La bimba sana che non doveva nascere
Una storia che arriva dal Piemonte: coppia in attesa della bimba: l'ecografia ravvisa un problema grave, il medico consiglia di andare ad abortire in Francia perché ormai in Italia è proibito. I genitori rifiutano con una totale fiducia nella vita. La bimba nasce sanissima. Storie di speranza e fede. Un convegno a Casale Monferrato organizzato dal Mpv.
Una storia di fiducia nella vita e di speranza fa da sfondo al convegno organizzato dal Movimento per la Vita di Casale Monferrato che si svolgerà venerdì e sabato all'Auditorium di Piazza Statuto della cittadina piemontese. Diritto di aborto o diritto al consenso informato? questo il titolo dato dagli organizzatori (MpV e Cav) in collaborazione con Giuristi per la vita, Orizzonti di vita Piemonte, Consiglio Regionale Piemonte, Diocesi di Casale Monferrato e Comitato Verità e vita.
Il convegno, che vedrà le relazioni di esperti giuristi, bioeticisti e scienziati tra i più autorevoli, come il prof Giuseppe Noia, Padre Giorgio Maria Carbone, Renzo Puccetti e altri, inizierà venerdì sera alle 20.30 con la relazione del presidente dell'Associazione Medici Cattolici Franco Balzaretti e si concluderà sabato pomeriggio con la lectio di Padre Carbone.
Il convegno è aperto a medici, biologi, farmacisti, infermieri, ostetriche, tecnici di laboratorio. Per tali professioni al convegno sono stati conteggiati n. 10 crediti ECM, il cui conseguimento è subordinato al superamento della verifica finale.
Di seguito la storia che il MpV di Casale ha voluto rendere nota per pubblicizzare l'evento:
“Questa è la storia di una bimba fantastica! Tutto ha avuto inizio il 26 gennaio 1999, data dell’ultima ecografia ospedaliera obbligatoria, mancavano due mesi esatti e avremmo conosciuto il nostro frugolino. Ha inizio il controllo ecografico e io e mio marito siamo emozionati, aspettiamo che il medico ci dica come sta procedendo la gravidanza e se tutto va bene. Dopo pochi minuti il medico ci fa vedere un’immagine e ci dice: “Vedete… è una femminuccia”. Abbiamo desiderato da sempre una bimba, anche se il nostro motto è sempre stato “l’importante è che stia bene poi maschio o femmina non importa!”.
Una gioia immensa che da li a qualche minuto si sarebbe trasformata in un dolore indescrivibile. Il medico continua il controllo ma è sempre fermo in un punto ben preciso e discute con un collega, parlano di ventricoli. Io comincio ad agitarmi e chiedo se ci sono problemi al cuore della bimba, la risposta arriva come una pugnalata: ”No il cuore è perfetto, vedo una macchia a livello dei ventricoli cerebrali…”.
Non riuscivo a credere a quelle parole. Il medico propone un controllo a distanza di quindici giorni per vedere l’evolversi della situazione e decidere poi a chi rivolgersi perché la sua diagnosi era idrocefalia grave. Quindici giorni. Un tempo interminabile, credevo di impazzire! Non potevo aspettare.
Due giorni dopo eravamo all’ospedale Gaslini di Genova, dove uno staff di medici fantastici si è preso a cuore la nostra situazione. Dopo esami accurati è stata smentita la diagnosi fatta all’ospedale di Casale, un problema era presente, ma non riuscivano a capire di cosa si trattasse. Dopo un’altra serie di esami senza risposte precise, la dottoressa pianifica le varie tappe di fine gravidanza: il parto dovrà essere con taglio cesareo perché la testa della piccola non dovrà essere sollecitata per nessuna ragione e sala operatoria già pronta per ogni eventuale intervento in urgenza.
