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NOA E ANGELICA

La nostra società pagana dimentica della vita

Noa Pothoven, lasciata morire in modo orribile, dopo che era entrata nel tunnel della depressione, è un'ulteriore dimostrazione di quanto la nostra società sia tornata al paganesimo e non rispetti più il valore della persona. Ci incoraggia, invece, il tema di Angelica, la 15enne che narra il suo amore per la nonna rimasta priva di memoria.

Editoriali 10_06_2019
J. L. David, Morte di Socrate

Caro direttore,

è sempre più evidente che la nostra civiltà, marchiata dall’esperienza cristiana, sta velocemente regredendo di oltre duemila anni, tornando ad assumere tutti i criteri di una società pagana, in cui il valore della singola persona viene sempre messa più in dubbio. Basti vedere come vengono affrontati dal pensiero unico imposto dal “politicamente corretto” i temi della vita, della procreazione e della morte. Tragicamente clamoroso, in questo senso, è stato ciò che è accaduto ad una bella e povera ragazza olandese di soli 17 anni, entrata nel tunnel della depressione, causata da episodi terribili accaduti nella sua breve vita.

Si tratta, come noto, di Noa Pothoven, lasciata morire in modo orribile (è morta di fame e di sete), anche se, dicono, “assistita” da medici e genitori. Non ci possiamo permettere alcun giudizio di carattere “personale”, anche perché non conosciamo a sufficienza i fatti. Ma il fatto oggettivo accaduto abbiamo l’obbligo morale di giudicarlo, anche per aiutare l’intera nostra società ad un profondo esame di coscienza su quanto sta accadendo. Il fatto oggettivo ci dice che la nostra società, sempre più “pagana”, non riesce più a guardare in faccia il dolore del mondo e delle persone e preferisce precorrere tragicamente la via più breve, ma più disumana, della cancellazione del problema del dolore. Invece di cercare di aiutare Noa a superare la sua durissima ferita, si è preferito farla scomparire. Del resto, quando si è eliminato dal pensiero e dalla prassi correnti il riferimento al Dio creatore ed, in particolare, al Dio incarnato per amore in Gesù, è molto più facile perdere la speranza che un bene possa essere raggiunto anche attraverso il nostro sacrificio ed anche attraverso le nostre preghiere. Una società dichiaratamente atea prima o poi non può non creare mostri, perché l’uomo, da solo, non ce la fa ad essere buono.

Il Dio che si è incarnato ci ha indicato che la speranza può rinascere dai “piccoli” e per questo ci ha raccomandato di tornare come bambini. Mi è tornato in mente questo richiamo di Gesù, rileggendo il componimento di una ragazza di 15 anni di Gemona del Friuli (Angelica), a cui è stato assegnato il primo premio per le scuole superiori nel concorso scolastico organizzato dall’Associazione Nonni2.0. La motivazione del premio è stata la seguente: “Di violenta dolcezza, di forza struggente è tessuto il racconto ricordo di Angelica per sua nonna. Non censura nulla né del dolore né della bellezza smagliante. Ferisce, e dà speranza in una umanità di sorrisi e cielo, di doni di bambole e montagne”. Infatti, Angelica ricorda la sua carissima nonna quando era stata invasa da quella smemoratezza che colpisce molte persone in età avanzata. Il pensiero unico pagano, in questi casi, avrebbe una soluzione molto facile, reputando “inutile” e costosa una persona smemorata. Angelica, invece, forte dell’affetto che la legava e la lega a sua nonna, ci dà le serie e commoventi ragioni per continuare ad amare fino in fondo la “bellissima” persona di sua nonna. E lo fa usando parole che tutti gli adulti dovrebbero imparare, soprattutto quando essi hanno la responsabilità di determinare l’opinione pubblica.

Ed infatti. Angelica scrive: “Ti sento cantare i ritornelli che avevi imparato da bambina, e mentre inutilmente cerchi la tua madre…..riesco anche a riprovare il senso d’impotenza e la stessa rabbia per ciò che ti succedeva... riaffiora la gioia enorme nel vederti a casa, anche se con il sondino; i baci sulla fronte e gli omogeneizzati… sono infinitamente grata di essermi potuta rendere conto di quanto una persona possa essere fondamentale anche se non si ricorda il tuo nome e non ti riconosce più... anche la tua risata era bellissima, in realtà eri bella tu, di uno splendore disarmante, lo sei sempre stata... è doloroso ma è bellissimo, è come una presa di coscienza. Mi hai segnata profondamente, eri completamente assente e allo stesso tempo avvertivo potentissima la tua presenza, eri immobile eppure percepivo in te un'energia quasi violenta” . Penso che una frase come questa valga di più di un intero congresso sulla bioetica. E penso che tutti dobbiamo imparare a riprendere speranza nella vita dalla “piccola” Angelica. Forse, la povera Noa aveva bisogno di avere a fianco una sorella come Angelica.