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L'UDIENZA

La famiglia è la prima scuola di preghiera

La famiglia, ha detto il Papa, è la prima scuola di preghiera, e pregando offre anche una testimonianza rispetto al rapporto malato e frenetico con il tempo. Se impari in famiglia a chiamare Dio “Padre” «con la stessa spontaneità con la quale impari a dire ‘papà’ e ‘mamma’ … l’hai imparato per sempre».

Ecclesia 27_08_2015
La Sacra Famiglia, icona

Proseguendo nel suo ciclo di catechesi sulla famiglia, all’udienza generale del 26 agosto 2015 Papa Francesco ha messo a tema le relazioni fra famiglia e preghiera. La famiglia, ha detto il Papa, è la prima scuola di preghiera, e pregando offre anche una testimonianza rispetto al rapporto malato e frenetico con il tempo così tipico del mondo moderno.

La preghiera di domanda è necessaria, ma non è l’unica forma della preghiera. Va bene, ha detto il Papa, che Dio «ci aiuti nelle difficoltà, va bene sentirsi in dovere di ringraziarlo. Tutto giusto. Ma vogliamo anche un po’ di bene al Signore? Il pensiero di Dio ci commuove, ci stupisce, ci intenerisce?». «Riusciamo a pensare Dio come la carezza che ci tiene in vita, prima della quale non c’è nulla? Una carezza dalla quale niente, neppure la morte, ci può distaccare? Oppure lo pensiamo soltanto come il grande Essere, l’Onnipotente che ha fatto ogni cosa, il Giudice che controlla ogni azione? Tutto vero, naturalmente. Ma solo quando Dio è l’affetto di tutti i nostri affetti, il significato di queste parole diventa pieno».

Dobbiamo, ha detto Francesco, coltivare nel cuore «un amore caldo» per Dio: diversamente, possiamo «moltiplicare le parole» come i pagani o «esibire i nostri riti» come i farisei senza arrivare alla perfezione della preghiera. Invece, «un cuore abitato dall’affetto per Dio fa diventare preghiera anche un pensiero senza parole, o un’invocazione davanti a un’immagine sacra, o un bacio mandato verso la chiesa». E questa vera preghiera s’impara in famiglia: «è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Madonna. Quanta tenerezza è in quello! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in luogo di preghiera». Se impari in famiglia a chiamare Dio “Padre” «con la stessa spontaneità con la quale impari a dire ‘papà’ e ‘mamma’ … l’hai imparato per sempre».

Il Pontefice è tornato anche su un tema a lui caro, quello del nostro rapporto con il tempo, che oggi è «tempo complicato e affollato, occupato e preoccupato». Però, ha detto, «chi ha una famiglia impara presto a risolvere un’equazione che neppure i grandi matematici sanno risolvere: dentro le ventiquattro ore ce ne fa stare il doppio! E’ così, eh? Ci sono mamme e papà che potrebbero vincere il Nobel, per questo. In 24 ore ne fanno 48! Non so come fanno ma si muovono e fanno! C’è tanto lavoro in famiglia! Lo spirito della preghiera riconsegna il tempo a Dio, esce dalla ossessione di una vita alla quale manca sempre il tempo, ritrova la pace delle cose necessarie, e scopre la gioia di doni inaspettati».

Di fronte all’episodio evangelico di Marta e Maria, ha concluso il Papa, dobbiamo imparare da entrambe. Infatti le due sorelle «impararono da Dio l’armonia dei ritmi familiari», «la bellezza della festa, la serenità del lavoro, lo spirito della preghiera». La preghiera si impara, e la famiglia cristiana è la prima scuola di preghiera. «La preghiera sgorga dalla confidenza con la Parola di Dio. C’è questa confidenza nella nostra famiglia? Abbiamo in casa il Vangelo? Lo apriamo qualche volta per leggerlo assieme? Lo meditiamo recitando il Rosario? Il Vangelo letto e meditato in famiglia è come un pane buono che nutre il cuore di tutti. E alla mattina e alla sera, e quando ci mettiamo a tavola, impariamo a dire assieme una preghiera, con molta semplicità: è Gesù che viene tra noi, come andava nella famiglia di Marta, Maria e Lazzaro».