La bella addormentata è lesbica, allontanate i bambini
Non ci si salva più neanche in vacanza. A Bardonecchia famiglie e bambini sono state invitate ad assistere allo spettacolo: La bella Rosaspina addormentata, presentata come una versione moderna della storia della bella addormentata. Unica variazione: il principe è una principessa e il bacio è tra due donne.
Non ci si salva più neanche in vacanza. A Bardonecchia, popolare meta di montagna dei torinesi, le famiglie sono state invitate – nel programma ufficiale delle manifestazioni turistiche, e sulla stampa locale – ad assistere a uno spettacolo «consigliato a tutti, grandi e piccini»: La bella Rosaspina addormentata, presentata come una versione moderna della storia della bella addormentata, «pensata per i bambini e le famiglie» dalla premiatissima regista siciliana Emma Dante. Unica difficoltà per i bambini, avvertono i programmi, l’uso di un po’ di dialetto siciliano.
Una serata di sano divertimento per le famiglie? Se ne potrebbe dubitare. I programmi omettono di spiegare preventivamente che «La bella Rosaspina addormentata» è una versione omosessuale della nota favola. Il principe azzurro che risveglia con il suo bacio la principessa addormentata è in realtà una principessa, anche se lo si scopre solo alla fine. Il bacio è un bacio fra due donne. «I bambini», commenta il quotidiano torinese La Stampa in quello che è peraltro un pezzo elogiativo e perfino propagandistico sullo spettacolo, «fanno commenti un po’ schifati sul fatto che per risvegliarla le dia un bacio sulla bocca». Bravi bambini. Ma la regista ci assicura che l’essenziale della storia sta nel far risvegliare la bella addormentata nel mondo contemporaneo – dove ci sono tante belle novità ignote ai suoi tempi, fra cui il «matrimonio gay» e che il fatto che il suo rapporto con il principe, anzi la principessa, sia un amore lesbico «non è la parte più importante della storia». Semmai, si vuole insegnare ai bambini una lezione sull’identità: «tutti i personaggi hanno la testa coperta da una calza che ne cela il volto impendendo al pubblico di capire se a interpretarlo sia un uomo o una donna». È difficile immaginare un modo più evidente di fare propaganda all’ideologia di genere, per cui l’identità maschile o femminile non è data, ma continuamente rappresentata, costruita, decostruita, messa in scena.
Quando afferma che l’aspetto omosessuale «non è importante» la regista gioca un po’ con la realtà. I lettori più attenti della Nuova Bussola quotidiana ricorderanno già un cenno a «La bella Rosaspina addormentata» quando fu presentata al festival dell’educazione di genere mediante il teatro Gender Bender organizzato nel 2013 a Bologna, insieme ad altre opere «arcobaleno» e di propaganda Lgbt (leggi qui). E lì la regista non sosteneva che l’elemento omosessuale non fosse importante… Sono certo che la regista Dante, ove leggesse questo articolo, griderebbe all’omofobia, magari citando a sproposito – un certo tipo di agit prop culturale lo fa sempre – Papa Francesco e il suo «chi sono io per giudicare» le persone omosessuali. Si rassicuri: penso anch’io come il Papa che le persone omosessuali vadano accolte, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, con «rispetto, compassione, delicatezza», evitando di giudicarle in quanto persone. Penso anche che l’ideologia omosessualista e la negazione del carattere naturale della differenza fra l’uomo e la donna non vada trasmessa ai bambini sotto mentite spoglie tramite la scuola, gli spettacoli, il teatro.
Se le piace Papa Francesco, la regista potrebbe meditare sulla sua affermazione dell’11 aprile 2014 relativa al diritto dei bambini a «maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità», quelle «di un padre e di una madre», seguita dalla denuncia degli «orrori della manipolazione educativa» e dalla citazione della frase del cardinale Angelo Bagnasco, riferita proprio all’educazione al gender nelle scuole, secondo cui qualche volta oggi non si capisce se «si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione». Se il campo di rieducazione per bambini in vacanza si riferisce alla favola della bella addormentata, protesto anche come studioso di scienze sociali, convinto che le favole siano molto più importanti di quanto si creda. Nessuno vuole negare la libertà di espressione artistica, ma si tratta di grandi archetipi della nostra cultura, che andrebbero maneggiati con delicatezza e mai stravolti.
Chiunque abbia studiato la storia della bella addormentata, sa che nasce dalla secolare penetrazione nell’immaginario popolare di una favola più antica e classica, quella di Amore e Psiche. La bella Psiche è sottoposta a diverse prove da Venere, madre gelosa del suo amato Amore, una delle quali consiste nel rubare e racchiudere in uno scrigno la bellezza della regina degli Inferi, Proserpina. Psiche ci riesce, ma è ammonita a non guardare nello scrigno. Lo fa e cade in un sonno perpetuo, da cui potrà risvegliarla con un bacio soltanto Amore, che per riuscirci dovrà a sua volta sottoporsi a varie prove. Psiche è il prototipo della bella addormentata e Amore del principe. Entrambi si sottopongono a un percorso iniziatico, senza il quale quel bacio non sarebbe efficace. È un percorso in cui scoprono l’amore, la conoscenza e il nesso necessario fra amore e conoscenza. Questo percorso, in cui diventano se stessi, non è uguale per Psiche e per Amore. Quella di Psiche è un’iniziazione femminile, quella di Amore un’iniziazione maschile.
Lo stesso avviene per la versione che matura nel Medioevo ed è trascritta in epoca moderna, la bella addormentata. Il nome stesso della principessa, Rosaspina, Briar Rose nella versione inglese, evoca una femminilità «selvatica» che sboccia precisamente nell’incontro con il principio maschile. E nella storia c’è una parte che Walt Disney, nel bellissimo cartone animato del 1959, ha pensato bene di lasciare fuori perché poco adatta ai più piccoli. Dopo nove mesi da quel bacio nascono due bambini, Aurora (che per Disney diventa il nome della bella addormentata, mentre nella favola è il nome di sua figlia) e Giorno. La madre del principe, che è un’orca cattivissima, cerca di ucciderli e pensa anche di esserci riuscita, ma s’inganna e alla fine muore. Nei nomi dei due bambini e nella storia dell’orca c’è un significato astronomico e insieme esistenziale: la notte, cioè l’orca, pensa sempre di avere sconfitto il giorno, ma a ogni aurora questo sempre rinasce. Ma questa vittoria sulla morte si dà, nella favola, in una famiglia dove l’unione (il bacio) di un uomo (il principe) e di una donna (Rosaspina) produce dei bambini destinati a sopravvivere ai genitori, quindi a vincere il tempo come il giorno vince la notte (l’orca).
È sempre utile guardare le tante splendide versioni della storia di Briar Rose prodotte dal pittore preraffaellita Sir Edward Burne-Jones, che della bella addormentata fece la passione di tutta una carriera artistica, per capire a fondo il simbolismo della storia. Una favola che significa, più o meno, l’esatto contrario della negazione omosessualista e gender della complementarità necessaria fra l’uomo e la donna.