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ETTORE GOTTI TEDESCHI

La miseria materiale è conseguenza di quella morale

Intervista a Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dello Ior, sulle cause della miseria materiale e le nuove povertà di cui tanto parla anche Papa Francesco. La causa è morale. La povertà è una conseguenza del peccato. Il problema grave è il tentativo di far perdere alla Chiesa la sua guida morale.

Cultura 28_09_2014
Le periferie di Buenos Aires

La crisi economica globale genera masse di nuovi poveri anche nei Paesi più benestanti. La permanenza di interi popoli esclusi dalla globalizzazione e dal benessere materiale pone un limite allo sviluppo umano. Anche papa Francesco interviene a più riprese su temi economici. Ma sottolinea sempre che la Chiesa non è una Ong, né un'agenzia internazionale dedita alla redistribuzione dei beni. Spesso questi ruoli si confondono, soprattutto considerando che i media battono molto il chiodo sul cliché del "papa dei poveri". Per fare chiarezza su questi temi molto delicati, ne abbiamo parlato con Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, già presidente dello Ior.

La crisi economica in corso sta creando nuove povertà, le stesso Santo Padre è intervenuto in più occasioni riferendosi ai temi economici. Lei crede che anche per la nostra Chiesa la lotta alla povertà debba esser una priorità?
Certamente, è necessario insegnare che gran parte della povertà materiale nel mondo è frutto del peccato, dell’egoismo, indifferenza, avidità, ecc. È necessario sapere che anche una ripartizione della ricchezza non risolverebbe il problema dell’invidia, gelosia, avidità, attaccamento alle cose, ecc. e possiamo persino prevedere che dopo la ripartizione, si ricostruirebbe la concentrazione della ricchezza e della diseguaglianza. Il problema della miseria (materiale) è originata dal peccato, ed è mio convincimento che la povertà economica (non solo individuale ma anche di popolazioni intere) sia conseguenza della “povertà morale” e che questa “povertà morale” debba esser risolta, nella gerarchia dei problemi, prima di quella economica. Purtroppo è soprattutto la visione cattolica che è orientata in pratica (e non solo a parole) a questa soluzione, che è ben avversata peraltro, non essendo quello che la cultura globale, gnostica, vuole che facciamo. Questa cultura globale vorrebbe che la fede cattolica si rassegnasse a divenire un’etica sociale utile al mondo intero, separando fede da opere. E questa separazione non può altro che perpetuare l’indifferenza vera, anche se mascherata da affermazioni di convenienza, verso i bisogni del prossimo, verso l’indigenza, verso ogni forma di  povertà. Non dimenticando che (come scrisse S. Josè Maria Escrivà) “più che nel dare, la carità consiste nel comprendere”.

