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L'ANNIVERSARIO

La lezione dimenticata di Marshall McLuhan

I media organizzano il nostro sapere indipendentemente dai contenuti. Ma a cent'anni dalla nascita lo studioso canadese è stato ridotto a slogan.

Attualità 21_07_2011
Mc Luhan

Il 21 luglio ricorre il centenario della nascita di Marshall McLuhan, lo studioso canadese che raggiunse poco dopo la metà del secolo una fama mondiale con le sue teorie (e con i suoi slogan: era anche uno studioso e consulente di pubblicità) la fama mondiale: il medium è il messaggio, il villaggio globale, media caldi e media freddi e altri concetti che oramai fanno totalmente parte della nostra cultura. Negli anni ’60 ottenne una fama davvero da star, tanto che Woody Allen lo volle in un cameo in uno dei suoi film più celebrati, Io & Annie.

Come avviene qualche volta con gli innamoramenti subitanei e violenti, questo amore per McLuhan, almeno in Italia non è durato molto a lungo: nel settore delle comunicazioni ha presto lasciato il passo all’esplosione degli studi semiotici e poi a quelli sociologici, che si sono via via affiancati all’approccio sempre in buona misura storicistico dell’accademia italiana  (ancora oggi non si studia quasi da nessuna parte come si fa un film, ma la storia del cinema o peggio la storia delle teorie del cinema o peggio ancora la storia delle “teoriche” del cinema).

Così oggi in Italia McLuhan è poco studiato e rischia di essere ridotto a poco più che alcuni slogan. Nel nostro Paese è stato soprattutto Giampiero Gamaleri, dirigente Rai e poi docente a Roma Tre, che ha tenuto alta la bandiera del canadese, traducendo e introducendo i suoi volumi e dedicando a McLuhan alcuni ampi studi. Eppure di McLuhan a nostro parere ci sarebbe ancora molto da scoprire e molto su cui riflettere.

Nato da ascendenze battiste e metodiste, si convertì al cattolicesimo poco prima della Seconda guerra mondiale, mentre studiava a Camrbidge, andando così a ingrossare la schiera assai ampia di intellettuali divenuti cattolici grazie all’influenza di Chesterton, e più in generale a quel grande movimento di pensiero che ha le sue radici in Newman e ha dato linfa a grandi figure come quelle di Benson, di Knox, di Tolkien, di Evelyn Waugh e dei molti altri che li seguirono e che non sempre hanno la fama che si meriterebbero (si veda il bellissimo resoconto fatto da Joseph Pearce nel saggio Literary Converts, che attende a gran voce la traduzione italiana).

Una figura che accompagna McLuhan e di cui non molti parlano è quella del gesuita Walter J.Ong, solo di un anno più giovane e morto assai longevo nel 2003: se Ong fece la sua tesi di dottorato ispirato da McLuhan, fu poi Ong stesso a ispirare molte tesi di McLuhan (ma quest’ultimo aveva il “guizzo” della comunicazione epigrammatica e divenne enormemente più famoso) soprattutto attraverso la sua opera su Pietro Ramo e l’organizzazione del sapere, e riprese poi in modo più sistematico e meno oracolare molti concetti mcluhaniani, soprattutto quello dell’influenza delle “tecnologie della parola” sull’organizzazione del pensiero e del discorso.

Perché hanno ragione quelli che sostengono che ridurre McLuhan a uno studioso dei mass media o ancora peggio solo a uno studioso della radio o della televisione è assai riduttivo: il suo orizzonte invece è quello di studiare come le tecnologie (cioè tutto ciò che è artefatto umano, anche una penna e un pezzo di carta, anche una lampadina) influenzino l’organizzazione e la struttura del nostro sapere, del nostro discorso, della nostra elaborazione della scienza e della nostra comunicazione in modi che sono indipendenti dalla nostra volontà.

Così i media organizzano il nostro sapere in modo indipendente dai contenuti che essi hanno. Ovviamente da questo non si deve dedurre che il contenuto sia del tutto insignificante (come alcune letture affrettate dello studioso canadese vorrebbero intendere), ma solo che in ogni caso, con qualsiasi contenuto, per es. la stampa tende a creare ragionamento astratto, a indurre a distinzioni e separazioni, a creare individualità e individualismo,  mentre la radio tende a emozionare, a includere e unificare, a creare tribalismo, a indurre ondate emotive, ecc. (vedi l’uso della radio fatto per es. dalle dittature fascista e nazista, e al tempo dei genocidi in Ruanda).

Negli ultimi anni c’è stato un certo ritorno di McLuhan con l’esplodere della comunicazione via web: ci sono passi di uno dei suoi libri più famosi, La galassia Gutenberg, che sembrano descrivere internet e il world wide web con circa trenta anni di anticipo… Ma questo ritorno e un confronto anche con alcune sue provocatorie tesi sul rapporto fra media e religione, raccolte soprattutto nel saggio postumo La luce e il mezzo,  sarebbe ancora oggi per tutti di noi un esercizio più che salutare.