La Corda pia, per vivere la Passione come Francesco
Una delle più antiche pratiche religiose è quella della “Corda pia”, che prende il nome dalle prime parole di un inno latino. Il quale presenta il mistero della Passione di Gesù rivissuto nel “prodigio” dell’impressione delle stimmate nel corpo di san Francesco, l’alter Christus.
«Viene il dì della santissima Croce, e santo Francesco la mattina per tempo, innanzi dì, si getta in orazione dinnanzi all’uscio della sua cella, volgendo la faccia verso l’oriente, e pregava in questa forma: “O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia, innanzi che io muoia; la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione; la seconda, che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quel grandissimo amore del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso per sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori”».
Tante sono le parole che Francesco d’Assisi ha dedicato al suo amore indicibile per la Croce; e tanti sono gli episodi che si potrebbero annoverare per comprendere - o meglio - per entrare in quell’eccezionale mistero del Santo d’Assisi che lo legava a quello della Croce. Questo brano, tratto dal III capitolo dei Fioretti che ha titolo “Considerazioni sulle stimmate”, è solo un esempio di come la contemplazione del Sacro Legno fosse sempre presente nei pensieri e nel cuore del santo francescano. Un connubio perfetto, si direbbe: Francesco, alter Christus, ha incarnato i segni della Passione sul proprio corpo, fissando nella sua vita momenti mistici della sua piena e vera unione e comunione con il Cristo crocifisso. Come per il santo Poverello è stata importante la preparazione per la Quaresima, così per l’intero Ordine francescano il tempo liturgico in preparazione della Pasqua è - da sempre - uno dei più intensi momenti in cui riscoprire il senso della propria fraternità al cospetto della Croce.
Ed è in questo contesto che si inserisce la celebrazione di una delle più antiche pratiche religiose: la “Corda pia”. La pratica prende nome dalle parole iniziali dell’antico inno latino con cui si apre: “Corda pia inflammatur, dum Francisci celebrantur, stigmatum insignia”. L’inno presenta il mistero della Croce rivissuto nel singolare “prodigio” dell’impressione delle stimmate nel corpo del Padre Serafico. Il fondamento teologico e spirituale di questa devozione francescana è da ricercare nella Sacra Scrittura e, in particolare, nelle parole di san Pietro: “Dalle sue piaghe voi siete stati guariti” (1 Pt 2,25). E proprio le piaghe sono al centro dell’inno, nella loro salvifica opera per l’intera umanità.
Molto probabilmente, l’origine di questa pratica religiosa è da trovarsi nel XIV secolo quando, nel Capitolo Generale dell'Ordine tenuto a Cahors nel 1337, venne istituita la festa liturgica delle Stimmate di San Francesco. La troviamo presente poi nel cerimoniale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali del 1631. La prima traccia scritta è in una fonte seicentesca che fa riferimento alla Cappella di San Giovanni Battista, posta nel transetto meridionale della basilica inferiore: «In questa Cappella, ogni venerdì dopo la Compieta, processionalmente dal choro si va da tutti i frati a cantar le “Letanie di Giesù” anzi al Crocefisso schiodato e con quattro lumi ordinati, composte dal Rev.mo P.re M.ro Filippo Gesualdo, Ministro Generale dell'Ordine Minore Conventuale, l'anno del Signore 1600».
Esercizio spirituale, vera e propria immersione nel mistero della Croce, la “Corda pia” viene proposta ancora oggi alla comunità francescana e ai fedeli come particolare momento contemplativo quaresimale, durante i venerdì di Quaresima. La celebrazione consiste in una prolungata meditazione che i frati e i fedeli sono invitati a fare sul mistero della Passione e Morte di Cristo e sulla rivissuta Passione di San Francesco. Grazie a canti, letture, Salmi e preghiere si è invitati a riflettere, a contemplare e a unirsi alle sofferenze patite da Cristo.
Ma qual è il testo integrale dell’inno? Sono versi, frammenti di immagini che restituiscono al fedele un affresco del tutto particolare della Passione: è una contemplazione che porta il fedele a ripercorrere non solo le ultime ore terrene del Salvatore, ma che lo conducono - grazie a immagini che, per la loro carica espressiva, potremmo definire sublime Poesia - all’incontro con Francesco d’Assisi colto nella sua meditazione e impressione sulla propria carne della Passione del Cristo.
Cerchiamo, allora, di entrare nel testo dell’inno che - in una certa misura - sembra riecheggiare dei versi dello Stabat Mater.
Corda pia inflammantur, / dum Francisci celebrantur / stigmatum insignia./ Absit nobis gloriari, / nisi in cruce salutari, / Francisci vestigio./ Nam in monte vir devotus, / vigil, nudus, ardens totus / crebra dat suspiria./ Solus ergo clausus orans, / super gestis crucis plorans, / mœrore conficitur./ Ad quem venit Rex è cælo, / affixusque crucis telo / aspectu pacifico./ Cernit serves Redemptorem, / sæculorum imperatorem, / passum impassibilem. / Cor Francisci transformatur, / corpus vero mox ornatur / mirandis stigmatibus./ Crucifixi ergo Christi, / mors et vita fuit isti / jugis meditatio./ Cuius cordis vim fervoris / ostendit per membra foris / stigmatum impressio./ Crucifixe singulari, / modo cruci conformari / mente sic et habitu./ Fac ut nos in regno lucis, / perfruamur fructu Crucis, / quo lætemur celitus./ Collaudetur Crucifixus, / Franciscus prorsus innixus / super mundi fœdera.
I cuori pii, devoti, eccoli che “s’infiammano” mentre celebrano i segni gloriosi della Passione vissuta da Francesco: “Non ci accada di gloriarci se non della croce salvifica, sull’esempio di Francesco”. E poi, ecco che il testo passa per un’immagine - forte - del famoso Monte degli Ulivi, dove troviamo “l’uomo pio, vigile, nudo e pieno di zelo” abbandonarsi a “gemiti inesprimibili”: sono i gemiti della Passione, del dolore, dell’agonia spirituale che precede la crocifissione. Come Gesù è colto nel silenzio della preghiera, così avviene anche per san Francesco di fronte al mistero della Croce. In questo caso, l’inno si carica di dolcezza: “viene trafitto dalla tristezza”, così dice il testo. Così come la lancia trafiggerà il costato del Cristo, così ora la tristezza trafigge interamente l’alter Christus. Ed è in questo momento che, allora, avviene il “prodigio”: il cuore di Francesco si tramuta e d’un tratto il suo corpo viene visitato dai mirabili segni della Passione. Nella chiusura, la parola passa al fedele: “Fa' che noi nel regno della luce godiamo del frutto della croce, e gioiamo per esso nel cielo. / Sia lodato il Crocifisso, Francesco unito completamente, svincolato dai legami del mondo”.