Ma possiamo immaginare una soluzione tipo “patti lateranensi” del XXI secolo attraverso i quali la Chiesa cattolica possa esser libera di evangelizzare, insegnare il Magistero, consolare, e cambiare il mondo con la sua fede operativa, che produrrebbe carità e solidarietà vera, non filantropia? E se fosse possibile, con chi trattare e discutere?
La Chiesa cattolica apostolica, romana, sempre meno si confronterà e stabilirà accordi con lo Stato in cui convive, perché questo Stato, sempre meno, avrà autonomia di potere. Uno Stato è sempre più svuotato di potere reale, essendo inserito in un contesto indefinibile, che chiameremo per convenzione “mondo globale”, senza più una cultura e un progetto suo specifico per i suoi cittadini che, in qualche modo, si riconoscevano nelle cosiddette radici cristiane. Queste, magari senza più riconoscer una natura dell’uomo determinata dal Creatore con leggi naturali, si compiacevano fino a qualche decennio fa, di affermare ancora un cultura fondata su questi valori. Nel mondo globale, che si è sviluppato in modo accelerato negli ultimi trent’anni, vi è una maggioranza di culture dove si vorrebbe che le religioni non avessero un Dio Creatore che ha stabilito leggi naturali da osservare. Se Dio non è riconosciuto o previsto da Stati sempre più economicamente e culturalmente dominanti il mondo globale, questi non si limiteranno al dominio economico, in breve arriveranno ad imporre culture nuove. Accettando necessariamente la loro cultura si arriverà presto a separare l’etica comportamentale da quella morale. Ma attenzione, la dignità dell’uomo in queste culture invadenti non è sempre quella cui siamo noi abituati nonostante secoli di eresie, illuminismo, positivismo e nichilismo. Se il sistema cultural politico dominante nel mondo globale deciderà che la natura è origine e fine di se stessa e non c’è un legislatore e giudice, ed i rapporti sono regolati da ciò che gli Stati decidono siano le regole, il senso della vita lo stabilirà (più che mai) la cultura dominante che ispirerà il governo del mondo. Non credo nessuno si meravigli, sono decenni che le istituzioni internazionali decidono cosa sia bene e cosa sia il male, imponendo leggi globali (sempre peggiori) sui diritti e doveri, morali, da non discutere. La Chiesa soffrirà non poco a riuscire ad insegnare che la vita ha un suo senso soprannaturale e che non si può separare fede ed opere. Il rischio è pertanto che le azioni possano divenire più che mai “pragmatiche”, secondo una costituzione agnostica in un mondo dove il più forte e prepotente avrà sempre più ragione, non crederà a nulla e giustificherà tutto. Conseguenza prevedibile di questo rischio è che la religione universale che si cercherà di proporre sarà un ambientalismo naturalista e panteista. La gnosi (separazione dualistica tra spirito e materia) provocherà una ulteriore rottura tra sfera naturale e soprannaturale, provocando la rottura definitiva tra potere civile e potere religioso a livello globale. Ne conseguirà un progressivo passaggio ad un secolarismo globale che cancellerà definitivamente ogni principio giustificativo di ogni ordinamento di ogni gerarchia, di autorità, di valore morale. Così, senza una “ricchezza morale” globale, l’ingiustizia e la povertà materiale potranno crescere ancor più  a livello globale.

