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EUROPA

La credibilità dell'Ue si gioca sul presidio del confine comune

“Un’Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali". Questi sono i buoni propositi enunciati nella Dichiarazione di Roma. La realtà non rispecchia molto queste parole.

Esteri 29_03_2017
Frontex

L’Europa “unita” compie 60 anni e per celebrarli cerca di rassicurare gli europei con la Dichiarazione di Roma che mette al primo punto immigrazione e sicurezza annunciando la protezione delle frontiere.

“Un’Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un’Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata”. Il testo del primo dei quattro punti che compongono il documento redatto dai 27 sembrerebbe indicare una svolta nelle sciagurata politica di accoglienza indiscriminata praticata finora. Il condizionale resta però d’obbligo poiché già in più occasioni la Ue non ha lesinato chiacchiere mai seguite da iniziative concrete.

Infatti in appena due giorni dalle celebrazioni di Roma le fratture in ambito Ue sul tema migranti non si contano. L’Austria minaccia di ritirarsi dalla “relocation” dei richiedenti asilo presenti in Grecia e Italia, cioè la loro ridistribuzione in altri Paesi dell’Unione. Meglio non farsi illusioni: a fronte di 181.500 mila immigrati illegali sbarcati in Italia dalla Libia nel 2016 e quasi 13 mila nei primi due mesi del 2017 (oltre 600 mila dal 2013 dei quali 100 mila in Nord Europa e 160 mila nei centri d’accoglienza mentre la gran parte hanno fatto perdere le loro tracce) il numero di coloro che possono essere inseriti nel programma Ue di trasferimento in altri paesi europei ammonta ad appena 6.000. Lo ha rivelato lunedì il commissario Ue responsabile dell'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, al termine di una riunione dei ministri dell'Interno. "In Grecia ci sono 20.000 persone mentre in Italia il numero è di 6.000 registrati per la relocation, in gran parte eritrei", ha spiegato Avramopoulos. Il motivo è che gli eritrei sono gli unici africani ai quali viene riconosciuto dall’Europa il diritto d’asilo a causa della natura particolarmente dispotica del suo governo anche se poi Bruxelles non spiega per quale ragione allo stesso regime dell’Asmara donerà nei prossimi anni oltre 300 milioni di euro in aiuti allo sviluppo.

A Budapest intanto il presidente Viktor Orban ha annunciato che se dovesse saltare l'accordo con la Turchia sui migranti lungo la rotta balcanica (ipotesi non certo remota) l'Ungheria li fermerà grazie al muro e alle nuove leggi sull'asilo. Orban lo ha detto durante la conferenza stampa al termine del vertice dei paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) a Varsavia. I nuovi regolamenti sull'asilo entrano in vigore oggi, ha aggiunto, e le barriere, "costruite solo con soldi ungheresi", ci permetteranno di bloccare un'eventuale nuova ondata migratoria. Il quartetto di Visegrad, ha denunciato il "ricatto" dell'Ue sui migranti, poiché Bruxelles lega la politica migratoria a quella finanziaria, riducendo gli aiuti a chi non accoglie immigrati illegali.

"Come Gruppo di Visegrad, non possiamo lasciarci intimidire", ha detto Orban nel giorno in cui in Ungheria è entrata in vigore la legge che impedisce la libertà di spostamento ai migranti che attendono venga valutata la loro richiesta di asilo. Da oggi i richiedenti asilo non potranno infatti più muoversi liberamente nel Paese dopo aver presentato la domanda, ma dovranno aspettare la fine del procedimento nei campi di container allestiti vicino al confine sud, a Roszke, sotto la sorveglianza della polizia.

In Italia invece si continua ad accogliere chiunque paghi i criminali. Nel mese di febbraio gli arrivi di migranti illegali dalla Libia in Italia sono quasi raddoppiati rispetto a gennaio: da 4.504 a 8.320 persone, per lo più da Costa d'Avorio, Guinea e Nigeria. Nello stesso mese di febbraio gli arrivi in Grecia sono scesi a meno di mille rispetto ai 1.493 di gennaio. In Spagna 770 migranti sono entrati nelle enclave di Ceuta e Melilla, altri 160 sono sbarcati nella penisola iberica con delle barche. La polizia ungherese ha bloccato a febbraio 2.183 persone dalla Serbia contro i 1.616 di gennaio. In Austria a febbraio sono giunti 2.450 richiedenti asilo, in Svezia 1.750. Lo rende noto il rapporto mensile dell'Agenzia Ue per i diritti fondamentali, che ha sede a Vienna. Lo stesso report rende noto che è deceduto il tunisino che, per sfuggire ad un rimpatrio coatto, è caduto da una terrazza del terminal 3 di Fiumicino. Lo stesso report informa che nella seconda metà del 2016 circa 5.500 persone sono state bloccate alla frontiera di Ventimiglia e trasferite nel sud Italia. Nel 2016 le autorità italiane hanno dato parere negativo al 56% delle domande di asilo, al 5% è' stato concesso lo status di rifugiato, al 35% è stata concessa una forma di protezione. A Brescia spetta il primato della severità: respinto il 97% delle richieste di asilo.

In questo contesto il “rilancio” dell’Europa dipenderà molto dalla credibilità con cui la Ue manterrà gli impegni assunti a Roma. La Ue ribadisce l’importanza degli accordi di Schengen ma avrà successo solo se le frontiere esterne verranno protette varando un giro di vite nei confronti di migranti illegali e trafficanti con respingimenti in Libia e Turchia ed espulsioni di quanti sono già arrivati in Europa ma non hanno titolo per ottenere nessuna forma di asilo. Del resto le “norme internazionali” a cui si richiama la Dichiarazione di Roma sono rappresentate dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951, in base alla quale nessuno di coloro che ha raggiunto l’Europa via Libia e Turchia avrebbe diritto all’asilo.

Mostrare decisione alle frontiere sarà quindi di fondamentale importanza per la Ue specie ora che è sotto pressione a causa dei ricatti di Ankara e dall’annullamento degli accordi tra Italia e Libia del 2 febbraio scorso, definiti illegittimi” dal tribunale di Tripoli.