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Islam

La difficile vita dei cristiani in Arabia Saudita

Nonostante un certo allentamento del controllo, la libertà religiosa è tuttora negata e i cristiani continuano a dover praticare la fede in privato, di nascosto

 

L’Arabia Saudita è la patria del profeta Maometto. L’islam è nato lì e solo l’islam vi è ammesso. Ogni altra religione è bandita e va considerato un grosso passo avanti il fatto che di recente essere cristiani non significhi più rischiare la vita o l’espulsione, a condizione di praticare la fede con estrema discrezione. Non esistono chiese e i cattolici, circa un milione in gran parte immigrati per motivi di lavoro, possono solo pregare in casa, in privato. Per ricevere i sacramenti e partecipare a una messa quando possono si recano negli altri paesi del vicariato del Nord di cui l’Arabia Saudita fa parte: Bahrein, Kuwait, Qatar. Eppure la fede è viva. Ormai però possono rimediare in parte usando internet per avere notizie dal Vaticano, per sentirsi parte della comunità dei credenti, per disporre della Bibbia, dei messali, dei testi sacri che non è facile introdurre nel paese. Benché continui a mancare la possibilità di andare in chiesa e la libertà di culto sia tuttora negata, possono formarsi on line, assistere “da remoto” alla messa, collegarsi via zoom con altre comunità, comunicare tramite la posta elettronica e le reti social con il resto del mondo cristiano. Tutto questo è possibile, mentre un tempo sarebbe stato comunque duramente sanzionato, grazie al principe ereditario Mohammad bin Salman sotto la cui guida i controlli e il rigore sono stati allentati, il potere della polizia religiosa e dei volontari della morale è stato ridimensionato. Adesso è persino consentito fare l’albero di Natale e festeggiare san Valentino. Tuttavia è solo sotto anonimato che una personalità diplomatica che conosce bene l’Arabia Saudita ha accettato di parlare della situazione dei cristiani e dei cambiamenti in atto con l’agenzia di stampa AsiaNews  “Pur restando la culla dell’islam sunnita – ha spiegato – con i due luoghi più importanti per la fede musulmana, la Mecca e Medina, il regno (wahhabita) registra un significativo cambiamento. Un tempo vi era una sistematica censura di tv, internet e social mentre ora vi sono più possibilità di connessione con l’esterno. Ciò è evidente anche per la Chiesa cattolica con la formazione dei ministri laici e dei responsabili di comunità ed ogni incontro, privato, è un momento di gioia. Vi è poi il tema della croce, un tempo talmente sensibile che persino la maglia del Real Madrid (in cui è presente una piccola croce) o del Barcellona, veniva cancellata o si manteneva solo l’asse orizzontale (o verticale) mentre ora non rappresenta più un problema”. A conferma di questi cambiamenti, il cardinale Louis Rapahel Sako e il cardinale Beshara Rai hanno potuto visitare il paese indossando la croce.