Ma ciò quindi implica anche un rischio di perdita di influenza morale da parte della Chiesa?
Se per influenza morale intendiamo ispirare norme riferite alla Verità assoluta della nostra fede, che orientano la condotta degli uomini, che spiegano il senso delle azioni coerentemente con il senso soprannaturale della vita, la risposta è “temo di sì”. Se per morale intendiamo norme di comportamento etico civile, da tutti accettate, non riferite però a leggi di un Dio Creatore, credo che questo rischio non sia troppo alto. La conseguenza del rischio di perdita del ruolo di guida morale da parte della Chiesa, e dello scadimento del valore antropologico della dignità umana, potrà anche essere la perdita di una forma di democrazia nel mondo globale ed un rischio totalitario. Le ragioni di questo rischio stanno nella imposizione di un necessario uniformismo imposto (con giustificazioni varie: quali impedire guerre, problemi di razzismo, di sessismo, ecc.) reso necessario dalla omogeneizzazione culturale, che in realtà servirà al potere, che uscirà dominante, per imporre una forma, al momento non ben percepita, di totalitarismo. L’affermare la fede in un Dio Creatore, la fede in leggi naturali che regolano la Creazione, la dignità dell’uomo creatura di Dio, l’importanza della naturale individualità dell’uomo e la conseguente diseguaglianza, ecc. potrebbe esser considerato persino immorale ed esser punito. Poichè però l’uomo non può sentirsi uguale agli altri, anche se ha un comportamento economico sociale apparentemente simile, essendo stato creato individualmente e avendo un’anima che lo differenzia nella personalità, ciò significa che si potrà esser ugualitari solo per coercizione. Fino a quanto si potrà privare l’uomo della sua libertà attraverso una dittatura impercepibile? Fino a quando sarà sopportabile un nichilismo globale che rende possibile l’indottrinamento culturale? Ma al di la di questo, quanto durerà un siffatto mondo svuotato di valori? Senza valori l’uomo perde valore, e se l’uomo perde valore, che vita potrà mai essere? La maggioranza è come la coscienza individuale, o è formata e responsabile, o è incosciente, condizionabile e crea danni irreversibili. Per esempio la famosa uguaglianza è incompatibile con la libertà che crea proprio disuguaglianza. L’ingiustiza e la miseria economica è conseguenza di miseria morale che provoca invidia, egoismo, cupidigia. Che succederebbe se la fede cattolica divenisse “evoluzionista” e cedesse sui dogmi voluti da Dio per il bene dell’uomo? Dobbiamo convincerci che nel cattolicesimo c’è un assolutismo dottrinale, fondato sulla Rivelazione, che spiega che deve affermare un unico Dio – unica Fede – unica Chiesa – unica Verità. Esser tolleranti con il prossimo ed intolleranti con se stessi è cattolicesimo, ma tollerare contraddizioni di fede non è tolleranza, è tiepidezza. Separare fede e opere, accettare una forma di metamorfosi del peccato originale, non cercare di spiegare la Verità assoluta che è preliminare alla libertà, porta i fedeli ad accettare le convenzioni umane su ciò che è valore, cosa è buono, lecito, legale. Le convenzioni le fanno le maggioranze, non le intelligenze illuminate dalla Grazia. Se queste riuscissero a imporre una nuova teologia, questa potrebbe esser costretta a incorporare le domande moderne di morale traducendole (o giustificandole) in verità di fede. Se si riuscisse a convincere il cattolico che è prioritario occuparsi di povertà materiale, se si riuscisse ad umanizzare il cattolicesimo togliedogli il soprannaturale, si riuscirebbe a illudere di poter render l’uomo maturo, autonomo, responsabile, distaccandolo dall’unione con Dio. E sarebbe la fine.

Che dovrebbe fare pertanto la Chiesa?
È mio convincimento che la Chiesa debba sforzarsi di affrontare questo problema prioritariamente, non deve cercare di “esser gradita”, se non per non farsi escludere a priori, ma deve incidere. Per farlo deve saper esser indipendente dal potere del mondo, e deve esserlo strategicamente. Io credo che, o la Chiesa riesce a convincere il mondo intero dell’importanza della sua autorità morale (come spiega il Papa in Lumen Fidei), indispensabile al comportamento (in pratica cattolicizzando il mondo), oppure la fede cattolica rischia di essere, senza interventi soprannaturali, progressivamente “eliminata”, perchè pericolosa, in vista di una necessaria omogeneizzazione di valori  nel globale. Questa è una considerazione forte, ma non dovremmo meravigliarci, è infatti compito del cattolicesimo universale convertire tutti, con la parola e l’esempio. È la volonta di Cristo, non di uomini più o meno capaci. Ma già stiamo vivendo molti sintomi di quello che potrà avvenire. Stiamo vivendo intanto la negazione progressiva dei diritti di esprimere valutazioni di carattere morale su cosa è bene-male, lecito-illecito. Poi potrebbe venir negato il diritto individuale di viverlo. Se la Chiesa lasciasse vivi i suoi dogmi, ma concedesse di viverli in modo, diciamo, mondano (secondo le regole del mondo), la Chiesa si guadagnerebbe applausi e complimenti per la sua capacità di capire le esigenze del mondo, ma chi continuasse a vivere integralmente la fede ed i dogmi verrebbe considerato settario, potrebbe venir persino considerato fuori dalla Chiesa e “messo al rogo” perchè pericoloso per la società uniformata. Se qualcuno lasciasse pensare che la Chiesa possa esser pronta a concedere l’accettazione dell’errore e a svilire il peccato, sarebbe bene che prima rileggesse il magistero dei Papi (soprattutto Lumen Fidei di papa Francesco, con molta attenzione) e facesse gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. In assoluto silenzio.