La legge Cirinnà spacca il Pd e minaccia la Costituzione
L’iter parlamentare di approvazione del disegno di legge Cirinnà sembra, per fortuna, impantanarsi. Da una parte ci sono le lacerazioni all’interno dei singoli partiti, dall’altra ci sono le obiezioni che filtrano dal Quirinale che avanzano dubbi di costituzionalità.
L’iter parlamentare di approvazione del disegno di legge Cirinnà sembra, per fortuna, impantanarsi. Da una parte ci sono le lacerazioni all’interno dei singoli partiti, con i cattolici dem che reclamano modifiche al testo, pur non volendo appiattirsi sulle posizioni di Area popolare (il ministro Galletti ha fatto sapere che, a titolo personale, parteciperà, con moglie e due figli, al Family Day del 30 gennaio). Dall’altra ci sono le obiezioni che filtrano dal Quirinale e che seguono le esternazioni del cardinale Bagnasco («Unioni civili? I problemi in Italia sono altri») e del cardinale Ruini («Il disegno di legge Cirinnà è sbagliatissimo»).
Partiamo proprio dalla posizione di Mattarella, che fa riferimento a una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, la n.138, estremamente chiara sulla non equiparabilità tra matrimonio naturale e coppie dello stesso sesso: «Si deve escludere che l’aspirazione al riconoscimento dei diritti e doveri della coppia omosessuale possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali», anche perché «i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso».
Parole che stridono in maniera invincibile con gli articoli 2 e 3 del disegno di legge Cirinnà, che di fatto equiparano l’unione civile al matrimonio. Tanto che, a quanto è dato sapere, i tecnici di Palazzo Chigi starebbero già lavorando a una limatura sostanziale di quel testo, per evitare che esso possa essere spazzato via dalla tagliola dell’incostituzionalità. Si è dunque dovuto prendere atto, anche negli ambienti di governo, che il problema è di sostanza e non di dettaglio. Non sono possibili compromessi sulla stepchild adoption, cioè sull’adozione del figlio naturale del partner, ma neppure è possibile approvare il testo Cirinnà, che arriverà nell’aula di Palazzo Madama entro la fine del mese, stralciando solo la parte sulle adozioni. Le sue debolezze, anche sul piano della correttezza costituzionale, sono ben più profonde. E le proteste bipartisan dei cattolici sono soltanto la manifestazione di un disagio crescente anche nell’opinione pubblica.
Il governo, fanno sapere dalla Presidenza del Consiglio, punterebbe a costituire «un istituto giuridico autonomo con caratteristiche diverse e graduate rispetto al matrimonio». Ma i senatori di Area popolare Maurizio Sacconi e Nico D’Ascola, in una nota, si sono rivolti al Presidente della Repubblica «affinché sia garante della Costituzione per la parte dei principi che affondano le loro radici nella tradizione nazionale», in particolare l’art. 29 della Costituzione, che richiama i diritti della sola famiglia in quanto società naturale fondata sul matrimonio. Impensabile che la Consulta possa approvare il testo attuale del ddl Cirinnà, che consente anche alla coppia dello stesso sesso un atto volontaristico con tutte le caratteristiche del matrimonio, inclusi l’indirizzo comune familiare, la quota di legittima, la pensione di reversibilità.
Se, dunque, dal Colle si rileva che la bussola orientatrice dell’azione legislativa in materia non può non essere la sentenza n.138 della Consulta, appare improbabile che Mattarella firmi il testo di legge Cirinnà qualora venisse approvato in via definitiva nella sua attuale versione. La promulgazione verrebbe con ogni probabilità rifiutata, il che equivarrebbe a uno strappo nei rapporti governo-Quirinale, eventualità che Renzi, già in difficoltà su altri fronti, non può permettersi. Sul piano della strategia politica, appare evidente che sia il Pd sia il Movimento Cinque Stelle, assai convergenti su questo punto, debbano fare di tutto per condurre in porto l’approvazione definitiva del ddl Cirinnà. I dem sono sotto assedio, anche mediatico, per lo scandalo delle banche salvate dal governo e per la tempesta speculativa che si sta abbattendo da giorni sulle Borse, anche quella italiana, con particolare riferimento ai titoli bancari.
I pentastellati vogliono uscire dall’angolo dopo le rivelazioni sugli appalti nel comune di Quarto e un successo come l’approvazione della legge sulle unioni civili potrebbe ridare ossigeno a un movimento come i Cinque Stelle, che nelle ultime due settimane è apparso decisamente in affanno. Al Pd renziano e ai grillini converrebbe, quindi, per ragioni diverse, saldarsi in un fronte compatto e favorire in qualsiasi modo l’approvazione del ddl Cirinnà. Un altro rinvio nella discussione di quel testo potrebbe accrescere le tensioni sia in ambito governativo che nelle opposizioni favorevoli alle unioni civili e rompere anche il fronte riformatore faticosamente messo in piedi dal premier.