Come ultima cosa ha aggiunto che se non mi sentivo di portare a termine la gravidanza per tutta una serie di motivi avrei avuto la possibilità di varcare il confine e in Francia avrei potuto abortire. Potevo pensarci e poi comunicare la mia decisione, ma io non avevo niente a cui pensare perché io sapevo già cosa volevo: la mia bambina! Avevamo già fatto tante cose insieme io e la mia piccolina, avevamo scelto la culla, il corredino ma avevamo ancora tante cose da fare e la più importante era guardarci negli occhi. Sapevo che il buon Dio e l’amore delle persone a noi vicine mi, anzi, ci avrebbero dato la forza di superare tutte le difficoltà.
Ed ecco il 12 marzo la nostra principessa viene alla luce, viene sottoposta da subito a mille controlli che durano diversi giorni e che si concludono con il lieto fine: la piccola è sanissima! I medici sono stati deviati da una forma diversa di una parte del cervello che tutti abbiamo di forma tonda mentre quella della mia piccolina è fatta a goccia! In questi anni sono state tante le volte che mi fermavo e, non lo nego, mi fermo ancora a guardare mia figlia e penso a cosa avrei perso se solo avessi varcato quel confine: una creatura meravigliosa!”.
Questa testimonianza mette in luce come l’atteggiamento eugenetico verso la vita fragile e gravata da malformazione sia, benché non legalmente riconosciuto, un fatto in rapida evoluzione.
Testimoniano le statistiche: il tasso di aborto volontario genetico dopo le 12 settimane, cioè dopo il terzo mese (scadenza per l’interruzione di gravidanza secondo la legge 194) è passato dallo 0,5% del 1981 al 4,2% nel 2013. Ma a fronte di questa infausta tendenza si registra proprio dagli anni ’80 uno sviluppo eccezionale della medicina fetale, cioè la possibilità di curare il bambino in utero anche in caso di gravi patologie. Una sinergia tra ginecologi, neonatologi, neurochirughi infantili, pediatri, ha diffuso la convinzione che il feto è un paziente a tutti gli effetti.
“Con una valutazione etica e scientifica del rischio-beneficio si è intrapresa la terapia fetale”. Questo attesta il Prof. Giuseppe Noia, autore di “Le terapie fetali invasive” SEV, Roma, 1998 e “Terapie fetali”, Poletto Ed., Vermezzo (Mi), 2009. “I risultati ottenuti nel Centro di Diagnosi e terapia fetale del Gemelli con la terapia integrata, dimostrano che anche in gravi patologie ci sono possibilità di intervento”.
Inoltre l’accompagnamento anche con le cure palliative fetali è stato positivo al fine di limitare i danni fisici e psicologici del concepito della famiglia nel più totale rispetto della vita umana. Quando la medicina e la chirurgia si mettono a servizio della vita nascente sia pur essa “life-limited” l’eugenetica è sconfitta. Dice ancora il prof. Noia: “Nei 25 anni di accompagnamento alla vita debole nel nostro Centro, abbiamo individuato 432 casi di condizioni life-limited, dal 1990 al 2015, verificando l’accettazione a proseguire la gravidanza nel 94% dei casi”.
Se confrontiamo le percentuali di prosecuzione della gravidanza, nella letteratura internazionale le percentuali di continuazione della maternità variavano dal 37% all’87%. Quindi l’Hospice perinatale ha un impatto culturale significativo a favore del rispetto più totale della preziosità della vita, poiché agisce sulla malattia cercando di curarla e almeno di limitare i danni, e di lenire il dolore testimoniando il valore di ogni vita umana.
Questo e molto altro sentiremo nei due interventi del Prof. Noia nelle relazioni di venerdì 23 e sabato 24 settembre, nel Convegno preparato dal Movimento per la Vita di Casale.
Ma molti altri interventi di argomento psicopatologico, medico e giuridico riguardo al diritto-dovere di consenso informato che riteniamo siano largamente disattesi.
Margherita Borsalino Garrone,
presidente Movimento per la Vita di Casale Monferrato