistiche. Sul suo suolo è cresciuto Mosé, qui gli si è manifestata la luce divina e qui Mosè ha ricevuto il messaggio sul Sinai. Sul suo suolo gli egiziani hanno accolto Nostra Signora la Vergine Maria e suo figlio e sono morti martiri a migliaia per difendere la Chiesa del Signore il Messia. E quando il sigillo degli Inviati il nostro Signore Maometto – su di lui la preghiera e la pace – comparve a tutte le persone per portare a compimento i nobili insegnamenti, i nostri cuori e le nostre menti si aprirono alla luce dell’islam e diventammo i soldati più fedeli del jihad sulla strada di Dio e diffondemmo il messaggio della verità e le scienze religiose nei due mondi”.
Se il riferimento al jihad può colpire, bisogna tenere presente che per la prima volta in una costituzione egiziana, ma anche araba se si esclude quella marocchina, si ha un riferimento esplicito al passato preislamico in generale e cristiano in particolare. Mai si sarebbe immaginato che Mosè, la Vergine Maria e Gesù venissero citati nella costituzione di un paese a maggioranza islamica. Subito si fa riferimento a Muhammad Ali, il fondatore dell’Egitto moderno, e si elencano le rivoluzioni che hanno segnato la storia del paese. La rivoluzione del 1919 che condusse alla fine del protettorato britannico e che ebbe come motto “La verità prima della forza, la nazione prima del governo”. La rivoluzione del 23 luglio 1952 guidata da Gamal Abd al-Nasser che ha confermato “la salda unione tra il popolo egiziano e il suo esercito. Infine le due rivoluzioni più recenti: quella del 25 gennaio 2011 e quella del 30 giugno 2013.
Il preambolo invita inoltre a guardare verso il futuro con fiducia, afferma di credere “nella democrazia […], nel pluralismo politico, nell’avvicendamento pacifico al potere”. Interessante è poi una precisazione che riguarda la sharia e che sembra fuori luogo, quasi inserita a forza: “Scriviamo una costituzione dove i principi della sharia islamica sono la fonte principale della legge e l’interpretazione è quella della Suprema corte costituzionale”. Si è trattato in realtà di un compromesso con i salafiti affinché accettassero l’abolizione dell’articolo 219 della costituzione del 2012 in cui si specificava che “I principi della sharia comprendono l’evidenza generale, i principi fondanti del diritto islamico, le fonti affidabili tra le sue scuole di diritto islamico”. Nelle ultime righe del preambolo si chiarisce: “Scriviamo una costituzione che garantisca l’uguaglianza tra noi in quanto a diritti e doveri senza alcuna discriminazione”. Un’affermazione forte e chiara che sembra in contraddizione con l’articolo 2 che riconferma che “L’islam è la religione di Stato, la lingua araba ne è la lingua ufficiale e i principi della sharia islamica sono la fonte principale della legge”. E’ quest’ultima parte che lascia perplessi qualora si affermi, come si afferma nel documento, la volontà di favorire l’uguaglianza tra tutti i cittadini. E’ infatti risaputo che, ad esempio, la donna nel diritto islamico vale la metà dell’uomo e che gli appartenenti alle altre religioni sono considerati cittadini di secondo livello. Fortunatamente la nuova costituzione riserva, almeno sulla carta, in entrambi i casi piacevoli sorprese. Innanzitutto viene mantenuto l’articolo 3 in cui si afferma che “i principi delle leggi degli egiziani cristiani ed ebrei sono la fonte principale della legislazione che riguarda lo statuto personale, le questioni religiose e la scelta delle loro guide spirituali”. All’articolo 53 si ribadisce che “Tutti i cittadini sono uguali innanzi alla legge, hanno pari diritti, libertà e doveri generali, non è ammessa discriminazione in base alla religione, al credo, al sesso, all’origine, alla discendenza, al colore, alla lingua […] o qualsiasi altra ragione”. Non solo, ma lo stesso articolo prosegue affermando che “la discriminazione e l’incitamento all’odio sono un reato, perseguito dalla legge”. L’articolo 64 dichiara esplicitamente che “La libertà di credo è assoluta. La libertà di praticare la religione e la costruzione di luoghi di culto per gli adepti delle tre religioni monoteistiche è un diritto previsto dalla legge”.
Per quanto riguarda la donna ritengo che l’articolo 11 rappresenti un enorme passo in avanti e una conferma della volontà dei legislatori di superare i limiti imposti dalla sharia: “Lo Stato si impegna a garantire l’uguaglianza tra donna e uomo in tutti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali in base ai principi previsti dalla costituzione. Lo Stato si adopererà per assumere misure volte a garantire alla donna una rappresentanza adeguata nelle assemblee rappresentative, in seno ai limiti previsti dalla legge, così come a garantire alla donna il diritto ad assumere incarichi pubblici e incarichi amministrativi di rilievo nello Stato, nelle alte cariche giudiziarie senza discriminazione. Lo Stato si impegna a tutelare la donna contro ogni genere di violenza e si impegna a sostenere la donna al fine che possa conciliare la gestione della famiglia e le esigenze del lavoro. Così come si impegna a provvedere alla tutela e alla difesa della maternità, dell’infanzia, della donna con una famiglia numerosa, della donna anziana e delle donne più abbienti”. Se si pensa che all’articolo 6 si specifica che “la nazionalità egiziana è un diritto di chi nasce da padre o da madre egiziana” si può a ragione affermare che la Commissione dei Cinquanta ha avuto un occhio di riguardo nei confronti delle egiziane. La speranza è che anche l’articolo 60 sia stato redatto con il pensiero alla donna. Qui si legge: “Il corpo umano è sacro, chiunque attenti alla sua integrità, chiunque lo mutili, lo sfiguri sarà punito dalla legge”. E’ naturale qui pensare non solo alla violenza fisica, alle molestie sessuali, ma soprattutto alla mutilazione genitale femminile molto diffusa in Egitto.
Concludendo, l’Egitto e gli egiziani si trovano innanzi a un nuovo crocevia dove dovranno decidere se procedere sulla tortuosa via della svolta veramente democratica oppure se scegliere la paralisi e l’impasse politica e sociale. Sinora l’unica voce che si è ufficialmente opposta all’approvazione della nuova costituzione è quella dei Fratelli musulmani che considerano non solo il contenuto del testo, ma soprattutto l’organo che l’ha elaborata come incostituzionale poiché figlio di un regime che ha spodestato il legittimo presidente. D’altronde l’articolo 74 sancisce, con chiaro riferimento alle esperienze elettorali recenti e al successo dei partiti a sfondo religioso, che “i cittadini hanno il diritto a costituire partiti politici, nei limiti concessi dalla legge. L’attività politica è negata a partiti a base religiosa o che si fondano sulla discriminazione in base al sesso, all’origine, in base a discorsi settari o geografici, oppure che praticano attività antidemocratiche, che abbiano natura segreta, militare o paramilitare”. Si dovrà attendere solo un mese o poco più per conoscere il parere degli egiziani, ma si dovrà attendere molto di più per comprendere se l’inchiostro usato per scrivere la nuova costituzione sarà indelebile, e soprattutto se il governo assumerà tutte quelle misure, in primo luogo educative, culturali, ma anche politiche, che sono il terreno indispensabile e irrinunciabile per fare fiorire rigogliosa la pianta della democrazia.