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IL LIBRO

La mafia di San Gallo: il piano per sovvertire la Chiesa

Un testo che ha già destato clamore in America ricostruisce la trama di un progetto orchestrato sin dagli anni '90 da un gruppo di cardinali che miravano a un cambiamento dottrinale e morale. Puntavano sul primate argentino, che ora è divenuto Papa, e i loro propositi sembrano pienamente in atto.

Ecclesia 25_11_2022

Le edizioni Fede & Cultura pubblicano in italiano La mafia di San Gallo, un libro che ha fatto tanto parlare di sé non appena uscito in America nel 2021. Il sottotitolo traduce alla lettera quello americano: Un gruppo riformista segreto all’interno della Chiesa. Come è noto, l’espressione da cui prende il titolo il libro è stata coniata da un membro del gruppo, il cardinale belga Daneels, in riferimento ad alcuni alti prelati, poi cardinali, che si incontravano sistematicamente a San Gallo, in Svizzera (ma non solo lì), per coordinare gli sforzi in vista di un cambiamento nella Chiesa: lo stesso Daneels, Martini, Kasper, Murphy O’Connor, Lehmann.

Il libro mette in sequenza numerosi fatti, incontri, cene nelle trattorie romane avvenuti in prossimità dei due conclavi del 2005 e del 2013; frasi insinuate, depistaggi programmati, rivelazioni tendenziose. Non tutto è dimostrato, alcune ricostruzioni si basano su ipotesi, come quando, durante il conclave del 2005, dopo un colloquio riservato tra Ratzinger e Martini a pranzo, le cose si sbloccarono a tal punto che al pomeriggio stesso di quel giorno fu eletto Benedetto XVI. La lettura del libro, però, rivela molto più di una ricostruzione da giornalismo d’inchiesta.

Il suo significato va oltre la dimensione della spy-story tinteggiata di "giallo vaticano". Il lettore percepisce che la ricostruzione è molto verosimile, sostanzialmente attendibile e capace di spiegare un trentennio di storia vaticana. Il libro ha il merito di mettere i dati in ordine, di esporli con chiarezza e completezza e – ci ritorneremo a breve – di inserirli nella più ampia vita della Chiesa. Non è solo gossip da vaticanisti.      

Il “gruppo” di San Gallo nasce a metà degli anni Novanta, quando cominciò a manifestarsi la malattia di Giovanni Paolo II, per opporsi all'eventuale elezione di Ratzinger in vista di un futuro conclave. La Meloni ricostruisce le azioni concordate dal gruppo alla morte di Giovanni Paolo II e, soprattutto, l’apparentemente strano comportamento di Martini che – dopo il famoso colloquio a tavola di cui sopra – fece confluire i propri voti su Ratzinger. Proprio Martini che – spiega la Meloni – il gruppo di San Gallo avrebbe voluto come candidato anti-Ratzinger se non avesse contratto il morbo di Parkinson.

Nell’impossibilità di candidare Martini, già allora l’attenzione del gruppo si era indirizzata sull’arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio, che nel 2005 emerse come possibile candidato della mafia di San Gallo, ma per la “tenuta” della candidatura Ratzinger e per la scelta di Martini di confluire su di lui, anche Bergoglio si indirizzò su Benedetto XVI. Una cosa diversa avvenne nel conclave del 2013, dopo le dimissioni di Benedetto XVI. Anche in questo caso l’autrice ricostruisce i fatti, molti dei quali accertati, altri molto probabili ma non dimostrati, come per esempio l’invito a dimettersi che il cardinale Martini avrebbe rivolto a Benedetti XVI.

La narrazione si incentra sull’emergenza del primate d’Argentina, Jorge Mario Bergoglio, e sulla convergenza progressiva delle sue prese di posizione con gli auspici del gruppo di San Gallo. Lascio al lettore queste numerose e interessanti pagine, per segnalare, piuttosto, una delle dimensioni più interessanti del libro.

Come dicevo sopra, la Meloni non scrive solo un giallo ecclesiastico, una storia di trame e trabocchetti, da leggersi come un libro di spionaggio. Le azioni del gruppo di San Gallo hanno dietro di sé una visione teologica e sono finalizzate a un “cambio di regime” nella Chiesa, non solo e non tanto sostituendo una persona con un’altra, ma un paradigma con un altro.

Il gruppo voleva attuare nella Chiesa la rivoluzione liberale che nel 1972 Karl Rahner aveva espresso nel dettaglio nel suo libro La ristrutturazione della Chiesa come compito e come chance. Revisione della posizione della Chiesa su sessualità, contraccezione ed omosessualità, celibato dei sacerdoti, diaconato femminile, decentramento dottrinale, comunione ai divorziati risposati, sinodalità: questo il programma della “rivoluzione” del gruppo di San Gallo, già codificato alla sua nascita.

La qual cosa ci dice che non si trattava solo di un comitato di adepti clandestini, seppure di alto rango ecclesiastico, ma di un mondo teologico, di un’ampia fetta di Chiesa che da decenni combatteva contro Giovanni Paolo II e Ratzinger per una “svolta” progressista radicale. Era una “avanguardia” della rivoluzione con dietro a sé molte truppe.

Secondo la Meloni, Bergoglio fu eletto nel nuovo conclave del 2013 come esito finale di una lunga macchinazione durante la quale il gruppo aveva dovuto pazientare, aspettare il momento opportuno, rivedere momentaneamente la propria tattica, riposizionarsi, ma senza mollare mai, nemmeno dopo il suo assottigliamento per la morte di Silvestrini prima e di Martini poi. Ed infatti l’autrice elenca i provvedimenti con cui oggi Bergoglio/Francesco sta realizzando tutti i punti dell’agenda del gruppo richiamati sopra.

Due sono i criteri tattici seguiti per la “rivoluzione” nella Chiesa, oggi in piena attuazione, secondo la nostra Autrice. Il primo è la velocità: Murphy O’Connor diceva che sarebbero bastati quattro anni di Bergoglio per avere una Chiesa diversa. Ne sono passati di più e tutti vedono che si sta procedendo a tappe forzate. La seconda, solo apparentemente contraria, è quella della prudenza. Gettare le basi dei cambiamenti, produrli indirettamente, fermarli temporaneamente quando si fanno troppo dirompenti e, quindi, passibili di una pericolosa reazione, farli camminare sottotraccia per farli poi emergere al momento opportuno.